1 Febbraio 2016 - 18:31

Creed: Nato per Combattere – Analisi e Curiosità

Rocky

Alzino la mano tutti quelli che hanno detto: “BASTA” alla notizia che Stallone avrebbe girato il settimo capitolo della saga del pugile italoamericano Rocky Balboa. Invece Sly, con “Creed: nato per combattere”, è riuscito a dimostrare che anche le trame più trite e sfruttate della storia del cinema possano ancora fornire spunti di sviluppo interessanti e nuovi capitoli

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NARRAZIONE

[dropcap]A[/dropcap]donis Johnson è ragazzo sfortunato: un giovane di colore che non ha mai conosciuto suo padre, e che adesso passa da un riformatorio all’altro facendo a botte con i compagni. Sua madre è morta e non ha nessuno che badi a lui. Un giorno, però, nell’istituto minorile dove il giovane è trattenuto, si presenta una donna che i fans di Rocky non faticheranno a riconoscere: è la moglie dell’unico avversario nonché amico di Balboa, quell’Apollo Creed che per anni ha duettato con lo Stallone Italiano a colpi di guantoni sui ring di mezzo mondo. La donna racconterà ad Adonis un grande segreto, un segreto che porterà Donnie a scoprire la grande passione per la boxe e ad incrociare il nome di Rocky, un uomo che, dopo il successo, è finito in un dimenticatoio nel quale gestisce, da vedovo, un ristorante a carico. La trama forse è di quelle già viste, ma tutte le storie su pugili più o meno famosi, da Cinderella Man a Toro Scatenato, richiedono che il regista racconti la storia seguendo la nascita, l’evoluzione e la consacrazione del boxeur. Ciò che cambia è il modo in cui si narrano le emozioni, e Stallone, nonostante “Creed” sia il settimo capitolo della saga di Balboa (il sesto diretto da lui), ci riesce, mostrando la sua capacità di distanziarsi dai noiosi, commerciali, e forse mal riusciti, capitoli cinque e sei.

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FOTOGRAFIA[dropcap]Q[/dropcap]uella di Rocky è una saga drammatica, carica di pathos. E non potrebbe essere altrimenti, visto che la storia narra l’epopea di un pugile povero che non riesce a sfondare, e che all’improvviso ha l’occasione di una vita di affrontare il campione del mondo dei pesi massimi Apollo Creed, che lo sfida per accrescere la sua popolarità nell’anno del bicentenario degli Stati Uniti. Dal primo al quinto episodio, però, la parte sportiva è di contorno, e per quanto i primi episodi di Rocky siano ben fatti ed abbiano meritato ogni premio, il gioco dei pugili sembra quasi sempre ad un gioco al massacro, nel quale i boxeur poco si difendono, e puntano più che altro a smontare l’avversario. In Creed la cosa cambia, e sul ring, finalmente, la parte sportiva prevale su quella drammatica, tranne che nell’ultimo round dell’ultimo incontro del film. Stallone lo aveva già capito a partire dal capitolo cinque, con la differenza che nei due film precedenti, la tentazione dell’attore di origini italiane di rimettersi i guantoni a sessant’anni e combattere (rischiando di vincere!) con i ventenni, aveva reso i film ridicoli. E infatti, quando Sly assume il ruolo dell’allenatore (santa pace!) il film riesce.

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Regia[dropcap]T[/dropcap]radizionalmente, la saga di Rocky racconta l’epopea di un pugile, ma da sempre nei film del pugile italoamericano, vi sono protagonisti non vivi: le palestre, la mitica scalinata di Philadelphia con la statua del pugile, la vecchia casa di Rocky con tutti i cimeli e i ricordi di una vita, il cimitero dove giacciono Paulie, Adrian e Mickey. Bravo Stallone a non dimenticarlo in Creed, e infatti, la carrellata di quelli che sono stati i protagonisti della trama accanto a Rocky è un incontro piacevole. Non manca, come sempre, l’avversità, che qui si presenta con una triste scoperta della vita di Rocky che richiederà la presenza e il calore di Adonis per poterla fronteggiare. Rocky è solo e rispettato, ma senza amici. Per Donnie è lo stesso. Due solitudini, però, riescono a fare una compagnia.

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Colonna-Sonora

[dropcap]S[/dropcap]uggestiva. La musica è ben scelta, ed è forte nei momenti di massima tensione. E poi c’è la famosa theme di Rocky, compagna immancabile di tutti gli episodi della saga. Non ci sono i Survivor con “The Eye of The Tiger”, e forse c’è un po’ troppa musica afro, rap e R&B, ma nel complesso il sound è da promuovere.

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Curiosità

[dropcap]I[/dropcap]l film ha vinto il Golden Globe ed è uscito nelle sale per volontà di un amico regista di Stallone, Ryan Cogler. Cogler voleva riportare Rocky sugli schermi a dieci anni dall’ultimo capitolo e voleva appassionare i giovani adolescenti che i primi Rocky non li hanno visti o ne hanno solo sentito nominare. Tecnicamente è uno spin-off della saga, ma è tra i più riusciti. Al momento parrebbe che Stallone, rimasto soddisfatto dal primo capitolo, voglia girare subito Creed 2, ma le voci sono ancora provvisorie.

Un invecchiato Rocky Balboa in Creed

Un invecchiato Rocky Balboa in Creed

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