2 Settembre 2020 - 07:14

Taylor Swift, un racconto che diventa Folklore

Taylor Swift

 

Nel suo nuovo album Taylor Swift prende in mano carta e penna per dare vita a una serie di narrazioni musicali, dando loro l’aspetto di miti e leggende. Racconti popolari da tramandare di generazione in generazione, che col passare del tempo diventano Folklore .

Mancavano pochi giorni alla fine di Luglio quando Taylor Swift decise di rilasciare a sorpresa “Folklore”. A quasi un mese di distanza, l’artista lo ha ripubblicato di nuovo in capitoli tematici. Sono usciti i primi tre: the sleepless nights, the saltbox house chapter e the escapism chapter, contenente la bonus track “The Lakes”. Quest’ultima traccia conclude il percorso narrativo già iniziato all’uscita dell’album.

Mentre tutto il mondo tentava di affrontare al meglio delle sue forze il periodo di isolamento, la Swift aveva scritto e registrato segretamente al suo ottavo album in studio, prodotto insieme ad Aaron Dessner dei The Nationals. Il risultato è un album che si discosta totalmente da tutto ciò che l’ex reginetta del pop aveva fatto fino ad ora.

Nel 2006, Taylor Swift era una sedicenne che bussava alle porte delle case discografiche di Nashville, sognando di pubblicare il suo primo disco. Immediatamente diventa una delle giovani promesse nella scena country reinventando e rendendo globalmente amato un genere nato negli USA e prettamente collegato alla cultura americana. Nel giro di pochi anni decide di uscire dalla dimensione musicale degli esordi per trasformarsi in una delle pop star più famose al mondo.

Tra faide, accuse, odio ricevuto sui sociale e critiche dai media, il successo planetario le regala un’immagine troppo perfetta e patinata che diventa ben presto la sua gabbia dorata. In Folklore non vi è nulla di tutto questo. Abbandona il drama e suoni radiofonici e pop, in favore di un suono minimalista e rarefatto e una scrittura più matura e riflessiva.

Un racconto che diventa folklore

Taylor Swift ha rivelato di aver scritto i nuovi brani durante la quarantena. La forzata solitudine ha permesso alla fantasia della cantautrice americana di vagare lontano, tra epoche e luoghi lontani, immaginando personaggi, creando volti ben precisi a cui ha affidato dei nomi, un passato e una storia da raccontare.

Prima ancora di essere una cantante, Taylor Swift si è sempre considerata prima di tutto una cantautrice. Ogni canzone è strutturata come se si trattasse di un racconto dove dettagli evocativi e ricordi personali vengono condensati in una cadenza melodica. Idee  nate nel cuore della notte che trovano forma in un songwriting narrativo e ricco di particolari descrittivi. Questa volta però, la Taylor di Folklore lascia da parte la forma estremamente diaristica e musicale allo stesso tempo, per prendere carta e penna per dare vita a una serie di narrazioni, dando loro l’aspetti di miti e leggende. Racconti popolari da tramandare di generazione in generazione.

Le canzoni nascono da immagini precise. Una vecchio cardigan riesumato dopo tanti anni che porta con se i segni di un amore concluso, le luci di una palla da discoteca come riflesso della vulnerabilità. Una vecchia altalena che dondola ai raggi del tramonto a raffigurazione di un’infanzia innocente e monetine lanciate nella piscina a simboleggiare  i ruggenti vent’anni.

In Folklore, l’artista utilizza queste metafore e ci costruisce sopra dei personaggi di sua immaginazione. La Swift ha confermato l’esistenza di un “Teenage Love Triangle” nascosto in alcune canzoni dell’album-“Cardigan”, “august” e “betty”. Si racconta di un amore adolescenziale fatto di nostalgia, ricordi, dolore e perdita; ripercorrendo quel periodo di emozioni caotiche e viscerali in cui si tende a vivere tutto in maniera più vivida, nonostante “quando si è giovani tutti presumono che tu non sappia nulla”.

Incontriamo Betty e James, un’adolescente che già sapeva tutto per la sua età e un diciassettenne che per la prima volta capisce di aver sbagliato che su un un portico di una casa impara a chiedere scusa. Quella storia d’amore, vista con i loro occhi da adulti e vissuta da ragazzini, che li ha marchiati per sempre; portandosi dietro una serie di rimpianti e immagini scolpite nella memoria. Immagini di due ragazzi che passeggiano sulla High Line di New York e che ballano ubriachi sotto i lampioni. Un legame paragonato a un vecchio cardigan caldo e accogliente che non viene più indossato perché attratti dall’eccitazione del nuovo. L’album si arricchisce di particolari e non manca nemmeno il punto di vista della Ragazza d’Agosto che in quel mese “scivolato come una bottiglia di vino”, viveva nella speranza di tutto.

C’è la storia di “The last great american dinasty” dove, sullo sfondo di un’America anni 30′ che ricorda vagamente quella del “Grande Gatsby”; Taylor Swift racconta lo spirito ribelle Rebekah Harkness, la ricca socialite che scandalizzò la stampa con le sue feste eccentriche e sfrenate e comportamenti che fecero scalpore. La donna che ha rovinato l’ultima grande dinastia americana riempendo la sua piscina di spumante e sperperando soldi mentre giocava a carte con Salvador Dalì.

