Elezioni 2018 e larghe intese. Ad una settimana dal voto il forte ritorno delle larghe intese fra i principali protagonisti
A meno di una settimana, le
Elezioni 2018 del
4 marzo hanno messo in chiara luce le strategie dei principali schieramenti per affrontare il post voto. Fra numeri insufficienti, dettati da una
legge elettorale a dir poco sui generis, e governabilità in bilico, il
centro-destra ed il
centro-sinistra hanno ufficialmente aperto la nuova sfida alle
larghe intese. Infatti, da qualche giorno a questa parte, tanto nello schieramento guidato (
spiritualmente, data l’impossibilità di candidarsi) da
Berlusconi quanto in quello di
Renzi aumentano le voci su una possibile convergenza in caso di sostanziale
non vittoria.
Bonino e
Lorinzin da un lato – dopo
Minitti,
Prodi e lo stesso
Renzi, anche se velatamente – e direttamente il
Cavaliere dall’altro hanno rilanciato, quasi a mo di sfida, l’idea di
responsabilità ancor prima dell’esito della
tornata elettorale. Questa situazione, paradossale di per sè, sembra però avere già un esito scontato e molto dipenderà dalle percentuali prese dai singoli gruppi.
In pratica, considerando solamente la
vittoria mutilata del
centro-destra (dato, in base agli utlimi sondaggi, al
37%), ciò che sembra prendere forma – in base alle dichiarazioni dei citati protagonisti – è un piano per dare una continuità a quanto fatto negli ultimi 6 anni (comprendendo anche il periodo
Monti). Difatti, qualora gli azzurri ed i suoi alleati dovessero prevalere senza però avere i numeri, ciò che si prospetta è un ulteriore accordo tra le due grandi forze facendo leva sulle singole intenzioni di voto.
Forza Italia, sganciandosi totalmente da
Lega e
Fdi, potrebbe facilmente richiedere la
Presidenza del Consiglio – in quanto vincitore – ma sembrerebbe poter accettare anche il
moderato Gentiloni in segno di maggiore apertura. Ciò, che includerebbe un mega accordo sui
ministeri di prestigio, non solo toglierebbe dall’imbarazzo
FI di fronte all’
Europa – a cui ha garantito una stabilità ed un maggiore europeismo nonostante la
Lega – ma le consentirebbe di
gestire il tutto
sporcandosi le mani quanto basta. Dall’altro lato, invece, si continuerebbe a far leva sul prestigio attribuito ad un nome – l’unico a dire la verità – più volte chiamato in causa dal
Pd (
Gentiloni, per l’appunto) che da un lato proteggerebbe politicamente
Renzi, che rimarrebbe alla guida del partito (seppur indebolito), e dall’altro accontenterebbe gli alleati grazie al coinvolgimento nell’
azione di Governo.