Cannes, Palma d’Oro a Ken Loach
A chiusura del Festival del Cinema di Cannes, il regista britannico Ken Loach ha ricevuto la Palma d’Oro per il suo “Ken il Rosso”, film di denuncia dal tono politico e sociale, che narra la storia di un incontro fra un carpentiere senza lavoro e con problemi di salute ed una mamma single disoccupata. Per il resto, serata di grande emozione alla Croisette, con qualche lacrima e più di una standing ovation
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Sessantanovesima edizione del Festival di Cannes che si chiude con la Palma d’Oro a Ken Loach, qualche lacrima e una standing ovation, quella dedicata a Jean Pierre Léaud, l’attore feticcio di François Truffaut ed interprete indimenticabile di Antoine Doinel ne I Quattrocento Colpi, premiato stasera con la Palma alla carriera.
Settantaduenne, Léaud ha dichiarato: “Sono nato a Cannes nel ’59 con Truffaut e il suo film d’esordio, e tutta la vita ho cercato di rispondere al quesito di Bazin, ‘cos’è il cinema’”.
Emozionato come un bambino, Léaud ha quasi rischiato di adombrare il vincitore della Palma d’Oro, quel Ken Loach che è al suo secondo successo dopo il primo, ottenuto dieci anni fa con il film “Il vento che accarezza l’erba”. Perché si sa come sono fatti i francesi, e il binomio Truffaut-Léaud, per loro, è quasi come il nostro Mastroianni-Fellini.
Loach, britannico e ormai quasi ottantenne, ha vinto con “Ken il Rosso“, film di denuncia politica che narra la storia di un incontro fra un carpentiere senza lavoro e con problemi di salute ed una mamma single disoccupata. Il premio glielo ha consegnato Mel Gibson, e subito dopo la consegna della Palma, Loach ha veduto un importante applauso al quale ha replicato: “Restate forti, perché il festival è importante per il futuro del cinema. Ricevere questo premio in questa situazione storica è molto importante. Non dobbiamo dimenticare le storie dei personaggi che hanno ispirato il film. Ci troviamo in un mondo pericoloso dove il neoliberismo rischia di ridurre in miseria migliaia di persone. Il cinema è portatore di tante tradizioni, e fra questa c’è la protesta del popolo contro i potenti. Non solo un altro mondo è possibile ma è necessario“.
Nessun film italiano premiato, anche se tra i giurati vi era la nostra Valeria Golino, che ha descritto il suo impegno a Cannes come “bello ma spossante“, aggiungendo anche di essere rimasta molto colpita dall’abbondanza di personaggi femminili che sulla Croisette hanno avuto un ruolo, sono state premiate oppure tributate di grandi applausi.
“Nei film di questa selezione ci sia stata un’abbondanza di personaggi femminili interessanti e molti titoli che avevano donne per protagoniste. E poi – ha spiegato la Golino – ho visto grandi performance da parti di attrici anche in film che non mi sono piaciuti. Quello che mi ha colpito è stato proprio il fatto che anche nei film in cui non mi sono ritrovata c’era qualcosa di bello, immagini che mi hanno colpito. E’ stata una selezione molto molto interessante che rappresenta il cinema di oggi“.
A tal proposito vale la pena di ricordare i successi di Jaclyn Jose e Houda Benjamina, che hanno vinto rispettivamente come migliore attrice protagonista per Ma’Rosa del filippino Brillante Mendoza e come Miglior Film d’Esordio. La Benjamina, in particolare, ha dichiarato: “Cannes è nostra, delle donne“, dopo aver bloccato la platea per cinque minuti con un lunghissimo applauso che resterà nella storia.
Tra gli altri premi, la Miglior Sceneggiatura è andata a Asgar Farhadi per “Il cliente“, mentre il premio per la Miglior Regia è andato ex-aequo al romeno Murgiu per Bacalaureat e ad Olivier Essay. francese, per Personal Shopper.
Gran Prix de la Jury, infine, a Just à la fin du Monde, film del franco-canadese Xavier Dolan con un cast da urlo: da Marion Cotillard fino a Léa Seydoux, passando per Vincent Cassel.
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