Eros e Psiche, quando il mito è psicologia
La scelta di un mito per una rubrica che aspira alle forti tinte della psicologia è quanto mai doverosa, perché da sempre mito e leggenda solo l’impianto di una realtà fondamentale umana comune a tutti. Eros e Psiche è anche la favola più adatta a prestare il titolo a questa rubrica, con tutto ciò che ci evoca alla mente
[ads1] Il mito di Eros e Psiche è introdotto dalla classica fanciulla di bellezza quasi divina segnata da un fato difficilmente interpretabile, quasi un destino imposto da quella che è una circostanza letta attraverso una chiave di lettura trans generazionale, ereditata cioè da schemi tramandati in una storia familiare che si perde nelle origini. Di lei, al momento, solo un guscio vuoto che già sarebbe aperta alla vita – una bellezza perfetta – e che cerca risposta alla sua sterilità in quella che in effetti ne può essere la causa: la confusione della sua identità, ancora indefinita perché sottomessa all’autorità familiare, con quella della storia del suo clan. Di qui l’interpretazione di un oracolo, che è il messaggio criptico solo in minima parte di un’autorità quasi trascendentale, religiosa, perché è solo un feticcio che sarà interpretato liberamente con gli schemi della società nelle strettoie di un giusto da fare tutto di famiglia.
Quello che è vissuto da tutti come un terribile sacrificio – noi lo intendiamo immolazione – diventa un vero e proprio sacrificio, nel compimento dell’etimologia della parola: un fare sacro, un’offerta al divino che accetta. La liberazione della ragazza dai vincoli parentali, vissuta da questi come un dramma e da lei che si affaccia allo sconosciuto con il giusto timore, è il primo svincolo della sua vita. Psiche continua a non essere artefice della sua vita ma questa cambia.
E cambia anche Psiche che assume la sua libertà con la naturalezza che le consente una situazione (apparentemente) idilliaca e perciò fortemente ambigua: comincia a vivere la novità.
Ancora non ha una cognizione razionale della sua situazione ma tutte le esperienze, emotive e sensoriali, la pongono in un momento di ragionevole tranquillità, tale che decide di far parte della sua gioia i suoi familiari. I suoi vincoli sono ancora forti sebbene abbia già instaurato un primo vincolo, quasi pulsionale, con la sua nuova condizione.
L’incontro con la famiglia è motivo di ovvia gioia e occasione di terribili tentazioni: le sorelle, che di per sé non avrebbero motivo per invidiare Psiche (non sono le classiche zitelle da favola a cui è negato il compimento di cui la fortunata sorella), intelaiano una serie di sospetti e congetture – che possiamo anche immaginare come sorretti da un sincero e spassionato interesse al bene della ragazza – che pongono Psiche in una situazione di sfiducia verso il consorte.
Non le trasmettono quella giusta cautela o prudenza di cui era stata sprovvista ma la pongono in una posizione di antagonismo verso l’altro intero della metà della coppia.
La ricerca di Psiche, a questo punto, non sarà libera dal negativo emotivo del sospetto.
La fanciulla, dunque, eccitata dalle sorelle cerca di razionalizzare il sogno che sta vivendo: osservare lo sposo sfuggente al lume della ragione è quasi espressione di una ricerca empirica. Purtroppo, tanto strettamente razionale e tanto finalizzata al puro appagamento di un dubbio da dirimere piuttosto che di una verità da ricercare, da perdersi nella contemplazione: lo sguardo avido della ragione, sorretto dal solo intento di proprio appagamento, scotterà il sogno facendolo volatizzare.
Questo è il secondo punto di svolta nella vita della giovane: adesso è appesantita dalla responsabilità della consapevolezza ed è per la prima volta abbastanza libera da poter scegliere e affrontare le conseguenze di ciò che ha scelto. La vendetta, l’uccisione non cruenta delle sorelle è solo un modo per dire che muore quell’attaccamento sterile alle origini che, spesso, rischia di alimentarsi del nuovo, facendolo seccare; con atto di volontà e lucida pianificazione, Psiche prende pieno possesso della sua vita e lascia morire ogni forma di ingerenza che le sorelle fino ad allora potevano avere su di lei. La figura della loro morte è tanto forte quanto il suo significato: implica un’indifferenza che non contempla una chiusura a priori ma la semplice libertà di valutare, soppesare, giudicare.
Le toccherà, a questo punto, la peregrinazione, in solitudine, a ricercare ciò che ha perso. Nel suo peregrinare non troverà alcun aiuto.
Come insegnano i romanzi di formazione, questo percorso non sarà privo di ostacoli: dalle prove si evince la crescente autoconsapevolezza di questa donna, con particolare attenzione a quella capacità critica che fino ad allora non aveva avuto. Innanzitutto dovrà sceverare i pensieri, porre in ordine la sua interiorità; pensiamo poi all’intelligenza dell’ambiente e delle circostanze che assume e che dimostra quando dovrà raccogliere la lana d’oro: le canne che le consigliano come farlo rappresentano l’analicità con cui ha saputo leggere nella circostanza le variabili da sfruttare a suo favore.
Il soccorso di Giove è da leggere in giustapposizione all’aiuto negato durante la sua peregrinazione: il divino non può servire finchè non ce ne sappiamo servire, finchè non si sviluppano quelle capacità strumentali al buon utilizzo di quel soccorso.
Eppure, come nella vita, un passo falso è possibile: forse un piccolo difetto (vanità), forse una leggerezza oppure una qualsiasi altra circostanza avverano il temuto fallimento. Per assurdo, solo il fallimento diventa suggello a compimento della totale armonizzazione dell’io con sè stesso, con il suo contesto e le sue relazioni che sono finalmente libere dalle catene dei suoi stessi limiti.
Non solo. Questo è anche il momento in cui si può volare e finalmente, come figurato dall’eternizzazione della fanciulla, l’armonizzazione del sè raggiunge il sacrario della propria intimità e il punto di vero della propria storia trans generazionale.
Insomma, il mito di Eros e Psiche è il più adatto a questa rubrica che vuole parlare di relazioni, ponendo al centro la figura di donna: relazioni con sé stesse, relazioni con l’altro (che può essere il compagno, l’amica, il parente), relazione con la società.
Diciamocelo: in questo mito c’è anche la suocera, così possiamo andare larghi nell’utilizzo di un consumato stereotipo.
N.B. L’analisi del mito come qui impostata non vuole avere carattere di scientificità ed è strumentale alla comprensione dei motivi che hanno portato alla scelta di questo mito per titolare i contenuti della rubrica.[ads2]
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