Viaggiare in bici: una pedalata dall’Italia fino all’altra parte del mondo
Viaggiare in bici da Milano fino a Bangkok, e non solo
Viaggiare: alcuni amano concedersi piccoli viaggi all-inclusive; altri brevi vacanze avventurose ma con gruppi di viaggi organizzati; e altri ancora, quelli più impavidi e “folli”, preferiscono montare a bordo di una bicicletta e… partire all’avventura.
Vieri è uno di loro, ed oggi è qui per raccontarci la sua meravigliosa storia.
Ciao Vieri e benvenuto; presentati ai nostri lettori.
“Il mio nome è Vieri (sì, di nome!) Cammelli, sono nato nell’ ottobre del 1983 e sono originario di Rho (nel Milanese). Per molti anni ho lavorato nel turismo, per una famosa compagnia di crociere ed altre realtà.
Ho iniziato a viaggiare con una bicicletta pieghevole nell’estate del 2015 con un’esperienza di 2 mesi alle Cicladi (da lì il nome della pagina Facebook: BiCicladi).
Dopo pochi mesi di rientro dall’avventura greca decisi di ripartire per un viaggio più impegnativo: Milano – Bangkok (attraverso Europa, Russia, Mongolia Cina e Sud-Est Asiatico), in 10 mesi, fu la prima parte; la seconda mi ha visto ritornare verso l’Europa da Hong Kong, lungo l’antica Via della Seta, fino a Istanbul.”
Due anni fa hai deciso di mollare una “vita normale” per intraprende un viaggio diverso dai soliti, lungo ed avventuroso, a bordo di una bici pieghevole. Com’è nata questa idea?
“L’idea nacque con un tour operator italiano: creare una sorta di cicloturismo alternativo (in pieghevole, appunto). Il fatto è che io ovviamente non sapevo nulla di bici pieghevoli e soprattutto di che cosa significasse viaggiare con una di queste, e così scelsi di acquistarne una per i fatti miei e concedermi un viaggio in solitaria, una sorta di fuga momentanea da tutto, in un periodo della mia vita in cui avvertivo la necessità di cambiamenti, anche per testarne la fattibilità.
I due mesi alle Cicladi (racchiusi in questo VIDEO) arrivarono così, e mi trovai davvero molto bene. Da allora si può dire che non mi sono mai fermato. Devo essere sincero: una pieghevole non è una bicicletta ideale per un lungo viaggio “on the road” solamente su due ruote (vi sono alcuni limiti di capacità, marce e dimensione delle ruote che condizionano), ma è senza dubbio un ibrido grandioso.
La libertà di scelta che ho avuto sull’uso della bici o di ogni altro tipo di mezzo di terra (l’ho portata con me su treni, autobus, minivan, automobili, canoe) è davvero totale e la facilità con cui posso passare da una modalità all’altra è meravigliosa.
L’idea del cicloturismo in pieghevole è ancora lì, ma in sostanza non è mai stata approfondita. Se non altro ad oggi posso dire di aver maturato abbastanza esperienza.”
Cosa ti ha fatto scattare la scintilla del cambio di vita?
“Non credo che si tratti di scintilla, bensì di momenti della vita. Il desiderio di mollare tutto e partire, di fare un viaggio simile, o ce l’hai o non ce l’hai.
Molte persone non ne sentono l’esigenza (e, sia chiaro, non lo dico in maniera negativa), altre invece sì; lo sanno, da sempre.
Poi la vita, alle volte, ti pone davanti a dei momenti, in cui tu puoi scegliere di seguire quel desiderio o meno; di ascoltare la voce del tuo cuore, lasciando da parte la ragione per un po’.
Momenti in cui tutto combacia, se vuoi, come nel mio caso: un’occupazione che non amavo più, una relazione impossibile, alcuni semplici risparmi messi da parte in anni di lavoro, la salute mia e dei miei cari.
E “tu” che senti che è giunto il momento, che non ci sono più scuse, e che vuoi farlo; che devi assolutamente farlo, per vivere una parte della tua vita nel modo in cui hai sempre sognato viverla, e non avere rimpianti poi.
Momenti della vita fortunati, perché comunque, seppur si tratti sempre di una scelta, non tutti hanno la fortuna di poterla prendere a mente libera. Ed è anche per questo che ho scelto di condividere il mio percorso attraverso i social, giorno per giorno.”
