4 Ottobre 2016 - 17:19

Stefano Cucchi, il ragazzo che morì più volte

caso cucchi

La vicenda di Stefano Cucchi ritorna fra i banchi dei Tribunali. Secondo i periti nominati dal Gip di Roma la causa della morte è stata un’improvvisa crisi epilettica. Ricomincia, tristemente, la storia per far morire ancora una volta il ragazzo

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Quando una persona viene a mancare, il suo ricordo rimane vivo nelle menti di chi gli è stato accanto attraverso i racconti di quanti ne hanno conosciuto la “grandezza”.

Stefano Cucchi

Stefano Cucchi

Vi sono casi, però, in cui non solo la morte è stata “brutalmente causata” ma si cerca, in tutti i modi, di mettere in cattiva luce la vittima per farsi scudo degli errori commessi.

Fra queste, ahimè, frequenti situazioni se ne affianca una che, andando avanti negli anni, sta rendendo sempre più visibile quanto la differenza nei “ruoli” ricoperti nella società determini le colpevolezza, o meno, di un atto identificabile, a tutti gli effetti, come omicidio.

Il caso in questione è quello di Stefano Cucchi, geometra romano morto in circostanze misteriose la notte del 22 ottobre 2009 durante la custodia cautelare presso il carcere di Regina Coeli.

Le indagini, ed i conseguenti processi, hanno reso maggiormente chiara la situazione (dopo le denunce della stessa famiglia Cucchi a seguito anche della visione del corpo del povero Stefano) ed accertato, in maniera più o meno chiara, la colpevolezza tanto degli agenti di polizia penitenziaria quanto di medici ed infermieri che visitarono in ragazzo.

In pratica, un “omicidio” in grande stile con tanto di “tana libera tutti” per evitare ogni tipo di responsabilità.

Nella nuova indagine sul caso, che coinvolge Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro, Francesco Tedesco per lesioni personali aggravate e abuso d’autorità, e Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini per falsa testimonianza, dopo i tanti colpi di scena durante il primo filone d’inchiesta è risorto il modus operandi, con tanto di tentativo disperato, per salvare tutti coloro che realmente, e negativamente, si sono resi protagonisti in questa storia.

Secondo i periti incaricati dal Gip di Roma, l’ipotesi più accreditata per la morte di Stefano Cucchi sarebbe quella di un “inaspettato attacco di epilessia”.

Facendo leva sulla malattia di cui soffriva il ragazzo, in pratica, per i periti la causa della tragedia sarebbe del tutto naturale e casuale.

In questo caso, quindi, la domanda che sorge spontanea è: se la morte di Stefano Cucchi è stata casuale, come mai il ragazzo si trovava in una condizione pessima durante quei giorni (ecchimosi alle gambe, al viso, all’addome e al torace,incluse due fratture alla colonna vertebrale)?

E ancora: chi si è reso responsabile di quelle percosse? E chi non si è preso la responsabilità di curare, evitando il peggio, il ragazzo?

Ancora una volta, come spesso accaduto in questioni simili, si fa di tutto non solo per evitare di ammettere l’errore (e che errore) ma anche per rendere praticamente immuni da qualsiasi tipo di “pena” gli artefici del fatto.

Giocando, come avviene ormai dal lontano 2009, sull’accaduto si è riusciti solamente a far emergere due tristi verità: la prima è che coloro che hanno preso parte all’uccisione, con questi continui tentativi disperati, mostrano sempre più la loro colpevolezza (aspettando anche una conferma dall’autorità giudiziaria); la seconda è che, nonostante la chiarezza negli eventi, si cerca sempre di più di colpevolizzare colui che ha subito il “danno” in nome di una giustizia fatta di “convenienze” o per “pochi intimi”.

Il processo, in ogni caso, potrà smentire la questione e porre fine ad un “martirio” lungo ormai sette anni.

Sette anni in cui si è narrata, spesso attraverso “costruzioni artificiose”, la storia di un ragazzo, Stefano Cucchi, che non è morto quella notte di fine ottobre ma muore ogniqualvolta la “giustizia” tende a “dribblare” la realtà.

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