23 Settembre 2021 - 17:37

Ascesa e caduta della Chinese Super League: anche Cannavaro lascia

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Anche il Guangzhou Evergrande appare sull’orlo del fallimento: la Chinese Super League è il simbolo di un calcio che non funziona

Anche Fabio Cannavaro ha deciso di abbandonare la barca che affonda: il tecnico del Guangzhou Evergrande sta trattando in questi giorni la risoluzione del ricchissimo contratto che o lega al club cinese. La crisi del colosso immobiliare Evergrande, infatti, sta letteralmente gettando nel baratro la società sportiva, ma non solo, unendosi a quell’effetto di disfacimento della Chinese Super League già in atto da circa 2 anni.

Cosa sta succedendo al calcio cinese?

La probabile scomparsa del club più titolato di Cina è solo l’ultimo dei drammatici tasselli che stanno portando al fallimento della Chinese Super League. E se la pandemia ha fornito forse il colpo di grazia all’intero sistema, le fondamenta economiche e sportive sulle quali i campionati rossi si basavano si sono rivelate tutt’altro che solide.

Già lo scorso marzo, Nicholas Gineprini su QuattroTreTre ha racconto con attenzione i motivi dietro la crisi del calcio in Cina.

Dopo campagne faraoniche di calciomercato e investimenti milionari in infrastrutture sportive, la Chinese Super League sembrava affacciarsi come il nuovo Eldorado del calcio mondiale. Tante le stelle europee, più o meno attempate, tentate dall’avventura asiatica e attratte da salari monstre e la prospettiva di diventare pionieri della nuova frontiera del calcio.

Witsel, Oscar, Hulk, Carrasco, Lavezzi, Paulinho: sono solo alcuni dei giocatori approdati in Cina negli ultimi 5 anni.

Investimenti e promesse che però non sono mai state ugualmente supportate da strategie di crescita economica, e soprattutto dalla reale volontà di sostenere oculatamente la crescita sportiva del proprio club di riferimento.

Molte società, infatti, hanno deciso di fiondarsi all’interno del mondo calcistico solo ed esclusivamente per poter associare il proprio marchio ad un club la cui visibilità avrebbe superato i confini nazionali.

Scelte azzardate e concettualmente avventate che lo stesso Gineprini associa allo scoppio della bolla della Chinese Super League, mai realmente pronta a sostenere un’impalcatura di questo tipo.

A contribuire alla fortissima crisi del settore ci hanno pensato anche le cosiddette “cattedrali nel deserto” costruite negli ultimi anni per ospitare gli eventi sportivi. Eventi ai quali la partecipazione si è rivelata minima o quasi del tutto assente, anche per via delle posizioni tutt’altro che strategiche dei nuovi impianti.

E se gli introiti sono apparsi irrisori fin dal principio, rispetto a quanto speso, la legge sui nomi del governo cinese ha sferrato un altro colpo decisivo agli interessi delle grandi aziende nei confronti della Chinese Super League, non potendo più associare il proprio marchio a quello del club.

La fine di Suning ed Evergrande

A testimonianza del fallimento concreto del progetto calcistico cinese, la sparizione già avvenuta del Jiangsu, e quella imminente del Guangzhou, rappresentano i cardini del crollo sportivo e finanziario del calcio rosso.

Da un lato Suning, potenza demolita dalla pandemia Covid, costretta a dissolvere la propria squadra solo pochi mesi dopo la vittoria del campionato; dall’altra Evergrande, il cui imminente crollo preoccupa e non poco le Borse di tutto il mondo, destinata a portare nel baratro con sé il più prestigioso e titolato club cinese.

Due esempi di come il calcio, in Cina e non solo, abbia raggiunto sempre più standard di dipendenza dai colossi sotto la cui proprietà si sviluppano. Colossi i cui interessi viaggiano in direzioni forse più contrarie che parallele rispetto ad una crescita inclusiva, sostenibile e libera delle realtà sportive e sociali che dovrebbero rappresentare e supportare.