Cattive Acque, la recensione del nuovo film con Mark Ruffalo
Cattive Acque (Dark Waters) è un film del 2019 (distribuito in Italia a partire dal 20 febbraio 2020) diretto da Todd Haynes, con Mark Ruffalo e Anne Hathaway protagonisti. Il film è tratto dall’articolo pubblicato sul New York Times: “The Lawyer Who Became DuPont’s Worst Nightmare”
Solitamente la locuzione cattive acque viene utilizzata per esprimere qualcosa che non va. Ma nel caso del film Cattive Acque (titolo originale, per l’appunto, Dark Waters) il detto si intende in senso letterale. Cattive Acque, diretto da Todd Haynes, infatti parla di uno scandalo di inquinamento idrico di Parkersburg.
Una storia vera che si propaga dal passato al presente
Una storia che parte dal 1998 e si propaga fino ai giorni nostri.
Il film infatti è tratto dall’articolo del 2016 pubblicato sul New York Times Magazine e intitolato “The Lawyer Who Became DuPont’s Worst Nightmare” che porta alla luce l’illegale smaltimento di rifiuti chimici da parte dell’azienda DuPont.
Mark Ruffalo è Robert Bilot, avvocato societario specializzatosi nella difesa di aziende chimiche, a cui verrà sottoposta l’attenzione su una particolare situazione di un agricoltore di Parkersburg, West Virginia.
Qui Wilbur Tennant, modesto agricoltore all’antica, vede morire continuamente i propri raccolti e i propri animali da bestiame, notando anomalie nei corpi defunti delle proprie mucche. Bilott scoprirà che la causa di queste morti è l’uso improprio dei corsi d’acqua che la DuPont utilizza per smaltire il proprio acido (un composto di otto atomi di Carbonio, detto appunto C8).
Una lezione di chimica chiara e spaventosa
Le conseguenze raggiungeranno il limite del catastrofico, mettendo a rischio la salute di tantissime persone, senza dimenticare la scioccante rivelazione dataci dalla didascalia nei titoli di testa che ci comunica che il 99% degli esseri umani possiede una piccola parte di C8 nel proprio organismo.
Una storia sofferta, altamente sensibile e che richiama nella mente dello spettatore il rispetto dell’ambiente. Una tematica fortemente attuale se pensiamo ai fenomeni di surriscaldamento globale che continuamente vediamo nei notiziari. Cattive acque è un film che non si risparmia nulla, dalla costruzione dei suoi personaggi all’allestimento scenografico degli anni che scorrono.
Perché quella di Bilott contro la DuPont è una causa tutt’altro che semplice. Anni e anni di battaglia che, ancora una volta la didascalia finale ci terrorizza, continua ancora oggi. Questo nonostante Bilott abbia manifestato una malattia neurodegenerativa quale il Parkinson. Ad affiancarlo una semplice quanto funzionale Anne Hathaway, in quello che è un matrimonio sofferto che li porterà a realizzare una famiglia con 3 figli maschi, la cui salvaguardia dipende dalla lotta contro la DuPont.
Un film senza troppa tecnica, ma con discreti dettagli apprezzabili
Todd Haynes abbandona qualsiasi virtuosismo registico (anche se in alcuni tratti assistiamo a riprese di enorme suggestione) ma realizza con parsimonia qualsiasi tipo di sfondo.
Ci accompagna in diversi decenni (vediamo infatti gli anni ’90, il primo e il secondo decennio del duemila) tutti rappresentati al meglio tra scenografie, costumi e colori.
Cattive Acque è un film che si incentra sulla storia vera, romanzando pressappoco nulla e raccontando una storia che tutti dovrebbero conoscere. Viene denunciato, con astuzia e bilanciamento, il sistema aziendale, evidenziando come chi ha potere e denaro sia altamente pericoloso. Allo stesso tempo anche la ricerca scientifica viene “condannata”, il composto nasce infatti come “progresso bio-chimico” ma finisce per diventare un veleno a tratti letale.
Nelle parole finali del personaggio interpretato da Mark Ruffalo abbiamo la più grande e triste verità: “Nessuno può proteggerci. Né il governo, né il sistema, né le aziende. Possiamo solo proteggerci da soli”.
Un film toccante e a tratti disturbante che porta alla luce un grande scandalo ambientale, accompagnandoci con lentezza dinanzi a una giustizia che tarda ad arrivare, proprio come nella vita vera.
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