3 Gennaio 2016 - 12:27

Il capodanno fantozziano della RAI

Rai

Il disastroso “L’anno che verrà” dell RAI continua ad alimentare le polemiche nel “bel Paese”. La trasmissione, però, è solamente lo specchio del vero “prodotto culturale” della cara e vecchia televisione

[ads1] Sono ormai passati tre giorni, ma la polemica sulla trasmissione L’anno che verrà, andata in onda su RAI 1 a cavallo fra il vecchio ed il nuovo anno, non tende a placarsi.

Fra gli attacchi dell’Osservatore Romano (con relativa risposta piccata del consigliere Freccero) e l’indagine interna voluta dal nuovo “leader maximo” Campo dall’Orto (in base alla nuova riforma Rai varata dal governo) ciò che emerge è, però, il vero problema della televisione italiana individuabile nella qualità del “prodotto” proposto.

Il capodanno fantozziano della RAI

La trasmissione di Capodanno della RAI

Più che la trasmissione in sè, ciò che è balzato agli occhi della popolazione italica (almeno fra i più attenti alla trasmissione) è il “livello culturale” (che, ahimè, ben si sposa con le attività della futura capitale europea della cultura) della programmazione Rai da diversi anni a questa parte.

L’anno che verrà, da questo punto di vista, può essere preso da esempio (purtroppo non ultimo) per capire quale sia il vero progetto della televisione di Stato.

Nell’evento di San Silvestro è possibile suddividere l’offerta in due ambiti che mostrano tale fattore.

Il primo ambito è quello musicale: da questo punto di vista le scelte si sono rivelate affrettate e non del tutto soddisfacenti l’ondata di persone che ha affollato la piazza materana (formata per lo più da ragazzi provenienti da ogni angolo della Basilicata e delle regioni limitrofe).

Infatti, tenendo nettamente distinte le capacità musicali e di intrattenimento dei singoli (vedi Venditti e Arbore), la scelta degli artisti è sembrata fondata sul principio di “mettere insieme qualcosa” pur di affrontare la serata.

Vecchie glorie e artisti ormai messi ai margini dello “show” nostrano hanno messo in scena una “performance generale” degna del più celebre capodanno di fantozziana memoria e in linea con il classico sentimento di “tarallucci e vino” per cercare di incitare la piazza.

Dal punto di vista dell’intrattenimento, invece, il dato è anche peggiore.

A partire dalla conduzione (affidata ad un inopportuno Amadeus e a Rocco Papaleo, divenuto casualmente “unicum” nello spettro degli artisti lucani dopo l’avvicinamento all’Eni) e continuando con i siparietti proposti, L’anno che verrà ha mostrato quale tipo di “cultura” si intende portare avanti.

Gag scontate, cabaret di “ultima scelta” e riedizione dei programmi di bassa leva proposti dalle stesse reti Rai (leggi “Tale e quale show” e simili) rappresentano il vero punto di arrivo, e di fine, della tv italiana.

Lo spettacolo di capodanno, quindi, può essere considerato solamente la punta dell’iceberg del vecchio “tubo catodico” nostrano e la nuova riforma Rai (che mette al centro della televisione di Stato un “super AD” con ampi poteri e totalmente soggetto alla politica, in quanto nominato dirattemente dal governo) non promette nulla di buono per il futuro.

Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l’intero paese, che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. (Pier Paolo Pasolini)

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