Tonali e l’antico spirito di Gattuso
L'antico spirito di Gattuso reincarnato in Tonali: un binomio che splende in un calcio che ha perso storie da raccontare. Di Danilo Iammancino
Che Tonali si rispecchiasse in Rino Gattuso questa è una storia che conoscono tutti. Circa due anni fa, l’allora patron del Brescia Cellino, decise di accontentare il suo giocatore che, nonostante le offerte milionarie giunte sul suo tavolo, decise di coronare il suo sogno: arrivare al Milan.
Troppo forte l’amore per il rosso e il nero, troppo ghiotta quell’occasione di riuscire a vestire la maglia dei suoi idoli da bambino. Uno tra tutti rispecchiava l’indole del talento di Lodi, quel Gennaro Ivan Gattuso così tanto amato e rispettato. Un rispetto che Tonali ha avuto anche nella scelta del numero di maglia. Una chiamata a Rino che sintetizzò poi in un’intervista:
“Ci siamo chiamati spesso io e Rino. Era solamente una chiamata per fargli sapere che sarei diventato un giocatore del Milan e che avrei preso l’8. La prima cosa che mi ha detto è stata “rimani antico” sia fuori che dentro il campo, di giocare e andare sempre a 100 all’ora, quello che faceva lui insomma“.
Rimani antico, come antico è il modo di vivere la gara, di difendere il compagno e di difendere i colori del Milan in tutte le sedi: dalla stoccata sopraffina sui social a Chalanoglu alla difesa di Theo Hernandez su Dumpries nel derby.
Un attaccamento alla maglia e ai colori che infiamma i tifosi del Milan che in lui rivedono le antiche gesta dell’altro numero 8, quel Gennaro Ivan Gattuso che tanta scaldava i cuori di chi l’ha potuto vedere in campo.
A livello tecnico inutile dirvi di come il centrocampista lodigiano scoppi di salute. Lo si vede di più, è più coinvolto nella partita, contribuisce di più al gioco e finalmente ha iniziato a fare giocate decisive. E’ un faro in campo, un punto di riferimento sia in fase di costruzione di manovra, che nella fase di non possesso dove lotta come un gladiatore in mezzo al campo pur di recuperare una palla.
Nell’epoca dei parametri zero è sicuramente una bella storia che si scrive. Una storia di cui avevamo bisogno. Una storia antica di un calcio che non c’è più.
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