11 Novembre 2021 - 10:33

Silvia Smaniotto: “Ragazzi, non abbiate paura delle emozioni”

Silvia Smaniotto

Silvia Smaniotto, tra le new entry della sesta stagione de Il Collegio, insegna Educazione Musicale: “I miei Anni 70 tra Queen e Mina”

E’ un aneddoto che racconto sempre ai miei allievi quando ricevono un No: feci i provini di X Factor l’anno in cui vinse Michele Bravi ma non superai neppure le pre-selezioni. Cinque anni dopo ci lavoravo dentro. Non sai mai cosa la vita possa riservarti”. E la sensazione è che Silvia Smaniotto non si aspettasse neppure di essere catapultata nel 1977, nei panni di docente di Educazione Musicale della sesta edizione de Il Collegio in onda su Raidue dallo scorso 26 Ottobre: “L’agenzia che mi rappresenta per la tv, mi propose di fare un provino e nell’arco di un pomeriggio sono stata confermata nel ruolo. Sono felice di come gli argomenti che insegno riescano a interessare i collegiali. Gli altri docenti? Non ci sono “prime donne”, tutti lavoriamo per un obiettivo comune: fare una trasmissione più bella possibile”.

Il Collegio” rappresenta il suo battesimo televisivo. Ci racconti un po’ di lei: chi è Silvia Smaniotto? Com’è nata la sua passione per la musica e quale percorso l’ha portata a farne un  mestiere?

Mi definisco una cantante, corista e vocal coach. Tutte e tre le sfaccettature del mio lavoro mi stanno a cuore in egual misura e non potrei scegliere quale mettere al primo posto, mi completano e mi rendono felice.

Sono stata una bambina che ha avuto la fortuna di crescere immersa nella musica fin dai primi mesi di vita,  mio zio è un noto musicista del territorio e i miei genitori portavano me e mio fratello (anche lui batterista di professione), a sentire i suoi live quasi ogni sera d’estate. Ad ogni riunione di famiglia, la musica era sempre presente, c’era sempre una chitarra e qualcuno pronto ad intonare un canto popolare a più voci, da lì nasce, in particolar modo, la mia passione per le armonizzazioni che mi ha portato a calcare i palchi più importanti d’Italia come corista di artisti come Elisa ed Ultimo.

E al Collegio come ci è arrivata? Com’è stato l’impatto con la popolarità televisiva? Si è rivista in tv?

L’agenzia che mi rappresenta per la TV, mi ha proposto di fare un provino e nell’arco di un pomeriggio ero confermata come professoressa di Educazione musicale. In passato ho avuto dei momenti di “popolarità” legati alle mie precedenti esperienze lavorative ed artistiche, ma è indubbio il fatto che la TV sia un amplificatore esponenziale. Finora ho ricevuto solo messaggi di apprezzamento ed incoraggiamento e sono molto contenta di come sia stato accolto il mio personaggio. Ogni volta che mi vedo provo un po’ di vergogna, diciamo che non sono abituata ad essere così esposta, ecco! Però sono contenta anche di come riescano a passare i contenuti che insegno ai collegiali.

La sesta edizione de “Il Collegio” è ambientata nel 1977. Quali sono le sue cinque canzoni imprescindibili di quegli anni e perché?

Più che le canzoni, riterrei importante spostare il focus sugli artisti e sui generi musicali che nascono in quegli anni. Quindi citerei i Pink Floyd, per aver dato il via al rock psichedelico e per essere stati dei veri innovatori dal punto di vista tecnologico (basti pensare al campione dell’intro di “Money” in cui Nick Mason, il batterista, utilizza un macchinario per giardinaggio che serviva a dividere i semi per ricreare il suono delle monete che entrano nella cassa), Lucio Battisti, che assieme ai testi di Mogol, ha creato delle melodie immortali che ancora oggi parlano agli uomini e alle donne di tutte le età. Una delle mie canzoni preferite in assoluto è “La collina dei Ciliegi”

E ancora Gli ABBA, per aver creato i ritornelli più orecchiabili della storia del pop ed aver ispirato milioni di artisti che li hanno succeduti, i Queen, per la genialità delle loro opere, per aver osato ed essere andati oltre a qualsiasi barriera di genere musicale, trasgressione e per aver avuto il più grande leader della storia della musica. Infine Mina, per aver aperto più strade di qualsiasi altra donna dell’epoca. Che fosse in TV o per radio, ogni volta che appariva lei, il pubblico rimaneva in estasi. La maggior parte delle cantanti donne italiane si sono formate sulla sua voce, me  compresa.

