Salvini: “Se perdiamo dico no alle larghe intese”
Il leader della Lega, Salvini, ha affermato che non intende partecipare a un governo di larghe intese nel caso in cui il centrodestra non vinca le elezioni. “Mi auguro che Berlusconi non faccia diversamente”
Siamo ormai nel vivo della campagna elettorale, con i diversi partiti che iniziano a guardare anche al post-elezioni. Se il sistema elettorale e il quadro politico italiano ormai di stampo tripolare fanno pensare che nessuno schieramento otterrà un’ampia maggioranza, ecco che alcuni partiti iniziano a rilasciare dichiarazioni su un eventuale governo di larghe intese.
Oggi è stato il turno di Matteo Salvini, leader della Lega, che ha rifiutato nettamente l’ipotesi che il suo partito entri in un governo composto da forze diverse da quelle con cui andrà alle elezioni. “Se vinciamo con una maggioranza di centrodestra governiamo non per 5 anni ma per 10, se non vinciamo cosa che non mi auguro io al governo non ci vado”. Parole chiare, dunque, contro l’ipotesi delle larghe intese.
Una posizione probabilmente diversa da quella del suo principale alleato, Silvio Berlusconi. Forza Italia, infatti, sebbene non abbia mai dato chiara disponibilità, sarebbe uno dei partiti più indicati per una larga coalizione (ma bisognerà vedere i seggi che riuscirà a ottenere). Una situazione che Salvini può attaccare con facilità: “Mi auguro che Berlusconi non scelga altro“, ha continuato, affermando che se Berlusconi scegliesse le larghe intese “sarebbe un tradimento non a Salvini ma agli italiani“.
Quella di Salvini è una posizione certamente prevedibile, dato che rientra nell’immagine di partito di opposizione che la Lega alimenta da anni. Promettere di rifiutare accordi post-voto serve inoltre ad accontentare l’ala più estrema della Lega, che non ha visto di buon occhio l’alleanza con Berlusconi. I partiti minori, inoltre, trovano tradizionalmente consenso nel dichiarare la contrarietà alle larghe intese, dato che nella maggior parte dei casi la costituzione di queste spetta alle forze politiche più numerose, per ovvi motivi.
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