Dora Romano: una vita tra palcoscenico, Oscar e trend di Tik Tok
Dora Romano racconta l’orgoglio della candidatura agli Oscar con Sorrentino, la voglia di essere la protagonista di un film con Saverio Costanzo e di quella volta che è diventata un meme insieme a Mattarella
Dora Romano è un’attrice che tra cinema, teatro, musical, cabaret e serie tv, ne avrebbe così tante da raccontare che non basterebbe una semplice intervista.
Proprio per questo, quando mi hanno detto che l’avrei intervistata, il mio primo pensiero è stato quello della Signora Gentile (personaggio che interpreta nell’ultimo film di Sorrentino) che, con l’estrema sincerità che la contraddistingue, sonoramente sbuffava annoiata dalle mie domande. Mentre aspettavo di poter parlare con lei poi, ho iniziato ad agitarmi come se la maestra Oliviero (L’Amica Geniale), invece di rispondere alle mie domande, avesse dovuto interrogarmi.
Sin dal principio dell’intervista, però, la simpatia e la professionalità di Dora Romano mi hanno travolta, spianando la strada ad una chiacchierata sull’orgoglio dei progetti passati, la voglia di progetti futuri e il riscontro dei propri lavori sui temutissimi social.
È di pochi giorni fa la notizia della candidatura del film ‘’È stata la mano di dio” agli Oscar 2022. Si sente orgogliosa di far parte di una produzione nominata agli oscar?
Sì, decisamente mi sento orgogliosa anzi, mi sento privilegiata per tanti motivi: per essere stata scelta da Paolo Sorrentino per questo ruolo; per il fatto che questo film stia correndo per gli Oscar e, in generale, perché credo sia una bella sorpresa per l’Italia in questo momento. Sorpresa insomma – continua la Romano – perché Sorrentino non è mai una sorpresa; ma per me sì, lo è stata. Mi sento molto privilegiata e responsabilizzata perché, per quel poco che ho potuto fare, ho contribuito a questo cammino e quindi mi sento responsabile.
Lo portiamo a casa questo Oscar?
Detto sinceramente, io non ho ancora visto gli altri film, ma non so se sarà premiato con l’Oscar perché, è questa è una mia opinione del tutto personale, c’è tantissima Napoli dentro e certo, tutto il mondo ama Napoli. Però è talmente tanto presente la città, la sua cultura, questo momento degli anni 80 in cui ha prevalso questa idolatria per Maradona (trattato da Paolo anche con molta ironia)…questa è una mia sensazione, perché il film è bellissimo e la qualità è altissima da tutti i punti di vista: della fotografia; della sceneggiatura; della scelta di tutti i personaggi, perché io non ho visto un personaggio che possa esser visto non organico al film. Lui ci ha scelti uno per uno e quindi c’è un enorme cura, un enorme amore, precisione perché lui è così: per quello che ho potuto conoscerlo sul set è uno molto attento ad ogni tipo di dettaglio. Ma io credo che, per quanto Napoli possa essere amata, forse ce n’è un po’ troppa.
All’estero forse non riusciranno ad apprezzare Napoli come noi…
Io penso di sì, perché poi Napoli chiaramente è un patrimonio mondiale, però soprattutto per noi italiani è un fatto conosciuto. Io ho vissuto Napoli degli anni ‘80 nel senso delle scorribande giovanili, nel tempo dell’università. Ho visto la città in quegli anni perché ho iniziato a lavorare, non posso dire di conoscere la vita napoletana di quegli anni però per noi è normale viverla e ricordarla in maniera passionale. Non so se all’estero, in questo momento storico, possano apprezzare non la qualità del film, ma com’è raccontata la storia dato che è una storia personale che però riesce a toccare la sensibilità di tutto il mondo, non solo il napoletano: perché perdere i genitori da ragazzi in quel modo, è una cosa inimmaginabile. Penso che avrà qualche riconoscimento. Mi auguro e auspico che sia l’Oscar. Ho solo questo piccolissimo dubbio e spero che Paolo non leggerà questa intervista (ride ndr)
Alla fine, un film italiano che riesce ad avere un po’ di successo all’estero, è sempre un bene
Infatti, già essere entrati nella cinquina è una grande vittoria, l’ha detto anche Paolo e quindi, senza nulla togliere ai passi che ha fatto finora questo film (che sta concorrendo anche ai Bafta 2022), essere arrivati nella cinquina è come averlo vinto, per il mio modesto parere.