Lei è una delle new entry di questa edizione de Il Collegio:  è stato difficile trovare il proprio spazio in un corpo docenti già rodato? Ha aneddoti in questo senso legati alla lavorazione delle puntate?

Una delle cose più belle che mi porto di questa esperienza è proprio il rapporto con tutto il corpo docenti. Da chi mi ha aspettata la prima sera per bere un caffè e conoscermi, a chi mi coinvolgeva in un gioco di società o mi insegnava a giocare a carte, a chi mi consigliava e mi tranquillizzava. Non ci sono “prime donne”, siamo tutti lì per un obiettivo comune e cioè quello di fare un Collegio il più bello possibile.

Nel piano di studi dei Collegiali, quest’anno c’è anche spazio per nuove materie (Storia del Cinema ed Educazione Sessuale tra le altre). Alla luce della sua esperienza da studentessa, c’è una materia – anche inventata – che le sarebbe piaciuto studiare?

Sicuramente educazione all’affettività. E’ pieno zeppo il mondo di ragazzini spaventati dalle loro emozioni, totalmente inconsapevoli e non in grado di saperle gestire. Basterebbe davvero poco per insegnare loro a comunicarle, e quindi, essere in grado poi di esprimersi in maniera efficace e arrivare all’altro in modo autentico senza sovrastrutture dettate dalla paura.

Silvia Smaniotto: “L’X Factor è una calamita”

Prima dell’approdo in video, lei è stata coach di X Factor. E allora le chiedo: cos’è per lei l’X Factor? Quando ascolta un aspirante cantante cos’è che le fa scommettere sul fatto che quel talento avrà una lunga storia musicale?

L’X Factor è, a mio parere, qualcosa che non si studia ma che sorprende, è una calamita che ti cattura. E’ quella cosa alla quale non puoi dare un nome ma sai benissimo che esiste e ti arriva. Credo dipenda molto anche dall’esigenza comunicativa dell’artista: più è forte il perché, più il messaggio arriva direttamente e senza filtri.

I talent sono di per sè un meccanismo ad imbuto: non sempre vincere è sinonimo di successo. Nella sua esperienza, chi è il talento più sottovalutato di un talent show? E qual è il segreto per durare nel tempo? Non saprei fare nomi così, su due piedi, ma sicuramente il segreto per durare nel tempo è sapersi comportare. Più del talento, più dello studio, più della “faccia”. Mantenere i contatti, avere rispetto delle persone, lavorare sodo e con umiltà sono gli ingredienti principali di un successo duraturo.

E l’edizione di X Factor  attualmente in onda, con la conduzione nuova di zecca di Ludovico Tersigni, la sta seguendo? Ha già puntato sul suo vincitore?

Sono sincera, sono in un momento di grande ripresa lavorativa e non ho avuto modo di rimanere aggiornata ma mi metterò in pari presto.

All’indomani della presentazione dei roster, X Factor è stato al centro di alcune polemiche per la presenza irrisoria di artiste donne. La musica italiana è sessista?

La musica in generale lo è. Il country è un genere con una percentuale bassissima di donne da sempre ed è lo stile che si può definire più “americano” in assoluto, non è un problema solo italiano. Quante produzioni artistiche sono in mano alle donne? Quanti management? Quante direttrici d’orchestra vediamo sul palco di Sanremo? Siamo sempre al di sotto del 20% ma sono molto ottimista, l’inversione di tendenza è dietro l’angolo.

 Lei un talent da concorrente lo farebbe mai?

Ci ho provato! Ho fatto i provini per X Factor l’anno in cui vinse Michele Bravi, non ho passato nemmeno le pre-selezioni, 5 anni dopo ci lavoravo dentro. E’ un aneddoto che racconto sempre ai miei allievi quando ricevono un “no”, non sappiamo mai cosa ha in serbo per noi la vita.

Silvia Smaniotto, prima de Il Collegio è stata corista di Ultimo

Nella sua carriera è stata corista di Ultimo, che io ho definito l’ultimo cantante pop della musica italiana contemporanea. Quali sono secondo lei le motivazioni del suo straordinario successo?

Esattamente  l’essere uno dei pochi artisti della nuova generazione a cantare e suonare “come una volta”. Al di là dei giovanissimi, è riuscito anche a coinvolgere la fetta di pubblico lasciata dai Modà,  che aveva la necessità di ascoltare qualcosa in cui immedesimarsi che non fosse la modalità “in corsivo” della trap e affini.

Ha ascoltato l’ultimo album di Niccolò? Quali sono le sue canzoni preferite di “Solo”?

Certamente, l’ho ascoltato qualche minuto dopo la mezzanotte, appena è uscito. Direi “Solo” per la melodia, “Isolamento” e “Quei ragazzi” per il groove e la metrica.