Lo scenario di questa storia è la “Holiday House” a Rhode Island divenuta l’attuale casa della Swift. In questo periodo di quarantena, sembra che la cantante abbia  approfittato del tempo a disposizione per fare ricerche sul passato della sua vecchia proprietaria, divenuta poi l’ispirazione della canzone. Una di queste vite vissute all’estremo, che hanno fatto scandalo e segnato un’epoca, di cui all’improvviso si perdono le tracce, in attesa che qualcuno le scopra e le faccia conoscere al mondo un’altra volta.

Vi è il racconto di un derelitto; un esiliato costretto ad abbandonare la sua terra. Un uomo e una donna che hanno sempre camminato su un margine fragile, una relazione conclusa da cui dovevano evadere, individuandone i punti deboli, gli sbagli commessi e i segnali mancati o non capiti. Si tratta della quarta traccia, Exile. Quella su cui molto probabilmente, vi era maggiore curiosità, visto ilùù duetto con Justin Vernon dei Bon Iver.

Seven riesuma le memorie di un’infanzia spensierata. Lo sguardo maturo che ricorda due bambini che si promettono amicizia eterna mentre dondolano su altalena e si rincorrono tra le erbacce. Progettano di scappare insieme, sognando di trasferirsi in India o di diventare pirati, visto che il mondo degli adulti sembra troppo strano e lontano ai loro occhi. La malinconica protagonista di “The 1” ripensa a una vecchia storia d’amore di quando aveva vent’anni dove lanciavano monetine in una piscina sperando che tutti i loro desideri diventassero realtà, ignari del futuro.

Nel corso delle poche interviste rilasciate all’uscita dell’album, la Swift ha dichiarato che la maggior ispirazione per le sue canzoni, sono stati a lettura dei libri e la visione di diversi film, sopratutto fantasy. Non ha fatto nessun titolo preciso, eppure molte tracce devono molto ai temi e alle atmosfere cupe e dei romanzi appartenenti al romanticismo inglese, soprattutto quello bronteniano. Dice Rob Sheffield  “E’ come se Taylor Swift avesse appena finito di preparare  un caffè, si fosse seduta al piano per lasciare  vagare la mente in alcuni luoghi bui. Puoi immaginare la candela sul suo piano tremolare mentre la cera si scioglie sulla copia di un vecchio libro impolverato mentre finisce un’altra canzone”.

Di questa atmosfera ne risentono soprattutto la “mad woman”, una vedova considerata pazza, derisa perché troppo emotiva o arrabbiata che riesce a ottenere la sua vendetta su quella città che l’ha cacciata. Con questa lenta ballata la cantautrice, paradossalmente, urla il suo grido femminista in maniera ancora più forte di quanto aveva fatto in “The Man”. E il racconto dell’aguzzino di “my tears ricochet, che sembra uscito direttamente dalle pagine di Cime Tempestose. Un uomo crudele e afflitto che si presenta al funerale dell’oggetto della sua ossessione, il cui fantasma lo tormenterà per sempre.

Così come non manca il toccante tributo all’attuale disastrata realtà. L’ispirazione per la tredicesima traccia arriva direttamente da suo nonno Dean, atterrato a Guadalcanal nel 1942. Ephifany intreccia le storie dei soldati caduti nella Seconda Guerra mondiale a quelle degli assistenti sanitari costretti questa volta a combattere un nemico diverso. Le visioni di navi da guerra che affondano nell’oceano si intersecano a quelle dei pazienti che lottano per respirare. Ma nella desolazione, si intravede un tono di speranza. Alla fine dei versi vi pè il sogno di un’epifania; l’inizio di una nuova alba per l’umanità.

In mirrorball , le luci di una palla da discoteca sono il riflesso di una vulnerabilità collettiva. Rob Sheffield del Rolling Stones la paragona a un’altra canzone della cantante, New Romantics. Ma se nell’inno contenuto nella deluxe edition di 1989, Taylor Swift si faceva interprete interprete di tutta l’euforia confusionaria della generazione millennial, tramite un sound che strizzava l’occhio al  synth-pop degli anni Ottanta; in mirrorball riflette la malinconia di tutti coloro che vivono per rendere felici gli altri.

Una palla a specchi che, anche se solo per poco tempo, fa apparire il mondo come un posto colorato, luminoso e bellissimo, a tutti coloro che cercano conforto e divertimento. E non importa se cade sul pavimento per distruggersi i mille pezzi senza che nessuno se ne accorgerà, lei non può fare a meno di brillare per gli altri. “Sono una palla a specchi. Ti mostrerò ogni versione di te stasera./ Sto ancora provando di tutto per far si che tu rimanga a guardarmi. Non sono mai stata una a cui viene tutto naturale, tutto ciò che faccio è provare”

Dopo un decennio sotto i riflettori, si è liberata dall’immagine di reginetta del pop; proprio come prima ancora, era riuscita ad allontanarsi dall’immagine di principessa country. Sulle orme del poeta Wordsworth, in the Lakes si toglie l’abito da cerimonia per passeggiare presso le rive del Windermer, e riflettere su quella corsa verso la libertà trovata nel periodo in cui la sua reputazione non poteva essere peggiore. A quanto pare, il lago amato da celebri artisti e scrittori è un luogo perfetto per piangere.

Soffitte impolverate, paesaggi di campagna al tramonto dopo una leggera pioggia estiva, passeggiate solitarie nei boschi, laghi silenziosi dove potersi rifugiare e mare in tempesta che si infrange contro un’imponente scogliera. E un racconto narrato, tramandato o per meglio dire cantato, che col passare dei secoli diventa folklore.