…Il suo è un semplice commento oggettivo
Sì perché io non sono una di quelle attrici che solo perché l’ho fatto io, dice che è bello. Io ho fatto anche delle cose di cui non vado fiera. Non è una cosa automatica per noi che lavoriamo in questo ambiente, non per me. Io quando vedo il prodotto finito, riesco a staccarmi e diventare semplice spettatrice e a capire quali sono i difetti. Ho fatto cose di cui non vado orgogliosa, ma le ho fatte perché comunque è il mio lavoro e poi non posso mai capire dall’inizio che cosa ne uscirà fuori. Ormai dopo tanti anni di esperienza sì, qualcosa la intuisco, ma non tutto quello che ho fatto mi ha reso orgogliosa come questo film.
Il personaggio della Signora Gentile, nel film di Sorrentino, ha attirato l’attenzione del pubblico, soprattutto quello più giovane che l’ha resa perfino un trend su Tik Tok
Questa cosa per me è molto strana perché io ho una certa età, non sono una ragazzina e i codici di comunicazione attuali che passano attraverso i social non mi appartengono. Dei social ho un po’ paura, infatti quando mi è arrivato un meme in cui la Signora Gentile aveva la faccia del nostro Presidente Mattarella, mi sono un po’ preoccupata. Ho detto : ‘’mo che succede? Mi denunciano, mi querelano, pensano che sia colpa mia?” Come in tutte le cose, gli strumenti sono democraticamente usufruibili da tutti, poi il modo in cui si usano dipende dalla persona. Io mi sono un po’ impressionata su questa cosa di Mattarella: poi alla fine tutti mi hanno spiegato che essere diventata un meme è addirittura un punto di orgoglio; è un segno di popolarità, è importante. Io sono contenta che questo personaggio piaccia e abbia avuto un impatto parecchio grosso. Non me l’aspettavo: né nella preparazione e né durante le riprese; invece poi ho massaggiato con Paolo e lui mi ha confermato che, questo, è un personaggio che rimarrà nell’immaginario in quanto usa dei codici espressivi che sono particolari, molto penetranti e soprattutto ha il coraggio di dire quello che pensa e forse in questo momento è un buon messaggio.
La Signora Gentile effettivamente non ha mezzi termini
Forse è per questo che ha colpito tanto; perché in mezzo a tanto politically correct e tanta ipocrisia nella società in generale, non solo quella italiana, una donna che possa dire quello che pensa senza peli sulla lingua, colpisce. Da un lato mi rende felice, però un po’ mi fa paura perché questi meme arrivano poi a fare il giro del mondo. Non so come abbiano tradotto dal napoletano il linguaggio un po’ sboccato della signora Gentile però io in realtà il personaggio l’ho inteso non come sboccato fine a se stesso, ma come un voler esprimere una volontà espressiva e di opinione e di personalità, che a volte manca all’essere umano. Se si supera la parolaccia in sé è semplicemente un modulo espressivo del personaggio; che si riscatta, alla fine, recitando i versi della Divina Commedia. È un personaggio articolato per quanto la sua presenza sia breve.
Dopo anni di attesa è tornata finalmente in onda la fiction de “L’amica geniale” con la terza stagione. La storia di Lenù e Lila ha appassionato non solo il pubblico italiano, ma anche quello straniero. Cosa secondo lei funziona di questa serie
Credo che piaccia poiché il modulo narrativo di questa serie, che poi è stata presa da questi romanzi fantastici della Ferrante, è originale pur rappresentando una saga familiare che attraversa 50 anni di storia italiana. Il modulo narrativo è fortissimo poiché la Ferrante racconta in prima persona e provoca un’identificazione del lettore o spettatore nella storia. A me è successo questo, come penso a molte persone. In più, quello che ha impreziosito la serie è la mano di Saverio Costanzo: regista e grande autore con sensazionale sensibilità con tutti gli attori e troupe. Io ho lavorato con altri registi televisivi ,ma nel 99% dei casi erano attenti ai tempi di realizzazione della scena e non alla qualità e all’interpretazione e al valore di quelle scene. Con Saverio c’è stato proprio un processo contrario: in questa serie, in cui la lentezza è protagonista, non c’è la nevrosi dei tempi attuali. Lui è l’elogio della lentezza. Ogni volta che si correva dicendo una battuta, lui diceva ‘’Dovete andare piano’’. Questa è una frase impossibile da sentire da un regista di una serie tv perché, per la realizzazione di un prodotto, quello che conta è il tempo. Si è sempre in ritardo, c’è un’ansia continua. Saverio invece è appassionato del dettaglio, del particolare, della gestione delle emozioni dei personaggi. Per me è stato aria pura da respirare. Ne ho trovati nel mio percorso altri due così: ho avuto la fortuna di incontrare grandi registi che aiutano gli attori, non sono loro nemici. La serie ha la qualità interpretativa e delle immagini, sono più di 30 anni che non si vede una cosa così profondamente dettagliata, costruita in maniera artigianale. Il pubblico di questo aveva bisogno, ma non lo sapeva. Vedendo che c’è un altro modo di fare televisione e cinema, lo apprezza. Non è un modo nuovo, ma un modo che è stato relegato nella cattiva qualità della televisione degli ultimi 30 anni; era sopito il bisogno di vedere cose belle e curate bene nel dettaglio. Penso sia stato questo e poi è cosa rara che la trasposizione di un libro sia così connessa con l’opera letteraria, questo è un dettaglio non da poco. Io ho fatto un altro film nel 2007, tratto dal romanzo famoso ‘’Profumo’’ e, per esempio, i commenti successivi all’uscita del colossal europeo non erano unitari: alcuni trovavano poca adesione o troppa adesione al romanzo, c’è stata questa dicotomia; ma ne L’amica geniale non c’è stata. Tantissima gente che ha letto i romanzi è molto felice e sono contenta, anche se non centro nulla (ride).
