16 Maggio 2015 - 09:32

A vele spiegate sulla rotta di Capri

Questa settimana aZonzo fuori porta ci fa salire a bordo e salpare per un weekend. A vele spiegate e con il vento in poppa portiamo la prua sulla rotta di Capri

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Dall’Outdoor all’entrobordo. Sciogliamo gli ormeggi dall’ordinario della città e “doppiamo” il suo caos, i suoi tempi ristretti, i suoi spazi chiusi e il suo vizio del superfluo. “Viriamo” per un weekend dai centri commerciali e dalle abbuffate domenicali e manovriamo le “nostre vele” in modo che l’imbarcazione prenda vento dal lato opposto: quello dell’autenticità, della condivisione e della voglia di libertà.

Gli Outdoorini diventano naviganti, marinai, piccoli Ulisse con il piglio della scoperta e lo spirito della curiosità.

Versatili e adattabili ad ogni habitat della natura, passiamo dalla neve al mare, dalle vette alle rotte, dalle ciaspole alle canoe, dalle distese della campagna cilentana alle austere rocce della costiera amalfitana.

Perché sedotti dall’avventura e animati dal vagabondaggio, per noi ogni mèta diventa la parabola di un viaggio.

Raccogliamo allora nelle nostre vele tutto il vento a favore, e godiamo in questi 2 giorni della brezza del Mare Nostrum.

Che sia scirocco o tramontana quello che soffia, noi salpiamo sempre l’àncora.

Itaca ci aspetta solo dopo un lungo viaggio. E una nuova escursione diventa una personale “navigazione”.

 

Tutti in coperta allora. Questo week end mettiamo in rotta la Grande Bellezza.

BARCA A VELA VERSO CAPRI

Appuntamento alle 11 tra il molo Manfredi e il porto di Marina d’Arechi, baciati dal sole e ci auguriamo anche dal mare: entra in scena con Outdoor Campania un’altra salernitana – Ipotenusa Marina – che “manda per il mare” le sue perle.

Non la Nina, la Pinta e la Santa Maria, bensì Tosca, Pietra Salata, Gelsomina e… Dindirindina.

Ci sentiamo dei “piccioni” alla scoperta dell’America. O aspiranti skippers alla ricerca dell’onda anomala.

E con il pensiero dell’onda che potesse metter a repentaglio le nostre vi…vande, impavidi ma sempre accorti, ci siamo preoccupati di “fare cambusa”: litri, fiaschi e bombole di vino; alcool nascosto nelle borracce da trekking; pacchi di pasta fresca rubati a Carmelina; puntarelle di asparagi presi in prestito dalla Valle dell’Auso; quiche lorraine francesi, polpette rumene, carne argentina, cioccolato estone e – tra “etnico per etnico” – mozzarella d’Agerola, porchetta d’Ariccia, bottarga di Cetara e torrone di Sardegna. Regioni d’Italia contro il resto del mondo.

Inoltre: marmellate biologiche, formaggi erborinati, stagionati, semistagionati e cotti al sole; caprini, suini e caciocavallini; insalate di riso accompagnate da giardino, pizze di maccheroni, gateau di patate, frittate di verdura, salsicce, soppressate, prosciutti, lardi e pancette; pane con i cigoli, pagnotte imbottite, tarallini, tarallucci e tarallari con la sugna.

E per restare leggeri…abbiamo pensato alla frutta. Nel caso ci colpisse il mal di mare!

“Armate” di viveri le nostre caravelle, siamo pronti a mollare le cime.

Gli Outdoorini si decompongono e prendono posto nelle varie imbarcazioni. Quasi 40 personaggi in cerca di equipaggio. Dio li fa.. e il Presidente li accoppia.

Con il “Portolano” alla mano – a cui sembra aver contribuito all’ultima versione fuori commercio anche la nostra guida che ha fornito importanti informazioni su alcuni sentieri segreti sottomarini per un progetto futuro di trekking subacqueo – iniziamo da prodi naviganti la nostra traversata costiera.

Con le obbligatorie carte di caramelle alla mano – ops… carte nautiche volevo dire – navighiamo a 6/7 nodi all’ora sotto gli auspici salati della Dea Atena protettrice di Odisseo e della sua ciurma, anche se avremmo preferito quelli rossi del Dio Bacco, protettore acquisito degli Outdoorini.