Credi che questo viaggio sia solo una parentesi sabbatica o l’inizio di una nuova vita?
“Beh guarda, iniziò come una breve pausa da tutto (coi due mesi in Grecia appunto) e poi si è sviluppato da sé. La pausa, con quello che avevo aperto e soltanto abbozzato, doveva inevitabilmente essere più lunga.
Per quello ho scelto di ripartire, senza vincoli di tempo e distanza di sorta.
Poi, col passare dei mesi, ho capito molte cose di me (o forse semplicemente mi sono posto domande diverse o in maniera diversa), e quello che poteva essere un viaggio senza ritorno ha visto invece un ritorno a casa imprevisto.
I legami con famiglia ed amici si sono rivelati molto più importanti di quanto potessi credere. La ripartenza, ossia il nuovo recente viaggio da Hong Kong a Istanbul, è avvenuta per poter “chiudere il cerchio” e non lasciare aperto un percorso che volevo continuare ancora per un po’; ma è comunque verso casa che ho viaggiato, questa volta.
Di certo, comunque, questa grande avventura mi ha permesso di concepire la vita in maniera molto diversa rispetto a prima. Mi serve davvero molto poco per star bene e, se vuoi, essere felice.
L’idea di lavoro che avevo prima è notevolmente diversa da quella che ho ora; non fraintendiamoci, non voglio vivere la mia vita in viaggio e nemmeno in una tenda in una foresta; un lavoro serve ed è importante, ma sicuramente le mie pretese e le mie aspettative si sono modificate molto.
Il bilanciamento tra il lavoro che farò e la voglia di continuare ad essere padrone del mio tempo, e perché no, a viaggiare ancora, sarà la sfida più difficile ed avvincente che affronterò nei prossimi tempi. Staremo a vedere!”
Ed ora una delle domande che tutti vorrebbero porti: come hai finanziato il tuo viaggio?
“Mio nonno era un Conte toscano, e la mia famiglia vive di rendita da generazioni! Scherzo, ovviamente.
Come ho fatto? Coi miei risparmi, semplicemente.
Ho amici che hanno deciso di investire i loro guadagni in automobili, case, vestiti, eccetera, mentre io ho vissuto per diversi anni in affitto ed ho cercato di risparmiare per permettermi, un giorno, di fare quel che ho fatto senza dover chiedere aiuti o finanziamenti a nessuno.
Certo, se hai una relazione, ti sposi, metti su famiglia ed hai il desiderio di costruire altro nella tua vita, non scegli di investire i tuoi risparmi in 2 anni di viaggio … ma questo non è stato il mio caso. Non sono il solo a pensarla così, tuttavia.
Sempre più ragazzi, della mia e di ogni età, italiani e non, scelgono di dedicare una buona parte della loro vita e dei loro risparmi ad un viaggio del genere; piuttosto che ciondolare in qualcosa che non sentono più come loro e spiazzati di fronte ad un’incertezza sul futuro sempre più opprimente, decidono di non rimandare più la scelta al domani e di vivere il presente al meglio delle loro possibilità.
Le cose, poi, quando ti metti in moto, accadono, come per magia. Nell’immobilità ci si spegne, nel movimento le energie tornano e si moltiplicano a dismisura. Nel concreto, infine, non è che serva essere milionari.
Io sono riuscito a mantenere una media giornaliera intorno ai 20/25 euro (includendo anche trasporti, visti, imprevisti), ma ho conosciuto viaggiatori che spendono molto meno. Vivono di ospitalità (o in tenda), cucinano da sé e si spostano in maniera molto economica. Nella necessità trovano lavoro e si fermano per un po’. Poi continuano, finché vogliono. Però qui non si tratta più di un ‘viaggio’, bensì di una ‘scelta di vita’.”
Secondo te quale è il valore aggiunto di viaggiare in bicicletta?
“La lentezza sicuramente. Il poter avvertire i cambiamenti chilometro dopo chilometro; nella strada, nei villaggi, nella terre e nelle persone.
Il guadagnarsi la strada con il proprio sudore e la propria fatica. Tutti aspetti importanti che, messi insieme, danno un grande valore aggiunto a questo modo di viaggiare.
Provate ad entrare in qualsiasi città o villaggio del mondo in sella ad una bici, carichi, stanchi, sporchi e sudati; difficilmente non incontrerete sguardi benevoli nei vostri confronti, e ospitalità (anche soltanto per una tazza di tè) ad ogni angolo.
