7° Arte: #23 Lawrence d’Arabia – Dentro un libro di Storia
Lawrence d’Arabia (Lawrence of Arabia) è un film del 1962 basato sulle gesta di Thomas Edward Lawrence, interpretato da Peter O’Toole. David Lean torna alla regia e conquista il suo secondo Oscar dopo Il ponte sul fiume Kwai nel 1957
Gli anni ’50 e ’60 sono stati segnati dalla nascita del genere epico, un genere action a quei tempi spesso soggiogato dalla tragedia andando a ripercorrere la storia di antiche civiltà, popoli e tradizioni.
Ancora epica e guerra, sempre con quel tocco malinconico e tragico
Vecchie storie di vecchi eroi. Nascevano così i miti, i racconti che si tramandavano, quelli verso i quali chiunque – fanciullo o barbato che sia – trovava empatia e forte ispirazione. Una sorta di didattica dei valori legati alla virilità del genere maschile: il coraggio, la forza, la ribellione.
Eppure le gesta narrate nei vari kolossal dell’epoca riuscivano già a oltrepassare quelle che definiamo doti fisiche.
I 7 Samurai (1954) – LEGGI LA RECENSIONE DI ZON.IT
Bensì il bene di una terra, la coltivazione del futuro di un popolo, la realizzazione e la difesa della propria libertà. Solo 2 anni prima Hollywood fu invasa da un dualismo epico tra Spartacus e Ben-Hur, così vicini eppure così lontani.
Ben-Hur (1960) – LEGGI LA RECENSIONE DI ZON.IT
I viaggi nelle lunghe terre, dettati da lunghe attese che metteranno in discussione la forza di volontà dei personaggi. Non è un caso che Lawrence attraverserà i suoi momenti più difficili nellle transizioni, quando senza acqua inizierà a perdere un po’ la ragione e qualche amico fedele.
Spartacus (1960) – LEGGI LA RECENSIONE DI ZON.IT
La forza degli occhi oltre il vuoto del deserto
Ma con Lawrence d’Arabia superiamo la forza di un popolo, e con ciò anche i desideri di libertà o quelli di vendetta visti nei capitoli di cui sopra. David Lean fotografa l’immenso mondo arabo, ancora oggi sconosciuto ai più.
Lo fa attraverso una mastodontica fotografia, probabilmente la migliore fino ai suoi tempi. Il deserto che cavalcano sui cammelli i protagonisti lo percorre anche lo spettatore, perso nel deserto dell’incerto e dell’ignoto, quello che si respira ogni volta che si calpesta la sabbia di un mondo sconosciuto.
Se la scenografia inquadra perfettamente l’habitat e le condizioni del contesto, le vicende della prima guerra mondiale (periodo in cui sono ambientati tutti i 227’ della pellicola) non fanno altro che aggiungere tragedie su sangue gratuitamente versato.
Gli uomini che sono passati sui libri di storia devono il motivo del loro nome riecheggiare grazie alle loro leggendarie vittorie o altresì per le loro incurabili disfatte. Edward Lawrence non è né l’uno né l’altro. Non è né un vincitore né un vinto, è semplicemente un uomo in combutta col proprio destino.
Quarto Potere rimodernizzato da David Lean?
Lawrence d’Arabia ci fa capire quanto il cinema sia in grado di mettere in contrasto mondi differenti. Sia per quanto riguarda il livello artistico, il design di un beduino avrà tutt’altre caratteristiche rispetto a un gentleman americano oramai impresso nell’immaginario collettivo della Settima Arte. A livello comunicativo, Lean approfondisce e caratterizza ogni suo componente del puzzle come personaggi peculiari e decisamente importanti nel cammino del protagonista Lawrence.
Infine, dal punto di vista morale. Le tribù arabe sono in continuo conflitto, ma il carisma e il potere persuasivo di Lawrence passeranno alla storia in quella che sarà una storia agrodolce per il tenente britannico, che britannico a un certo punto non si sentirà poi più di tanto.
Lawrence d’Arabia stringe l’occhio a un Quarto Potere abbracciandone l’influenza della cronaca e la potenza della comunicazione – spesso militare in questo frangente – per una pellicola che racconta la vita di un uomo e di come il destino di questi sia segnato da una forza mistica chiamata imprevedibilità.
Agli altri il ruolo del riecheggiare, un qualcosa di simile già visto con Citizen Kane, sintomo che ancor di più Orson Welles ha influenzato la Settima Arte che conosciamo, insieme a pellicole come Via col Vento, dalla longevole durata e permanenza nei meccanismi dell’ideologia cinematografica.
ARTICOLO PRECEDENTE
“Friends”: Jennifer Aniston parla dell’eventualità di un reboot
ARTICOLO SUCCESSIVO
Lascia un commento