Caffèorchidea, e la rivoluzione (con limonata) è servita
Caffèorchidea è la casa editrice fondata, nel 2017, da Alessia Andreozzi e Giuseppe Avigliano
Ma tra un po’ ci torno, promesso.
Già, Caffèorchidea. La letteratura metabolizza rivoluzioni e ospita sognatori.
E allora Caffèorchidea è, parafrasando Marc Augè, anche un “non luogo” che si riempe di suggestioni. Di rimandi. Di pensieri che covano “l’assalto al cielo.”
Diventa, quindi, la pipa del Maigret di Simenon che squarcia i fumi della mistificazione, lasciandosi guidare dall’insolito cane giallo. La “passiata” di Montalbano, quella fino allo scoglio chiatto, che “un pedi levi e l’autro metti”, lo condurrà a decifrare “l’odore della notte.”
CaffèOrchidea, a ben pensarci, è pure l’ippogrifo che porta a cavalcioni lo stralunato Astolfo fin sulla Luna, così come l’ “orobilogio” che permette al Saltatempo di Benni di preannuciare l’arrivo nefasto del progresso.
Prima di tutto, però, la casa editrice CaffèOrchidea vuole essere davvero un Caffè, il Cafè Orquidea per l’appunto, in cui Pereira, da “oscuro direttore della pagina culturale di un modesto giornale del pomeriggio”, tra una limonata e l’altra intervallata dall’immancabile omelette, acquisisce coscienza critica. Un luogo d’incontri, quindi, dove finanche un giovane cameriere può instillare in Pereira il bacillo della ribellione. E il pacioso direttore diverrà, facendosi, suo malgrado, contagiare, il primo a ribellarsi al regime di Salazar.
La letteratura o è rivoluzione o non è.
E come la definireste l’avventura di questi due giovani sognatori che, in un mondo di “tu mi paghi e io ti pubblico anche lo scritto in checcozalon-artetechese“, scommettono unicamente sul talento?
Rivoluzionari, senz’ombra di dubbio. Così, alla stregua della “Primavera Araba” che trova la sua deflagrazione con il sequestro di un carretto da frutta, analogamente il sovvertimento culturale di CaffèOrchidea parte da Eboli, una realtà semplice ma estremamente feconda (si pensi alla meritevole rassegna letteraria “EboliLegge“), e approda, per il secondo anno consecutivo, al Salone Internazionale del Libro di Torino.
“L’intento di CaffèOrchidea, – ci tengono a precisare Giuseppe e Alessia – è quello di pubblicare libri che abbiano l’aspirazione di interpretare il mondo contemporaneo e di provare a cambiarlo con la stessa passione del cameriere del romanzo di Tabucchi”
Avete presente l’aforisma di Théophile Gautier per cui “l’arte è la bellezza, l’invenzione perpetua dei dettagli, la scelta delle parole, la cura attenta nell’esecuzione”? Sì? Ebbene, ecco bell’e estrinsecato il modus operandi della casa editrice.
Basta guardare, toccare, annusare (come si faceva, da piccoli, con l’album delle figurine Panini) un qualsiasi libro edito da CaffèOrchidea, per capire come niente sia lasciato al caso: dal logo (il volto stilizzato di Pereia ispirato al Mastroianni del film “Sostiene Pereira”, regia di Roberto Faenza), alle illustrazioni a cura di Stefano Marra, giovane illustratore per “Il Sole24ore” e di tante riviste pubblicate negli USA e in Giappone; fino ad arrivare alla c.d. “gabbia editoriale” che dalla scelta del carattere all’interlinea, garantisce un’esperienza di lettura confortevole.
“Il piano editoriale prevede poche uscite all’anno – spiegano i due intrepidi editori – e la promozione “lunga” del libro affinchè un titolo non esaurisca il suo respiro nei primi tre mesi dalla sua uscita, ma incontri nuovi lettori in un arco di tempo più lungo”
C’avevo visto giusto. Una casa editrice come CaffèOrchidea che non mira ad affastellare uscite su uscite, che non brucia un titolo nel tempo di un amen perchè c’è un altro libro pronto a sfruttare il ritorno economico della novità, non può che definirsi così, rivoluzionaria.
E i rivoluzionari, si sa, sono guidati da grandi sentimenti d’amore. Magari proprio mentre sorseggiano, nel pomeriggio afoso di Lisbona, una corroborante limonata.
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