BARCHE A VELA AL PORTO DI CAPRI

La smorfiosa Cetara, tra tonno, colature e windsurfisti allo sbaraglio; la timida Erchie, con la sua torre silenziosa; la dolce Minori tra ville e Trofimene; la ridente Atrani bocca a bocca col fiato del mare” (Antonino Raviere); l’affascinante Amalfi tra bussole e cartiere; il segreto Fiordo di Furore, tra tuffi e dolci fichi; la preziosa Conca con la sua sfogliatella e la sinuosa Positano che ha sempre il suo charme; e poi ancora la romantica Baia di Ieranto e la spiaggia di Nerano, fino all’ultima  propaggine di Punta Campanella, dalla cui punta più estrema del promontorio il Santuario di Athena – fondato secondo Strabone proprio dal nostro “Padrino” Ulisse – ci salutano e danno l’ok per proseguire.

Siamo alla fine dell’abbraccio della Costiera Amalfitana, che da Vietri sul Mare a Punta Campanella, con le sue 100 spiagge, le sue pareti a strapiombo rocciose e selvagge, il suo volto un pò arcigno e incredibilmente charmante, i suoi anfratti di mare, i suoi colori che non riusciremo mai ad imitare, le sue curve da capogiro e le sue alte vie nascoste tra le mammelle dei Monti Lattari, ci ha riempito gli occhi di una Grande Bellezza.

Discepoli dell’Outdoor, abbiamo trekkeggiato sui sentieri dei suoi monti, profanato con i nostri incontri i suoi eremi e i suoi santuari, navigato le sue acque con kayak e barconi, veleggiato oggi sotto i suoi strapiombi, bighellonato le sue strade curvilinee con le nostre moto. L’abbiamo conosciuta in lungo e in largo.

L’abbiamo attraversata, osservata, ammirata dalle cime, dal mare e dalle strade, lodata, adulata, odiata per i suoi giri di stomaco e amata per il suo senso di libertà.

Abbiamo goduto in compagnia dei suoi tramonti, ed in piena solitudine ci siamo serviti dei suoi tratti vuoti e dei suoi silenzi.

Ci siamo innamorati delle storie e delle tradizioni dei suoi borghi e seduti alla tavola delle sue tipiche eccellenze.

Ci siamo “riempiti la bocca” oltre che gli occhi di Lei con tutti coloro che non ce l’hanno accanto o di fronte al terrazzo di casa quando dai il tuo primo buongiorno al mondo.

Ed ora siamo qui a guardarla dal mare, “la Divina”, e sembra di vederla per la prima volta.

Perché la vera Bellezza è quella che non stanca mai, anche dopo una vita, perché ad ogni occhiata continua ad avere qualcosa da dirti.

FASCINO DEL PORTO DI CAPRI

E così ammaliati, quasi assopiti, dopo tanta grandezza lasciamo l’Amalfitana, superiamo Punta Campanella ed avvistiamo la Sorrentina.

Siamo nel Golfo di Napoli.

Da lontano tra le nuvole la punta del Vesuvio, e dritto sulla nostra rotta i Faraglioni, visibili tra il luccichio del mare del pomeriggio.

Siamo esattamente nel punto in cui è più breve il tragitto per Capri. Eccola di fronte a noi.

Nel nostro rincoglionimento distratti dalla costa – essendo noi Outdoorini eterni innamorati della Bellezza – siamo comunque riusciti a superare le peripezie che pure abbiamo trovato lungo il viaggio verso ItaCapri.

Abbiamo resistito al suadente canto delle Sirene, che dai 3 isolotti dell’arcipelago de Li Galli hanno intonato tutto il repertorio della musica classica napoletana, con una pessima memoria per i testi e con particolare predilezione per “Maruzzella”, visto il contesto.

Abbiamo “gettato i nostri corpi in mare” superando la paura dell’acqua gelata, ma soprattutto quello del debutto in bikini.

Infine, prova più pericolosa, abbiamo evitato il rischioso abbordaggio della Tosca, arrivata ultima al momento aggregativo del tuffo, sulla quale navigavano “strani personaggi”.

Ulisse, al superamento di tali prove, ci avrebbe concesso il timone. Touchè.

E dopo il terzo “cambusa-time” a suon di aperitivi e brindisi allegrotti, mentre le donne sono a prua con le pa…nce al sole e gli uomini a “poppa” ad affrontare discorsi altamente esistenziali (non potrebbe essere altrimenti, non per quello che dicono ma su dove siedono), ecco che ci destiamo dal “profondo rosso” del brindisi e dell’abbronzatura a strisce (“stile caprese”, ovviamente).

Siamo nel porto di Capri. I suoi gozzetti colorati, le voci dei suoi marittimi diversamente napoletani, la “dolce vita” della piazzetta che ci aspetta da li a poco, il Monte Solaro che ci attenderà per l’appuntamento trekking domenicale.

