Russia: cosa succede all’economia dopo le sanzioni
In Russia, il rublo è in caduta libera e i tassi d'interesse raddoppiano. Cosa succederà all'economia europea dopo le sanzioni?
In Russia, il rublo è in caduta libera e i tassi d’interesse raddoppiano. Cosa succederà all’economia europea dopo le sanzioni?
Un contraccolpo che ha del clamoroso. La guerra sul campo purtroppo sembra procedere in modo inarrestabile, senza che né gli USA né l’Unione Europea possa fare nulla per la situazione in Russia. Diversa, invece, è la faccenda dal punto di vista economico. Bruxelles ha già avviato le sanzioni, che saranno in grado di mettere in serissima difficoltà sia gli oligarchi tanto cari a Putin, sia bloccando le transazioni internazionali e isolando economicamente l’intera nazione.
Il pacchetto di sanzioni economiche varato dalla UE a tempo di record (e già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione e quindi in vigore) è durissimo. Si tratta di misure singolarmente efficaci, ma la cui potenza si decuplica in combinazione tra di loro. E i primi effetti si stanno già manifestando in queste ore. Se la Banca Centrale Russa ha praticamente congelato tutte le riserve fuori dai confini russi, in pratica la metà, vuol dire che le mosse finanziarie del Paese di Putin sono limitate.
La Russia non potrà più immettere liquidità nel sistema economico per sostenere la valuta locale, il rublo. Ieri, la moneta, all’apertura dei mercati, è crollata del 30% ai minimi storici sfondando abbondantemente il tetto psicologico dei 100 rubli per ogni dollaro. Venerdì scorso per avere un dollaro ci volevano 83 rubli (a inizio anno 75), in giornata oggi per un dollaro servivano 106,5 rubli. Nel corso della seduta si è arrivati anche a un cambio a 117,5 rubli per un dollaro. La Banca centrale russa, in seguito al blocco delle sue riserve all’estero, non è potuta intervenire sui mercati. Giovedì e venerdì, invece, ci era riuscita, vendendo oltre un miliardo di rubli.
Una crisi che effettivamente porterà la nazione stessa a dover raddoppiare i tassi d’interesse.
I tassi d’interesse
L’unica mossa che ha potuto fare nel breve la Banca centrale è stata quella di aumentare i tassi di interesse di ben 10,5 punti percentuali. In questo modo, sono arrivati alla bellezza del 20%. Per i cittadini russi (alle prese magari con il pagamento di un mutuo o di un prestito) potrebbe diventare una mazzata tremenda.
“È stato necessario.” ha detto la governatrice della banca centrale russa, Elvira Nabiullina, in un discorso in cui ha ammesso che le condizioni dell’economia russa sono “cambiate drammaticamente“. Per cercare di rassicurare i cittadini russi che hanno iniziato a fare lunghissime file davanti agli sportelli bancomat, Nabiullina ha garantito che le banche commerciali non aumenteranno i costi di rimborso di eventuali prestiti. Naturalmente, ciò è coadiuvato dall’aumento dei tassi d’interesse.
Per i nuovi prestiti ovviamente è tutta un’altra storia. E in questo caso gioca un ruolo fondamentale l’esclusione da Swift, il sistema di messaggistica per le transazioni mondiali. Ad oggi fanno parte di Swift oltre 200 Stati e circa 11 mila tra istituzioni bancarie e imprese da tutto il mondo. La Russia è il sesto paese al mondo per numero di transazioni tramite la piattaforma Swift.
Le conseguenze della Russia per Swift
Quest’esclusione può portare gli istituti a non poter più gestire le transazioni all’estero e fuori dai propri confini, salvo che con la Cina e i Paesi che utilizzano altri sistemi. In questo caso, si avrebbe un effettivo isolamento economico della Russia. Sempre per cercare di mantenere la calma tra i cittadini, la Banca centrale russa ha dichiarato di aver sviluppato un sistema autonomo per ovviare al problema, il SPFS.
Il problema è che si tratta di un sistema naturalmente non testato e con una gestione decisamente più limitata. Un grosso guaio soprattutto per ciò che riguarda le finanze di un Paese che rischia seriamente il tracollo. Questo perché la Borsa di Mosca è rimasta chiusa alle contrattazioni e i titoli russi all’estero stanno sprofondando. Sberbank, la più grande banca russa colpita dalle sanzioni, è sprofondata del 68%.
I colossi Gazprom, Lukoil e Rosneft rispettivamente del 37%, 53,7% e 29,7%. Un disastro vero e proprio, che porta la Russia a considerare anche qualcosa di clamoroso nei territori che più gli competono. Stiamo parlando proprio del gas.
Stop al gas
Nulla si può escludere, nemmeno che Putin decida di tranciare i collegamenti Gazprom con tutta Europa. A quel punto, sarebbero guai seri, in quanto la Russia soddisfa il fabbisogno di gas di tantissimi Paesi. L’Italia soddisfa il 45% del suo fabbisogno nazionale con il gas russo: compensare questa quota è molto difficile. Il Governo sta esaminando tutte le eventuali strade alternative, ma quelle a breve sono poche.
Non a caso il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si è recato di corsa nella mattinata di oggi (lunedì) ad Algeri insieme con l’ad di Eni, Descalzi. L’Algeria infatti potrebbe aumentare le sue forniture verso l’Italia. Una carta importante che l’Europa si potrebbe giocare è proprio quella degli oligarchi russi. Questi ultimi potrebbero fare pressa su Putin, in modo tale da riprendere il loro capitale attualmente congelato in Europa (stimato attorno ai 350 miliardi di €) e poterlo far fruttare.
Una strada che ancora non si riesce, però, ad individuare.
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