Fargo 2, seconda stagione – L’inizio
Fargo 2. “Sei la scritta sulla carta delle gomme da masticare!”, e così la sua ombra diventa il viaggio verso un riscatto sociale nel Minnesota del 1979
[ads1]Rye Gerhardt (Kieran Culkin), personaggio che rimanda, per quel suo sorriso svuotato di senso e quel corpo magro predisposto agli spostamenti improvvisi, a Steve Buscemi in Fargo, il film dei fratelli Coen. Fargo 2 si apre con un umorismo, anche storico-politico, tracciando il linguaggio filmico come un percorso trasversale tra il mondo reale e la ricostruzione: film nel film, guardare la Serie Tv trasmessa su Sky Atlantic non è solo seguire la trama, ma significa captare la dimensione umana, e storica, dentro le immagini e nei dialoghi, “romanzo” di un archetipo (Fargo), allegoria di un mondo che si ripete in maniera circolare.
In piena crisi economica, e di sistema, la famiglia Gerhardt, che trae origine nella Repubblica di Weimar, trova terreno “fertile” a Fargo, dove poter coltivare e tramandare un’economia imperialista, chiusa e dedita agli interessi propri. Gli eredi di Otto Gerhardt però, non sono a sua immagine e somiglianza, tranne uno (Dodd), che assume subito un ruolo di dominio rispetto agli altri, sempre meno interessati o adeguati alla sopravvivenza del sistema.
La crisi della famiglia pone davanti ad un bivio: vender(si)e tutto alla mafia del Kansas City o continuare a lottare? Colto da ictus, Otto non avrà la possibilità di condurre la sua famiglia verso la salvezza, lasciando le redini dell’economia fallimentare alla moglie e al figlio Dodd (Jeffrey Donovan); tra i due scaturiscono conflitti interni, che prenderanno strade diverse per rispondere allo stesso problema.
Tornando al personaggio cardine dell’inizio di Fargo 2, sfioriamo e poi subentriamo in altre micro realtà, tanto intime quanto pubbliche, in cui poliziotti e donne sotto cura, vivono una zona del Minnesota con una rassegnata accettazione di un reale impercettibile, insensibile, cinico e solitario. Alla ricerca di un riscatto sociale, la moglie dell’agente Lou Solverson (Patrick Wilson) si esprime meglio al di fuori delle mura domestiche, così come Peggy Blumquist (Kirsten Dunst), che “rinuncia” alla sessualità e, incapace di moderare il suo ego, indossa il rosso di Martin Freeman nella prima stagione, stabilendo un contatto indiretto, eppure funzionale, tra Fargo inteso come male universale e l’individualità che si corrompe.
Fargo, seconda stagione, accentua il tono freddo e distaccato, ereditato dal linguaggio dei fratelli Coen, padri della tematica ampiamente articolata nella Serie Tv, di cui sono i produttori. L’entrata in scena dei personaggi è cadenzata con un ritmo country, che si allontana dal trionfalismo musicale della colonna sonora della prima stagione. Immagini frammentarie, che si legano tra loro, portando man mano il contenuto verso la sua formalizzazione.
“Sei la scritta sulla carta delle gomme da masticare!”: così è definito Rye Gerhardt dal fratello dominante, che invece vorrebbe dimostrare qualcosa in più, come assumere il comando della distribuzione delle nuove macchine da scrivere. Quest’espressione è un po’ come l’eterna lagna della moglie di Lester Nygaard, di fronte alle incapacità economiche del marito associate al rumore quotidiano di una lavatrice da buttare. Queste persone, ritenute mediocri e marginali, assumono un atteggiamento di rivalsa nei confronti dell’altro, fino a diventare artefici di un destino che non gli appartiene, o che non sanno di avere.
Lester incontra Malvo che gli provoca il germe della vendetta che si porta dentro; Rye incontra un giudice per convincerla a sbloccare i vincoli sul suo denaro e compie una strage uccidendo tre persone. Nel tentativo di fuga, però, l’assassino rimane ucciso dal tamponamento con un’automobile, guidata dall’ansiosa Betty. Forme di mediocrità s’incontrano per destabilizzare un meccanismo inconscio. Betty continua a guidare, imperterrita, fino a casa con la vittima sul parabrezza, parcheggia nel garage e compie i suoi rituali gesti quotidiani in attesa dell’arrivo del suo compagno Ed (Jesse Plemons).
Quest’ultimo scopre l’uomo, ancora vivo e, sparandogli, lo uccide. Tra la coppia nasce questo patto “criminale”, incapaci di seguire le logiche civili, procedono con una logica interna: si liberano del corpo, macinandolo in un tritacarne, citando anche la famosa scena in Fargo, in cui Steve Buscemi viene trasformato in piccole parti da una tranciatrice. In questo modo, i due personaggi, emblema della stupidità, si avvicinano maggiormente.
Il distacco emotivo della polizia, di fronte ad un altro massacro nel Minnesota, testimonia la disumanizzazione e la desertificazione, quando i traumi della seconda guerra mondiale e le spietate politiche internazionali (è spesso presente Reagan in manifesti o immagini di repertorio), sono i semi di un sistema che si fonda sulla prepotenza e sul dominio, causando la perdita della stabilità, oscillando tra un eccesso ed un altro.
Un inizio, questo di Fargo 2, che presenta i nuovi personaggi e ci pone di fronte al quesito: perché il male deriva dalla stupidità? Forse, nel complesso, è anche intrinseco la Banalità del Male di Hannah Arendt. [ads2]
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