NCD, UDC e il referendum della discordia
NCD e UDC scuotono la maggioranza di governo. Fra le dimissioni di Schifani al Senato e la diatriba interna ai centristi, ritorna lo spettro dei numeri a Palazzo Madama
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L’espressione allineati e coperti discende dall’inquadramento delle truppe militari.
In particolar modo, quando una compagnia si muove inquadrata, l’essere allineati e coperti significa che guardando le righe si vede un sol uomo in quanto gli altri sono perfettamente allineati .
Questo modo di dire, però, nasconde anche altri significati da ritrovare nello stare defilati coprendosi dietro gli altri in modo da non essere notati oppure nel trovarsi, in qualche modo, “sempre nel giusto” (o per meglio dire non dalla parte sbagliata).
Questo “atteggiamento”, che permette di “cadere sempre in piedi”, lo si riscontra, spesso e volentieri, in quelle che sono le dinamiche politiche della nostra “amata” Italia.
Infatti, con la campagna referendaria ormai avviata, è andato in scena l’ennesimo terremoto nella maggioranza renziana che sposta l’ago della bilancia tra le file di Area Popolare (il gruppo formato da Ncd e Udc).
Per quanto riguarda l’Ncd, oltre alle note vicende riguardanti la famiglia Alfano, la novità è rappresentata dalle dimissioni da capogruppo al Senato Renato Schifani.
L’ex Presidente del Senato, che al momento non ha lasciato dichiarazioni sulla sua futura collocazione, al grido “le ho votate per disciplina di partito quando non ero capogruppo. Ma è noto che non era una riforma che mi faceva impazzire” ha, in pieno, giustificato il suo atto.
In pratica, data la questione di fiducia posta sulla riforma, ha appoggiato qualcosa che a lui non piaceva e in cui denotava, già allora, alcune forti lacune.
A questa “sterile” giustificazione, inoltre, ha aggiunto anche l’avversione verso il progetto centrista di Alfano che, a detta del senatore, riduce al minimo il richiamo al centro-destra (cosa che in realtà era già stata fatta da Schifani nel periodo del primo Patto del Nazareno con Enrico Letta).
Nell’ambito dell’Udc, invece, lo scontro che ha portato ad una netta divisione nel partito si basa sulla differente visione del referendum costituzionale.
Al contrario del Ncd, mentre Casini appoggia, apertamente da tempo, il sì, Lorenza Cesa, segretario dei centristi, ha abbracciato la causa del no tentando di coinvolgere tutto l’Udc.
Anche in questo caso, come per quello di Schifani, i dubbi emergono, in maniera molto marcata, nella bagarre di partito.
In primo luogo, le domande che sorgono sono: se più di qualche “neo costituente” non apprezzava (in parte o del tutto) la riforma costituzionale, perché la stessa è stata votata a larga maggioranza? Forse per la questione di fiducia posta sul ddl Boschi?
La diatriba in salsa Dc, inoltre, evidenzia come la totale differenza di visione nei “piccoli” partiti di centro renda, tanto la maggioranza di governo quanto lo spettro partitico italiano, una scheggia impazzita in preda a continui cambiamenti.
Con le due “debacle” di Area Popolare, infine, riemerge anche la questione numerica a Palazzo Madama che, prima o poi, potrebbe costringere il PD a rafforzare l’area di governo, attingendo dagli altri fronti “responsabili” (leggi Ala), e rivedere la composizione dell’esecutivo per un maggiore equilibrio.
Quando si sta al centro, di solito, non si sbaglia mai perché ogni posizione risulta “equidistante” dal pensiero (unico) comune.
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