27 Gennaio 2020 - 20:14

7° Arte #57: Schindler’s List – Chiunque salva una vita salva il mondo intero

schindler's list Mimi Reinhardt

Per la rubrica “7° Arte”, che ripercorre la cronistoria dei film più importanti di sempre, ecco la recensione di “Schindler’s List”, bio-dramma sulla storia della Shoah

Il 27 gennaio è noto come Giorno della Memoria, commemorazione riguardo le vittime dell’Olocausto. Il 27 gennaio 1945, infatti, il campo di sterminio di Auschwitz venne liberato dall’Armata Rossa. Schindler’s List è un film del 1993, diretto da Steven Spielberg, e racconta proprio gli avvenimenti che nella giornata di oggi ricordiamo.

Il cinema non si è mai sottratto dalla realtà. Seppur il cinema sia spesso associato all’illusione, a una messa in scena fantastica che possa portarci in universi irreali e utopici, nella storia ci sono diverse pellicole che si sono affacciate a eventi realmente accaduti. Lo scopo è quello, il più delle volte, di celebrare, far conoscere, creare un monito. Schindler’s List è un bio-drama che parla della Shoah, lo sterminio degli Ebrei, la crudezza dei campi di concentramento. Un film che senza freni, ma con grande poetica e sentimento, riporta sul grande schermo una delle pagine più crudeli della storia dell’umanità.

Steven Spielberg è uno dei registi più amati di sempre nella storia del cinema. Direttore di pellicole spesso avventurose e leggere, inquadratore spesso dell’azione e della fantasia. Ma con Schindler’s List, Spielberg dimostra le sue qualità artistiche come probabilmente non ha mai fatto, confenzionando per il mondo intero una delle pellicole più toccanti di sempre. Schindler’s List è infatti un film in bianco e nero che proprio tramite l’abolizione dei colori vuole rappresentare la cruda realtà che ha visto il partito nazista portare alla morte migliaia di ebrei innocenti nei campi di sterminio. Spielberg pone l’accento sull’innaturale malvagità dell’uomo, sia con fuoricampo che con inquadrature terribilmente suggestive.

Solo nell’ultima scena ritroviamo i colori, una nuova speranza. Iconica è invece la bambina col cappotto rosso che vediamo prima rapita e poi defunta, quel particolare a cui Spielberg restituisce il colore per dirci quanto ogni tedesco fosse consapevole delle atrocità di quei tempi. Quel rosso che è anche il colore del sangue, quello a fiumi degli ebrei ingiustamente uccisi senza pietà.

Schindler’s List si avvale, inoltre, di due ottimi comprimari. Il protagonista Oskar Schindler (uomo realmente esistito che ha salvato più di mille ebrei da morte certa) è rappresentato da un Liam Neeson in quella che probabilmente è l’intepretazione migliore della sua lunga carriera. Schindler è un uomo d’affari, afferente al partito nazista tedesco, ma proprio tra i tedeschi, Spielberg ci riporta all’umanità, ricordandoci che non tutti gli uomini sono malvagi.

Schindler salverà più di un migliaio di ebrei grazie alla sua fabbrica – prima civile poi militare -, offrendo un posto di lavoro che tenga gli ebrei lontano dai terribili campi di concentramento. Il suo contabile, Itzhak Stern è un ebreo interpretato da Ben Kinglesy (Ghandi), tra i due nasce una profonda amicizia. Tramite il personaggio di Stern viene raffigurata una più generica icona degli ebrei, è lui a donare a Schindler un anello forgiato dagli ebrei stessi che recita la frase: “Chiunque salva una vita salva il mondo intero”.

Molti sono i war-movie, spesso accompagnati da biografie di personaggi realmente esistiti, che hanno permesso al cinema di raccontare, denunciare e sminuire la guerra. Schindler’s List nel suo genere conquistò pubblico e critica, vincendo persino ben 7 Premi Oscar, tra cui Miglior Film e Miglior Regia. Molte le pellicole che questo film ha influenzato: basti pensare ai drammatici Il bambino con il pigiama a righe o il nostrano La vita è bella.

Un film da vedere il 27 gennaio, ma da ricordare per una intera vita.