E noi siamo il primo equipaggio a tagliare il nastro dell’arrivo, dopo la nostra traversata costiera.

Meritiamo quasi unaNastro Azzurro”. La nostra distinzione onorifica per godere per primi di cotanta Bellezza.

Con la frenesia e l’entusiasmo che ci caratterizza, attracchiamo finalmente. Abbordiamo il molo e siamo pronti ad assalire il bastimento dell’isola.

All’arrembaggio di Capri!

Isolani, gli Outdoorini Argonauti stanno arrivando.

SULLA ROTTA DI CAPRI

Da Tiberio a Caligola, da Pablo Neruda a Valentino, anche noi oggi ci sentiamo legati a questa isola e, al pari di qualche attore e giornalista, diventiamo per 2 giorni cittadini onorari di Capri.

Passeggiamo tra i suoi vicoli, con una fetta di caprese al limone in mano e il portafogli nell’altra per tenerlo a bada, ci sentiamo totalmente e intimamente in vacanza.

 

Il vero potere della Bellezza è quello di renderti “ebbro”, fino a farti dimenticare le brutture delle delusioni, delle scelte irreversibili, dei pensieri irrisolti.

Sotto la luce del crepuscolo serale, la bellezza di questa isola si rivela sotto forma di fascino: tutto diviene ammiccante e suadente.

Ogni suono, ogni profumo, ogni scorcio è un richiamo a perderci in essa, a dimenticare quello che abbiamo lasciato a casa e abbandonarci completamente a questa magia.

Capri ci chiama a respirare la sua aria di mare e a godere della sua brezza friccicarella.

Ci invita oggi a sentirci un tutt’uno con questo paesaggio che Baudelaire definirebbe di “pura bellezza, ordine, lusso calma e voluttà”.

  Da Marina Grande, tramite la funicolare facciamo un salto in Piazza Umberto I, la più popolare piazzetta, nota anche come “ ‘a chiazza” per i veraci capresi, centro della vita sociale dell’isola e spesso definita “salotto del mondo”.

L’immagine si colorava dell’idea della gente del posto, tra contadini e pescatori che con il raccolto, il pescato del giorno e folkloristiche urla partenopee, animavano questa piazza come noi oggi la riempiamo canticchiando.

Ci sentiamo felici. Siamo su una protuberanza della penisola sorrentina che il mare ha sommerso milioni di anni fa, lasciando però questo scoglio, questa cima di terra visibile che si erge da esso, per restare ammirato sotto gli occhi del mondo.

Tra cale, grotte, ripide scogliere e pittoreschi precipizi di cui possiamo godere da questo belvedere sotto le luci della sera, ci sentiamo un tutt’uno con questa melliflua dimensione isolana, in una ridente “armonia simbiotica”.

"FINESTRELLA" DALL'EREMO DI S. MARIA A CETRELLA

Oggi ridiamo tutti con lo stesso linguaggio e la beatitudine non si può simulare.

Siamo ebbri di un’autentica gioia.

Ubriachi senza bere, ci rifaremo a breve sulle nostre barche per la cena entrobordo del sabato sera.

Le bombole di vino che gli skippers dei 4 equipaggi avevano avvistato alla partenza guardandoli in modo sinistro, fanno presto il loro effetto su alcuni outdoorini avvinazzati.

Perché se la Natura ci ha donato l’uva, noi la ringraziamo con il vino.

In questo trambusto di fumi di piatti e fumi dell’alcool, ecco che il nostro Presidente, nonché group-leader nelle nostre uscite fuori porta, guida AIGAE con tanto di riconoscimento, punto di riferimento e uomo tutto d’un pezzo di veneranda discrezione e riservatezza, esce allo scoperto travestendosi da pirata dei Caraibi!

Da “Tritone di Cetara” a “Corsaro di Capri”. L’importante è restare in zona…

Ebbri di bellezza e sazi di un profondo benessere psicofisico dovuto a questa isolana “aria salata”, ci imboniamo nelle nostre cabine e ci facciamo addormentare dalla culla del mare del porto. Il suo brusìo è questa sera una soave ninna nanna. La Barca don-do-la. Buonanotte Capri. Domani ci aspetta il Monte Solaro.

Ridenti e redenti, ci ridestiamo dalla nostra cadenzante notte a bordo – per qualcuno rubiconda e baldanzosa – e ci riprendiamo immediatamente con il profumo del caffè e delle marmellate che viene dal pozzetto.

Il richiamo della tavola è il sollecito più efficace per gli outdoorini di questo equipaggio.

Ci chiama il caffè e ci chiama il porto. Il porto con i suoi profumi di mare, i suoni affogati dei barconi e la sua vocazione agli incontri, agli scambi.

