22 Aprile 2020 - 12:00

“Ti amo”, il grido di Umberto Tozzi sempre sulla cresta dell’onda

ti amo la casa di carta

Dalla fama di flop annunciato alle milioni di copie vendute che gli hanno valso un ruolo di primo piano ne “La casa di carta”. E’ questo il “Ti amo” scritto e cantato da Umberto Tozzi, uno dei brani più famosi della canzone italiana in grado di scatenare le ire femministe

Nel corso della propria vita quante persone possono avere la possibilità di incontrare Monica Bellucci e sussurrarle attraverso un paio di cuffie e di un microfono un vigoroso ed allo stesso tempo romantico: “Ti amo”?? Lo scenario appena descritto, che da molti può essere considerato come un vero e proprio sogno, agli inizi del nuovo millennio è diventato realtà per il cantautore torinese Umberto Tozzi che ha avuto la possibilità di duettare con la modella ed attrice siciliana proprio sulle note di uno dei suoi brani più famosi, scelto per essere inserito nella colonna sonora del film “Asterix”.

La comparsata cinematografica delle due parole che danno il titolo al celebre brano è stata seguita da un secondo atto più recente, quando l’inciso nostrano, ormai impresso a fuoco nella mente di ogni italiano, si è trasformato nello spagnolo “Te amo” intonato da uno dei protagonisti della serie tv “La casa di carta 4” e scelto, manco a farlo apposta, come colonna sonora di una scena matrimoniale che da se da un lato ha letteralmente mandato in visibilio sia i fan della pellicola che quelli del cantautore torinese, dall’altro ha contribuito a donare una vera e propria viralità al pezzo riportandolo ai vertici delle playlist di ascolto su tutti i maggiori servizi di streaming online.

ti amo la casa di carta

Screen da YT

In realtà quanto accaduto in questi giorni può rappresentare un ritorno alle origini, se si pensa che il “Ti amo” in questione è stato proferito per la prima volta nel lontano 1977 fruttando alla chitarra di Umberto Tozzi ed alla penna di Giancarlo Bigazzi, autori del pezzo, due dischi di platino, la vittoria di un Festivalbar, una miriade di cover registrate nel tempo ed un totale di almeno 8 milioni di copie vendute tra Italia, Francia ( che ha contribuito con almeno un milione di dischi), Svizzera,Belgio e Stati Uniti. Numeri niente male, insomma, per quello che all’epoca dei fatti venne considerato dalla critica come un insuccesso annunciato perchè costituito da un semplice giro di Do abbinato alle due parole forse più semplici ed abusate del dizionario italiano e date in pasto al pubblico in un periodo storico fatto di austerità, piombo e tensione. Basti pensare che il verso “fammi abbracciare una donna che stira cantando”, scatenò grandi polemiche e fece arrabbiare addirittura il movimento femminista dell’epoca che si scatenò contro il cantante, costretto più volte a riflettere su “un breve passaggio dedicato all’amore tra un uomo ed una donna comuni. Ma ovviamente negli anni 70 tutto veniva abbinato alla politica, e così doveva andare.”

E non a caso proprio “nell’ epoca in cui tutti erano politicamente impegnati” – ha affermato più volte Tozzi“io decisi di cantare di intimità e di amore,” che, nel caso dei circa 53 ti amo ripetuti nel corso del brano, è in realtà quello del più classico dei triangoli, in cui un uomo torna a casa dalla moglie dopo essere stato con l’amante. Un concetto, quest’ultimo, ancora più evidente nella versione francese del disco, incisa e portata al successo da Dalida che nel testo parla di “letti e di donne abbandonate”, ed immedesimandosi nelle vesti della protagonista chiede “all’uomo di carta igienica” addirittura di dimenticarla come moglie.

Nonostante il messaggio veicolato non sia propriamente di quelli più puri, il ti amo sussurrato da Tozzi è riuscito lo stesso ad imprimersi a fuoco nelle menti e nelle playlist di milioni di italiani sconvolgendo la vita dello stesso autore, ritrovatosi a fare quasi da apripista per le future incursioni italiche fino ad allora ancora abbastanza sterili nei mercati di vendita esteri. All’interno dei confini della penisola, invece, il brano si è ritagliato uno spazio granitico tra i capisaldi della musica popolare nostrana, attraversando indenne mode e tempi, fino a creare una vera e propria zona di comfort collettiva in cui ritrovarsi ad un matrimonio, in macchina, nell’accompagnamento di un lento, o in tutte quelle occasioni in cui la pronuncia delle parole ti amo sarà sempre un modo per “vestire la rabbia di pace”.