7 Maggio 2017 - 16:39

Feud, la serie capolavoro di Murphy tra luci e tenebre di Hollywood

Feud

Cala il sipario sulla prima stagione di Feud, serie di punta di Ryan Murphy sulla storica rivalità fra le stelle del cinema Bette Davis e Joan Crawford

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“You Mean All This Time We Could Have Been Friends?”

Scena finale tratta da “Che fine ha fatto Baby Jane?” (1962)

L’ultimo lavoro del camaleontico Ryan Murphy è di certo, a conti fatti, una delle serie dell’anno. Cura maniacale del particolare, indagine storica della Hollywood del boom economico, la lente di ingrandimento sul passaggio dal cinema muto ai primi grandi colossal. Non manca praticamente nulla e Jessica Lange e Susan Sarandon sono tutto ciò che di bello possa entrare in una serie TV.

Il titolo dell’episodio finale di Feud corrisponde alla celeberrima battuta pronunciata da Jane Hudson, protagonista del thriller psicologico di Robert AldrichChe fine ha fatto Baby Jane?, sulla spiaggia, all’indirizzo della sorella Blanche, e costituisce il primo filone narrativo di Feud: Bette and Joan, ovvero la collaborazione sul set.

Riflettori destinati a spegnersi

Scena tratta dal film “Piano… piano, dolce Carlotta” (1964)

Gli ultimi quattro degli otto episodi della serie si incentrano sulla narrazione delle parabole professionali ormai discendenti di Bette e Joan, considerate “troppo mature” per un cinema che ha ormai altre esigenze. Nulla è rimasto del fascino delle due leggende della Golden Age di Hollywood. Le riprese vanno oltre il classico di Aldrich del 1962, mettendo in scena altri capitoli famosissimi della faida Davis-Crawford: dalla famigerata notte degli Oscar dell’8 aprile 1963, vero e proprio fiore all’occhiello della serie, sino alla travagliata lavorazione di “Piano… piano, dolce Carlotta“, l’altro horror al femminile di Aldrich che avrebbe dovuto riunire Bette e Joan ancora una volta insieme sul grande schermo, ma che avrebbe segnato invece la definitiva rottura del loro rapporto e della carriera della Crawford.

“And the winner is…”

L’ ispiratissimo Ryan Murphy nello scritturare la serie , e puntando specialmente sull’elemento della “faida” pressoché inevitabile, avrà di certo pensato, probabilmente sin dal primo momento, agli Oscar del ’63. Il quinto episodio, che con buona probabilità è il migliore della serie, è una puntata dedicata interamente all’edizione degli Academy che vide la Davis alla sua decima e ultima candidatura come miglior attrice grazie a “Che fine ha fatto Baby Jane?“.

La Crawford è la grande esclusa dalla cinquina che, tuttavia, non si rassegna a restarsene relegata al semplice ruolo di spettatrice. Si assiste alle strategie ordite dalla Crawford assieme alla maliziosa cronista Hedda Hopper (interpretata da una perfetta Judy Davis), al cammeo di Sarah Paulson nei panni dell’attrice Geraldine Page sino ad arrivare alla cerimonia degli Oscar, con Joan pronta a rubare la scena alla collega salendo sul palco per ritirare la statuetta per conto di Anne Bancroft, al cospetto di una Bette Davis pietrificata.

La perfetta e maniacale ricostruzione della serata degli Academy Award, tra la serrata alternanza degli annunci dei vincitori e la suspense crescente

nel backstage, fino al lungo e magistrale piano sequenza di Ryan Murphy che segue la Crawford dalla consegna dell’Oscar per la miglior regia a David Lean fino al momento clou del premio per la Miglior Attrice.

Sono venti minuti di una cerimonia di premiazione costruita come un thriller psicologico, dove la celebrazione delle varie star hollywoodiana che man mano si susseguono sul palco del Civico di Santa Monica Auditorium si unisce alla rappresentazione del suo “lato dark” dei meccanismi logoranti che costringono le più grandi star a fare i conti con lo scorrere del tempo.

Il declino – Di nuovo una magistrale Jessica Lange

Una volta concluso il tormentato capitolo del clamoroso successo di Che fine ha fatto Baby Jane?, entrambe le attrici devono riprendere a fare i conti con l’età che avanza, con un’industria cinematografica che spinge la Crawford verso pellicole di serie B dubbio gusto e la Davis ad accettare qualunque proposta le venga offerta e a dare costantemente risalto al personaggio di “Baby Jane” in televisione.