I porti che ci fanno sempre pensare a paesi lontani. E alle promesse della vita spesso da marinaio.

Ma abbiamo poco tempo per restarcene qui su una banchina ad osservare la tessitura delle “rezze” dei pescatori. Reti ladre di segreti dai fondali.

MONTE SOLARO

Dopo il fascino del mare ci aspetta l’avvenenza della montagna.

Il Monte Solaro, appartenente alla dorsale montuosa del Faito ma circuito dal mare, è la “cima di Capri” ed è formato della stessa roccia calcarea che caratterizza l’isola. Un tutt’uno nell’anima e nel corpo.

587 metri di dislivello, 8 km di percorso ad anello e 5 ore di passeggiata tra fiori colorati, scorci improvvisi e un inebriante profumo di limoni.

Il profumo degli agrumi è per la nostra terra come l’odore del mare: lo senti sempre, ovunque, e riempie l’aria così come impregna i nostri sensi.

Il mare e i limoni ci appartengono. Dicono di noi e della vocazione alla Bellezza di questa terra.

Avevo quasi dimenticato quanto fosse profumata Capri.

Le 900 bizzarrie floreali che ci sono quassù – tra cui il corbezzolo, l’erica, il ginepro, la ginestra tra quelli che abbiamo prontamente riconosciuto, e il leccio, i narcisi, le varie orchidee, il pino italico, a quote più basse, che rendono la vegetazione folta e variopinta – danno al monte “un’identità olfattiva” che ti racconta di Capri anche ad occhi chiusi.

Soprannominato “Acchiappanuvole” dalla gente dell’isola, poiché per l’escursione termica tra la terra e il mare alle sue pendici si crea una coroncina di foschia che abbraccia la punta del monte, il Solaro è un acciuffaprofumi.

Manca oggi tra la flora però l’erba cedra – o cedronella – ossia un’erba odorosa di limone, che un tempo era diffusa in questa zona e che ha dato nome alla silenziosa vallata di Cetrella,  in cui se ne sta rilassata la chiesa di S. Maria a Cetrella.

Eremo francescano, espressione dell’architettura tardo gotica popolare caprese, la struttura religiosa si colloca in una zona dove precedentemente sorgeva un tempio dedicato a Venere, dea della Bellezza.

Meta di pellegrinaggi da parte dei pescatori dell’isola che si recavano a rendere omaggio alla statua della Madonna prima di partire per le battute per la raccolta del corallo, conserva al suo interno l’immagine di una Madonna, sacra oggi soprattutto per i marinai della zona di Anacapri.

Ma oltre il sacro, è il folklore del vecchio Carmine che dà a questo posto quel “tocco di stile caprese” che lo rendono per noi luogo di vera cultura oltre che natura.

Carmine ci accoglie con una macchinetta casalinga di caffè espresso da 12 tazzine e ci narra la storia di questi luoghi. E mentre racconta, ci porta alla finestra del suo piccolo paradiso, mostrandoci cosa vede lui ogni mattina da circa 80 anni.

Ci spinge su quello spettacolo quasi a volerci prestare i suoi occhi.

Ciò che si vede e si sente da quassù – mentre dietro di noi vecchie stoviglie, pentole di rame e mani di donne che impastano per aggiungere anche oggi un posto con loro a tavola – è la finestra sulla Grande Bellezza di Capri.

PANORAMICA SU CAPRI

Stiamo vedendo con gli occhi di Carmine.

Il mare di Capri, il vento che ci ha portato fin qui, la culla del porto, questo profumo stregato nell’aria, ha indotto in noi un’ebbrezza di vita.

“Affinché ci sia un qualunque fare e contemplare estetico, è indispensabile una condizione fisiologica preliminare: l’ebbrezza”.  Aveva già visto lungo Nietzsche.

Un’euforia che ci ha liberato per 2 giorni dalla monotonia dei giorni che spesso scegliamo di rendere sempre uguali, e dal fardello dell’idea del tempo, il cui pensiero più che toglierci gli anni li svuota di senso.

OUTDOOR CAMPANIA PER IL VELA TREKKING A CAPRIE invece noi abbiamo riempito un altro week end insieme e ci siamo di nuovo ubriacati di Bellezza.

Perché chi si ritaglia il tempo per l’Outdoor ha in sé una naturale predisposizione all’altro, alla natura, alla ricerca della felicità. Quindi alla vita.

Concediamoci tutti all’Outdoor. Ubriachiamoci di pura vita.

 

“La voce della Bellezza parla sommessa: essa s’insinua soltanto nelle anime più deste.”

Friedrich Nietzsche

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