Israele: cosa può cambiare con il Governo senza Netanyahu
In Israele si avvicina una nuova era politica. Già oggi l’ex giornalista Yair Lapid, leader di Yesh Atid, potrebbe sciogliere la riserva
Una nuova era in Israele. Yair Lapid e Naftali Bennett sono al lavoro per rafforzare l’accordo che dovrebbe portare alla nascita del nuovo Governo dopo quattro elezioni in due anni. Stavolta, non ci saranno il premier Benjamin Netanyahu e il suo Likud. Le delegazioni dei partiti dei due leader si sono incontrate domenica sera dopo l’annuncio della disponibilità di Bennett a entrare nel Governo di unità nazionale proposto da Lapid. Già oggi, quest’ultimo potrebbe andare dal presidente Reuven Rivlin per sciogliere la riserva.
La politica israeliana è alla resa dei conti dopo 12 anni consecutivi di governi di destra. L’ex presidente era soprannominato “Re Bibi” per la sua capacità di restare sempre al potere, qualsiasi cosa accada. Alla base dell’accordo di grande coalizione un patto per la condivisione del potere e forse (non è confermato), l’alternanza di Bennett e Lapid nel ruolo di capo del Governo. I primi due anni il premier sarebbe Bennett, gli altri due Lapid. L’idea non è una novità, anche Netanyahu aveva raggiunto un patto di coalizione con Gantz per la “staffetta” da premier. Le cose però non andate secondo i patti, e quel governo è crollato dopo un anno tumultuoso, pieno di giochi di potere e controversie.
Tuttavia, ieri Lapid ha confermato che gli sforzi per forgiare una coalizione di partiti ideologicamente opposti potrebbe portare presto a un nuovo Governo. “Possiamo concludere entro la prossima settimana, lo stato di Israele può entrare in una nuova era con un premier diverso.” ha dichiarato.
Ma com’è amministrato il Governo di Israele? E, soprattutto, cosa cambierà senza Netanyahu?
La nuova era del Parlamento d’Israele
Un’era anomala, quella che potrebbe vedere protagonista Israele d’ora in poi. La nazione si caratterizza per un sistema elettorale proporzionale tra i più puri in assoluto, mediato solo da una soglia di sbarramento al 3,25% per un parlamento di 120 seggi. Insieme a una società molto diversificata e una politica sempre più bellicosa, con il tempo è diventato impossibile per una colazione di pochi partiti riuscire a governare con una maggioranza solida. Con Bennett-Lapid, nella maggioranza di unità nazionale ci sarebbero sette partiti divisi tra centro, destra e sinistra.
Il problema, però, si porrebbe nel momento in cui non si riuscissero ad ottenere i 61 seggi minimi per il Governo. Al momento, si parla di 58. Quindi, servirebbe comunque l’appoggio di altri partiti. Dato che Netanyahu non darebbe il suo appoggio, questo significa rivolgersi agli arabi d’Israele, divisi in un partito e una lista che riunisce partiti più piccoli. Inoltre, nella nuova coalizione ci sarebbero ex membri del Likud o ex alleati di Netanyahu, anche con ruoli chiave. Per Bibi, quindi, sarebbe un assist in piena regola per attaccare la coalizione.
Se dovesse riuscire nell’impresa, più che un governo dell’unità e del cambiamento, quello di Bennett-Lapid sarebbe un Governo di scopo, fragile e troppo diverso, destinato a concentrarsi sul rilancio dell’economia e l’uscita dalla pandemia. In quel caso, questioni come quella palestinese ed altre non sarebbero affrontate. Un Governo del genere potrebbe anche sciogliersi pacificamente dopo aver raggiunto alcuni risultati, e tornare a votare prima della scadenza. Se Lapid fallisse il negoziato, Israele tornerebbe a votare per la quinta volta in tre anni.
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