8 Febbraio 2024 - 13:39

Veneto, uno studente su tre subisce atti di bullismo

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BULLISMO VENETO – La Regione Veneto, durante l’anno scolastico 2022/2023, ha eseguito un monitoraggio per analizzare i numeri del bullismo e del cyberbullismo. Dai dati ricavati, risulta una scena quasi impietosa. Coinvolti più di 18mila studenti e studentesse della regione per questo monitoraggio.

Il report del «Monitoraggio del bullismo e del cyberbullismo» è stato condotto in seguito ad una nota ministeriale all’interno del progetto Piattaforma ELISA.

Bullismo in Veneto: i dati

Dai dati ricavati dal monitoraggio si evidenza quanto segue. Quasi uno studente su tre (il 29%) ha dichiarato di essere stato vittima di bullismo almeno una volta nei 2-3 mesi precedenti alla rilevazione, mentre poco meno di uno su cinque (il 18%) di aver messo in atto almeno una volta comportamenti di bullismo verso un compagno o una compagna.

La situazione lascia poco spazio ai dubbi. Si tiene conto che, se esteso su più mesi, il dato sale ancora. Dai risultati del monitoraggio che ha visto coinvolti complessivamente 18.529 studenti e studentesse della regione Veneto per l’anno 2022/2023 (3033 i docenti che si sono messi a disposizione) emerge anche come il 12% di loro abbia subito prepotenze a causa del proprio background etnico, il 9% per il proprio orientamento sessuale, reale o presunto e il 9% per una propria disabilità.

Ieri, in occasione della giornata nazionale contro il bullismo e cyberbullismo, Marco Bussetti, direttore dell’Ufficio scolastico regionale per il Veneto, ha dichiarato quanto segue:

«Oggi celebriamo la Giornata contro ogni forma di bullismo e di violenza. La scuola, i docenti, gli allievi stessi sono quotidianamente impegnati a contrastare queste pratiche. Lo si fa anche cercando di guardarsi e di capire quello che succede. Capire i fenomeni è essenziale per poterli contrastare: continueremo a farlo con la massima competenza e, se necessario, con fermezza».

Metodo di segnalazione anonimo

Per i ragazzi, però, il monitoraggio non basta e deve necessariamente partire molto prima. Il 76% degli studenti intervistati deve essere presente un metodo di segnalazione anonimo.

In quasi tutti gli istituti esiste già lo psicologo scolastico per affrontare queste situazioni. Il problema è che risulta complesso il metodo per contattarlo. Se ci si arriva, l’anonimato risulta essere una strada tortuosa, e spesso viene evitata. In molti casi, analizzando il divario di risposte tra docenti e studenti, le situazioni di bullismo meno gravi non arrivano nemmeno ai «piani superiori» e a docenti e preside manca una consapevolezza piena del fenomeno. Per dirne una: «solo» il 79% degli studenti e delle studentesse considera la propria scuola un luogo sicuro.

Le parole di Elena Donazzan e Gian Mario Villalta

L’assessore all’istruzione della Regione Veneto Elena Donazzan, sulla base dei dati riportati dichiara: «Si tratta di un fenomeno sociale che ci deve preoccupare tutti. Sono fenomeni da rilevare con tempestività nei diversi territori. E a farlo devono essere tutte le agenzie educative. Non solo la scuola a cui invece scarichiamo spesso tutta la responsabilità. La comunità educante è composta da ciascuno di noi, genitori in primis. Il branco ai ragazzi chiede prove continue per dimostrare di essere abbastanza ”forti”. Ma non c’è nessuno a fermarlo».

Parla anche il professore e scrittore Gian Mario Villalta che dice provocatoriamente: «Ci siamo dimenticati di intervenire una volta un adulto che vedeva un ragazzino per strada picchiarne altri, lo prendeva per un orecchio e lo fermava. Ora non c’è più nessuno che lo fa. Dobbiamo fare i conti con vite che ormai sono monadi e non si relazionano tra loro». 

Non basta. A volte il bullismo li raggiunge anche a casa. L’8% degli studenti ha dichiarato infatti di aver subito episodi di cyberbullismo (7% in modo occasionale e 1% in modo sistematico), mentre il 7% di aver preso parte attivamente ad episodi di cyberbullismo (6% in modo occasionale e 1% in modo sistematico). «I giovani in quel caso si sentono protetti nell’esercizio della forza — dice Donazzan — io credo che il fenomeno vada necessariamente riportato in una dimensione di regole. Cominciamo col non dare il cellulare ai bambini. La responsabilità comincia molto prima, dentro le famiglie».

Fonte: Corriere del Veneto

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