29 Gennaio 2015 - 16:58

Vasco Brondi si racconta ai fan con una lettera

Partirà il 4 febbraio l’ultimo tour de Le Luci Della Centrale Elettrica, dopo il quale Vasco Brondi si prenderà un lungo periodo di pausa. In una lunga lettera spiega ai suoi fan perché svelando il lato più intimo del suo percorso musicale

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“Stiamo per partire per l’ultimo tour poi mi fermerò per un bel po’, l’ultima volta mi sono fermato un paio di anni fino all’uscita di questo disco. Adesso non lo so, scriverò, viaggerò, suonerò ma senza fare concerti. Costellazioni è uscito a marzo scorso, praticamente un anno fa e da allora mi sono dedicato interamente a quelle canzoni. Una cosa strana, un disco che portava dei cambiamenti è stato difficile ed è stato facilissimo e indispensabile.

vasco brondiPensavo in questi giorni che le prime canzoni che ho scritto nella mia vita sono diventate direttamente quelle che ho inciso nel mio primo disco, quelle canzoni da spiaggia deturpata da dove è nata questa surreale (e inverosimile) avventura. Quel disco me lo porto dietro e dentro, è stato il primo segnale che ho lanciato da dentro di me verso l’esterno, la prima volta che gli altri hanno ascoltato qualcosa di mio, è stato amato, frainteso, celebrato, odiato, scopiazzato, applaudito, preso a termine di confronto continuo. Ha lasciato un segno dentro di me e fuori da me e come tutto quello che lascia un segno diventa una piccola ossessione per i propri contemporanei che devono prendere una posizione in merito che gli piaccia o meno non possono ignorarlo e questo dura ancora adesso per quello che faccio.

Per me quel primo disco è stato come quei razzi di segnalazione luminosi sparati in aria dai naufraghi sperando che qualcuno li veda e venga a salvarli. L’ho sparato mettendoci dentro tutto e qualcuno incredibilmente l’ha visto in lontananza e in qualche modo mi ha salvato. Mi ha salvato da una vita che non volevo e mi ha fatto entrare nella vita che volevo. È un disco che amo ancora ma come si ama qualcuno che non si sceglie, come si ama un parente stretto ingiusto e con un pessimo carattere. È un disco che ho registrato con Giorgio Canali e da allora è nato uno dei rapporti a cui tengo di più in generale.

luci-della-centrale-elettrica_290x435È un disco scritto a vent’anni nella camera in affitto che ho preso appena sono andato via da casa dei miei, facevo il cameriere tutte le sere e abitavo con un amico anche lui cameriere nello stesso posto. E da lì, da quella mansarda affacciata sulle mura di Ferrara, sono partite quelle canzoni sparate alla cieca verso il resto d’Italia, che mi portassero via da quel lavoro, da quella città, da me, dalla mia famiglia, dai miei amici, dai miei conoscenti, dalla piazza del Duomo e dall’universo. Non sapevo neanch’io dove volevo andare ma volevo andare via, in un “via” impreciso e impossibile.
Era un disco disperato forse ma di quella disperazione che è un motore propulsivo per cambiare le cose. A me non è mai sembrato triste perché mi sono divertito tantissimo a scriverlo, a suonarlo, a registrarlo, era pieno di entusiasmo e di amore.

Stavo facendo una cosa che mi rendeva felice, riuscivo a parlare e a cantare o meglio a gridare della mia vita e di quella dei miei amici, della mia città, delle droghe, dei sogni, delle notti infinite, della noia e di una vaga idea di futuro. Essendo la prima cosa che mi ha fatto conoscere e che mi ha anche travolto è normale che io sia stato frainteso, che quelli che incontravo credessero (e alcuni credono ancora) che io fossi sempre incazzato perché mi “conoscevano” solo da quelle canzoni che mi presentavano così oppure dalle decine di interviste a cui mi sottoponevano controvoglia e in hangover prima o dopo i concerti quando avrei voluto essere ovunque ma non lì.

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brondiInvece probabilmente come esistono i comici che sono sempre tristi esistevano anche i cantanti che gridano alla disperata ma che fuori dalle canzoni sono pieni di vita, stanno tutta la notte in giro e ridono sempre e amano quello che fanno. Le canzoni forse sono un modo di prendersi cura di se stessi e degli altri, del proprio tempo e dei propri luoghi. I miei amici non mi riconoscevano in quel disco vedendomi nella vita sempre solare e sorridente e invece chi mi incontrava dopo avere sentito quel disco non mi riconosceva avendomi “conosciuto” attraverso le canzoni come incazzato e urlante invece si trovava davanti uno con l’accento emiliano gentile e sorridente.

Con Costellazioni forse finalmente sono entrato del tutto in quello che faccio, non solo una parte che in quel periodo si vede che era urgente uscisse. Mi assomiglia di più e non è detto che sia un complimento. Ma ci ho messo dentro tutto me stesso e anche le persone che avevo attorno, è stata la cosa più stupenda e liberatoria che io abbia mai fatto. Mi interessano cose molto diverse rispetto a quando ho cominciato, è stato strano crescere “in pubblico” passare dai venti ai trenta su youtube e ogni anno lasciare una testimonianza della mia età, un disco, un libro, un altro disco, un fumetto, ancora un altro disco e centinaia di concerti.

Sono passati quasi dieci anni da quelle prime canzoni da spiaggia deturpata e la cosa che mi sono accorto è che non mi interessava dover rispettare un’idea che gli altri si erano fatti di me. Mi sono accorto che in questi anni in realtà l’unica cosa che era davvero cambiata era la percezione degli altri nei miei confronti. E che un mio personalissimo e sempre maldestro modo di prendermi cura di me, degli altri, del mio tempo e dei miei luoghi era scrivere questo ultimo disco e portarlo in giro per un anno creando ogni sera delle strane feste, senza più il bisogno di difendersi. Sono stati e saranno dei riti liberatori. Tutto questo per ringraziarvi immensamente per avere visto in lontananza quel razzo di segnalazione che avevo sparato verso il cielo nero senza grandi aspettative. Ci vediamo nei prossimi mesi, sarà bellissimo!”

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