L’interazione con le genti è per me parte fondamentale del viaggiare – che sia in solitaria o meno – e quando lo si fa utilizzando una bicicletta come veicolo, tutto diventa più immediato, semplice e genuino.”
In molti credono che partire per un lungo viaggio in solitaria dall’altra parte del mondo sia una follia, e che sia da incoscienti e pericoloso; tu ti sei mai ritrovato in situazioni pericolose, o ti sei mai sentito in pericolo di vita?
“Un paio di situazioni pericolose, ma nulla di terribile, e comunque nulla che non possa accadere anche in Italia.
In pericolo di vita, mai; o meglio, se penso ai percorsi in bicicletta che ho fatto ed a come guidano le persone in giro per il mondo… allora sì che credo di essere stato in pericolo di vita varie volte!
Ma se la domanda si riferisce a rapine, attentati, guerre e crimini vari, allora proprio no. Di base non sono uno che si va a infilare spontaneamente in situazioni poco chiare (o in zone di mondo problematiche), né sono solito cercare droghe, sballi e serate proibite.
Ad ogni modo, però, in base alla mia esperienza, è molto più facile incontrare persone disposte ad aiutarti, piuttosto che a fregarti o a farti del male.
Spesso basta porsi soltanto nella maniera giusta, imparando a dire “buongiorno”, “grazie” e “per favore” in una nuova lingua. Con un sorriso. Ed è così che, in tutti i paesi in cui ho viaggiato, le persone mi hanno aperto incondizionatamente le porte delle loro case, e molte volte anche dei loro cuori.”
Raccontaci una delle esperienze più intensa che hai vissuto
“Potrei parlarti di tramonti e di albe mozzafiato, di luoghi quasi mistici o di incontri memorabili. Uno di quei momenti lo raccontai in questo post: Shaxi, la via di un sogno.
Un altro che mi viene in mente adesso è legato ad un episodio particolarmente fortunato e ad un ragazzo che mi lasciò letteralmente a bocca aperta.
Ero a Novi Sad, in Serbia, e quel giorno iniziai una lunga pedalata lungo i fianchi del Danubio, che mi avrebbe portato fino alla cittadina di Sombor, verso il confine con l’Ungheria.
Era una calda mattinata di Luglio ed io mi fermavo di tanto in tanto a scattare fotografie, ora col mio smartphone ora con la macchina fotografica.
Ad un certo punto incrociai un altro ciclo viaggiatore; seguivamo direzioni opposte e stavamo pedalando entrambi di sana lena, così alzammo semplicemente la mano in cenno di saluto e proseguimmo.
Andai avanti per un’altra mezzora buona, verso Nord, prima di udire di lontano l’eco di un “Hey!”. Sorpreso, dal momento che mi trovavo nel mezzo di una grande pianura isolata e non vi erano villaggi di alcun tipo nei dintorni, mi fermai e mi voltai; scorsi da lontano la sagoma di un nuovo ciclo viaggiatore, che mi stava inseguendo. Quando mi raggiunse, realizzai che si trattava di quel ragazzo che avevo incrociato non molto prima.
Frenò di colpo, paonazzo e madido di sudore. Dopo essersi ripreso un poco, mi sorrise ed iniziò a trafugare nella sua borsa anteriore. Ero visibilmente confuso e non riuscivo a capire che cosa volesse da me; immaginatevi che colpo quando, dopo aver estratto dalla sua borsa il mio smartphone, mi chiese sorridente “per caso è tuo, questo?”.
Lo avevo perduto, senza essermene neanche reso conto. Questo ragazzo, il cui nome ancora ricordo, lo aveva per caso trovato nel mezzo di uno sterrato solitario nelle pianure della Serbia, e aveva pensato che potesse essere mio. Così, per non domandarselo oltre, aveva invertito il suo senso di marcia ed aveva pedalato per più di mezzora ad una velocità doppia della mia, soltanto per raggiungermi e chiedermi se quello smartphone fosse per caso mio. Ero letteralmente senza parole, e Sören lì per lì era diventato il mio eroe.
“Quando viaggi da solo, alle volte devi anche avere un po’ di fortuna, e oggi tu lo sei stato, amico mio” mi disse, spiazzandomi ulteriormente.
Sören non mi aveva salvato la vita (di fatto aveva semplicemente trovato il mio telefono e mi stava evitando un’incazzatura, una spesa imprevista e qualche rogna gratuita), eppure, quante persone avrebbero fatto qualcosa di simile?