In questa visione si nota l’ago della bilancia decisamente a favore della Crawford. La sua “reale” vulnerabilità, tipica di molte star, la consapevolezza di possedere un talento inferiore a quello della Davis, le sue umili origini, la sua tormentata infanzia e la necessità di mantenere quanto più possibile il controllo su una bellezza ormai passata, sono gli elementi su cui Ryan Murphy ha voluto fortemente mettere la lente di ingrandimento.

Ovviamente nulla sarebbe stato possibile se non ci fosse stata una sempre perfetta Jessica Lange, lucida nel restituire la precisa ed attenta iconografia del personaggio. La Lange regala per l’ennesima volta una performance da standing ovation. Sarà di certo, e meritatamente,  in lizza per i prossimi Emmy.

Abandoned!

“Come ci si sentiva a essere la ragazza più bella del mondo?”
“Era meraviglioso… e non era mai abbastanza.”
“Come ci si sentiva a essere la ragazza più talentuosa del mondo?”
“Era meraviglioso… e non era mai abbastanza.”

La faida si riduce in uno scontro fra due donne: lasciando le vesti delle dive hollywoodiane, Joan Crawford e Bette Davies sono troppo simili per non riconoscere i propri punti deboli, le proprie paure l’una nell’altra . Le nevrosi della Crawford trovano, dall’altro lato, il brutale cinismo della Davis.

L’ultimo episodio si apre alcuni anni dopo il disastro sul set di “Piano… piano, dolce Carlotta“, e segna la pagina più malinconica della serie rievocando l’ultimo decennio nella vita di Joan Crawford: la fine ingloriosa di una straordinaria carriera, una decadenza fisica e mentale che culminerà in una toccante e profonda scena onirica, con la riappacificazione fra le due dive, sedute allo stesso tavolo, memore entrambe dei “good old times“.

E se il commento di  Bette Davis ha il sapore di commiato impietoso: “Non si dovrebbe mai parlar male dei morti, ma dire solo del bene. Joan Crawford è morta. Bene“,  lo sguardo della Davis lascia trapelare anche altro: la fine di un’epoca. Questa è sancita definitivamente durante “Memoriam

degli Oscar, dove alla Crawford sono stati dedicati poco più di una manciata di secondi . È l’immagine dell’abisso, nel quale è crollata prima Joan, seguita da Bette.

I riflettori sul male di Hollywood

Feud diviene così la serie che espone il mondo hollywoodiano, dove dietro i soldi, i vestiti di lustrini e le statuette degli Academy, si nasconde una concreta oscurità. Bette e Joan sono le ultime vittime di schemi maschilisti volti a dare alla donna una data di scadenza, un momento ben preciso in cui il suo corpo cessa di essere oggetto di desideri, così da diventare uno scarto, un relitto cinematografico. Per loro le tende del sipario non si apriranno più.

Il marcio del sistema di cui sono prigioniere è sottolineato ogni episodio. Produttori (vedi Jack Warner interpretato dall’esperto Stanley Tucci), registi (vedi lo stesso Aldrich) e giornalisti (la spietata Hopper) sono schiavi di un mondo meschino in cui la lotta per la sopravvivenza, di darwiniana memoria, è rappresentata da una regressione umana. Nessun valore e principio positivo: non esiste pietà, dignità, generosità, integrità. Le due protagoniste sono vittime del proprio dolore, ma soprattutto di un mondo empio e  vizioso in cui sono rinchiuse e in cui non esiste una via d’uscita.

Susan Sarandon o Jessica Lange?

Susan Sarandon e Jessica Lange sul set di Feud

Le due attrici che hanno prestato volto, voce e anima sono tra le migliori della New Hollywood. Ma per quanto Susan Sarandon ci regali un’interpretazione magistrale della Davis, arrivando anche ad imitare alla perfezione la mimica facciale dell’attrice, Feud si concentra maggiormente sulla storia di Joan Crawford. Jessica Lange è la protagonista assoluta di tutti gli otto episodi e ciò è dovuto alla complessità di Joan. L’orgoglio della Crawford e il suo costante bisogno di attenzione sono il riflesso di un’orribile solitudine. Per questo motivo non esiste “un lieto fine” e ciò che ci resta è nostalgico e triste amaro in bocca. 

Ryan Murphy, Jessica Lange e Susan Sarandon hanno dato vita ad un vero e proprio capolavoro. Qualcosa che non avevamo ancora visto sul “piccolo schermo“. Feud è una delle serie dell’anno. 

 

 

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