Nella fiction lei interpreta la maestra Oliviero. Nelle ultime scene che la vedono presente, ogni volta che il suo personaggio si confronta con Lila, sembra avere un tono decisamente troppo duro nei confronti della ragazza
Molti pensano che la maestra sia delusa da Lila ma in realtà è delusa da sé stessa. Vede la ragazza come un fallimento personale: di un’operatrice culturale, in un momento particolarmente bisognoso di cervelli come quello del dopoguerra, che non è riuscita a cambiare le sorti di Lila. Lo vive con frustrazione personale. È nell’essere umano allontanare il dolore, perché quel dolore quando si ripresenta riapre la ferita e quindi utilizza un modo un po’ rude; ricordiamo che parliamo degli anni 50 dove la finezza dell’espressione non era un tratto identificativo del popolo italiano.
Per realizzare il suo sogno di fare l’attrice ha conseguito il diploma presso l’accademia di Vittorio Gassman e proprio lui, a proposito del teatro, diceva che era “una zona franca della vita, lì si è immortali“. Anche per lei è così?
Sì, la sensazione di eternità c’è durante la rappresentazione teatrale, anche perché i personaggi che interpretiamo vivono e muoiono ogni sera all’aprirsi e chiudersi del sipario. È una reiterazione che dà la sensazione dell’eternità. È un’eternità che si manifesta all’interno di un paio di ore ma che comunque, essendo frutto di una creazione, dà l’idea di immortale. Noi attori non dipingiamo, come un Picasso o un Michelangelo le cui opere possono essere ammirate anche ai nostri giorni; i personaggi nelle opere teatrali si vedono in quelle poche ore dello spettacolo e la loro essenza nasce e muore ogni volta. Gassman era terrorizzato dalla morte, non dalla malattia, non sopportava proprio l’idea della morte e quindi che abbia detto questo non mi stupisce, lui credeva nel teatro e nella possibilità di non morire mai.
Quando si chiede ad un attore cosa preferisce tra il palco e il set, quasi tutti scelgono il primo: è così anche per lei?
No io non la penso così, anche perché per me lavorare su un personaggio televisivo o teatrale è lo stesso. È appassionante vedere come si sviluppa il personaggio in una serie tv o al cinema. Nel teatro il rito avviene e si svolge nelle due ore di spettacolo, davanti al pubblico vivo che risponde con applausi, risate, pianti e ha una visione sempre di insieme della storia. Nel cinema e nella tv, invece, ci sono altre possibilità date al personaggio: basti pensare al piano di ascolto. Questo avviene quando un attore viene inquadrato nel momento in cui guarda o ascolta la battuta di altri, ma non dice nulla. Il piano d’ascolto è affascinante ma funziona solo in televisione, nel teatro questo meccanismo non esiste. Sono due strumenti diversi, ma l’approccio al personaggio è identico. Cambia solo la resa finale ma non in me, non nel mio essere attrice ed intendere il personaggio.
Tra fiction italiane e internazionali, film candidati agli Oscar e colleghi autorevoli come Dustin Hoffman in “Profumo”: qual è il sogno che Dora Romano non ha ancora realizzato?
Ne sono tanti, non è un unico sogno. Sono in un età in cui tutto quello che arriva in questo momento, per me è importante perché è come tirare le somme di 40 anni di vita artistica e sto esplorando un altro ambito che avevo solo sfiorato precedentemente, quello della tv. Un bel sogno sarebbe quello di fare la protagonista in un film di Saverio Costanzo; oppure di lavorare con attrici che amo come Maggie Smith o Judi Dench che sono due donne dalle quali ho preso tanta ispirazione nel modo di affrontare i personaggi. Mi piacerebbe condividere il set con loro.
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