Poi, così come era arrivato, se ne andò. Non lo vidi mai più, ma ancora oggi lo ricordo come uno dei momenti più strani ed irreali di tutto il mio viaggio.”
Qual è il luogo più difficile dove hai viaggiato e perché?
“Devo essere sincero, non ho mai fatto percorsi particolarmente difficili e/o pericolosi. Le tratte più lunghe in bicicletta le ho affrontate in Europa e Asia.
Difficoltà che posso aver incontrato, se davvero devo andare a cercarne alcune, sono quelle legate alle barriere linguistiche, alla gestione del denaro contante, alle condizioni climatiche.
La Mongolia e l’Armenia con -10°, ad esempio, non sono stati paesi particolarmente facili per questo; ma è proprio in condizioni come quelle che la bicicletta pieghevole diventa un’alleata imbattibile: fa troppo freddo? Ci sono troppe montagne? Bene! La piego, la metto su un autobus, cerco un posto per dormire ed il problema è presto risolto.
Poi il gioco ricomincia.
Turkmenistan e Cambogia sono stati anche altri due paesi che mi hanno lasciato più sensazioni negative che positive, ma in gran parte anche per il morale con cui li ho affrontati ed alcune problematiche temporanee probabilmente non totalmente imputabili a questi due paesi.
E poi il Laos del Nord, con le sue montagne e i diluvi improvvisi, fu un avversario molto pugnace per me e la mia bicicletta; ma anche sorprendentemente favoloso!”
Cosa è il lusso per te?
“Il mio concetto di lusso è cambiato notevolmente nel corso degli ultimi anni.
Per molto tempo ho concepito il lusso in un certo modo; il più comune e ovvio forse.
Oggi lusso è, per me, qualcosa di completamente diverso; una doccia calda e ben funzionante è lusso, un dormitorio senza cinesi di mezza età che scaracchiano e russano come dei tacchini è lusso, un ostello con cucina dove poter preparare un risotto è lusso, una bottiglia di vino locale degustata con nuovi amici è lusso.
Il poter vivere una parte della mia vita in altri paesi è lusso, conoscere nuove genti, nuove persone, modi di vivere diversi è lusso. L’essere padrone del mio tempo, qui ed oggi, è lusso; forse il più impagabile di tutti.”
Ed ora cosa farai? Credi che riuscirai a tornare a vivere una “vita normale” fatta di routine?
“Ora sono tornato a casa, da qualche mese. La mia bicicletta è rimasta a Istanbul, custodita a casa di alcuni amici.
L’idea era di tornare laggiù in primavera, quindi di chiudere completamente il cerchio e rientrare a casa via terra nei mesi più caldi; poi però sono accadute alcune cose e le mie priorità sono cambiate.
Ho avvertito nuovi impulsi, nuovi richiami, ed ho capito che se avessi continuato col mio viaggio itinerante sarebbe stato solamente un “dovere”, senza più quel desiderio profondo e genuino che avevo sempre sentito e che era stato la mia benzina per molto tempo.
Mi sono messo alla ricerca di nuove strade e nuove opportunità, ed un paio di queste si stanno delineando. Ripartirò presto, ma stavolta sarà per lavoro, per la stagione estiva, probabilmente in Grecia.
Sarà una nuova esperienza per me e sono curioso di conoscere un nuovo lato del settore in cui ho sempre lavorato; di imparare il più possibile, tornando ad avere responsabilità e rapporti di lavoro con le persone dopo 2 anni in cui bene o male ho dovuto sempre pensare soltanto a me stesso. Sarà una bella sfida, ma è questo il percorso che voglio cominciare per trovare quella sorta di bilanciamento di cui parlavo prima.
L’equilibrio credo sia la cosa più importante, sia che si scelga di trascorrere la propria vita in viaggio sia che si cerchi un luogo ed una realtà in cui mettere radici.
La routine di una vita normale è necessaria, almeno per me. Così come sarà necessario alternarla con nuove esperienze, nuovi incontri, nuovi cambiamenti.
Nuovi racconti di vita.
La mia bici, nel frattempo, rimane a Istanbul, a ricordarmi che ogni cosa, così come può avere una fine, può avere, in ogni momento, anche un nuovo inizio.”
Potete seguire Vieri nelle sue avventure attraverso la sua pagina Facebook e leggere i suoi racconti sul suo sito Bicicladi.
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