3 Aprile 2016 - 11:46

Trivelle, più di 100 piattaforme senza controllo

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Greenpeace interviene ancora una volta, affermando che sulla questione trivelle, più di 100 piattaforme petrolifere sono senza controllo

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Il giorno al referendum abrogativo sulla questione trivelle, si avvicina sempre di più. Infatti il 17 Aprile, tutti gli italiani saranno chiamati alle urne. In particolare Greenpeace ancora una volta interviene sul campo, affermando che è stato dimostrato che più di 100 piattaforme petrolifere non vengono controllate come dovrebbero.

Da qui, le innumerevoli  querele tra ambientalisti ed Eni. In particolare Greenpeace chiede al Ministero dell’Ambiente i piani di monitoraggio di tutte le piattaforme e strutture assimilabili operanti nei mari italiani, che secondo il ministero dello Sviluppo Economico sono 135. Arrivano però, solo quelli delle 34 piattaforme dell’Eni. E dai dati Ispra risultano contaminati più di due campioni su tre. Tra le sostanze che nei sedimenti attorno alle piattaforme e sui mitili superano con maggiore frequenza i valori definiti dagli standard di qualità ambientale troviamo metalli pesanti (cromo, nichel, piombo e talvolta anche mercurio, cadmio e arsenico), idrocarburi (fluorantene, benzofluorantene, enzofluorantene, enzoapirene) e idrocarburi policiclici aromatici.

L’Eni però risponde,  sostenendo che i valori a cui fa riferimento il rapporto di Greenpeace valgono per le acque interne, cioè quelle più vicino alle coste. Ma Alessandro Giannì di Greenpeace sottolinea che i valori di riferimento citati nel rapporto sono stati scelti non da Legambiente, ma dal Ministero, e comunque è alquanto bizzarro supporre che al largo le acque dovrebbero essere meno pulite di quelle sotto costa, quando si fa il bagno non ci si regola così.

A sua volta l’Eni in una nota spiega che quelle di propria pertinenza non emettono scarichi a mare, né effettuano re-iniezione di acque di produzione in giacimento, per cui  non ci sono piani di monitoraggio prescritti e nessun dato da fornire.

Ma Alessandro Giannì replica nuovamente, definendo tale situazione un “Far West“, e risponde affermando:  “Da notizie di stampa risulta che una piattaforma non nell’elenco delle 34 e quindi non monitorata avrebbe fatto danni ambientali per 70 milioni di euro. Si parla di 500 mila metri cubi di acque di strato, di lavaggio e di sentina che sarebbero state iniettate illegalmente nel pozzo Vega 6, del campo oli Vega della Edison, al largo delle coste di Pozzallo. I dati relativi a questo disastro ambientale verrebbero da un dossier di Ispra, al centro di un procedimento penale della Procura di Ragusa. Gli inquirenti ipotizzano “gravi e reiterati attentati alla salubrità dell’ambiente e dell’ecosistema marino attuando, per pura finalità di contenimento dei costi e quindi di redditività aziendale, modalità criminali di smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi“. Non ho visto personalmente il rapporto Ispra a cui l’articolo fa riferimento ma mi chiedo: è possibile che in Italia si controllino i motorini e non le piattaforme petrolifere?”

Insomma, la questione delle trivelle è più seria di quanto si voglia dare a vedere. Ci sono dei dati certi che mostrano questo inquinamento, e ci sono avvenimenti del passato che mostrano quanto queste piattaforme petrolifere abbiano recato danni all’ambiente. [ads2]