Game of Thrones 8×05, disagio e imbarazzo tra le ceneri di Approdo del Re [SPOILER ALERT]
Doveva essere la battaglia più attesa di Game of Thrones. Ma ad Approdo del Re (e non solo) qualcosa non è andato come doveva…
Once upon a time in Westeros una serie TV dal nome “Game of Thrones” che, in breve tempo, aveva radunato milioni di fan in tutto il mondo. Ebbene, otto stagioni e anni dopo, poco resta di quegli importanti livelli narrativi che ci avevano fatto restare con il fiato sospeso ogni volta.
La puntata 8×05, nel solco della settima stagione, continua la sua distruzione di una trama con troppe falle, personaggi che, puntata dopo puntata, sbiadiscono e dimenticano di essere loro stessi.
Ma procediamo con ordine e capiamo cosa non ha funzionato (anche) in questa puntata.
1. Varys
Ha giocato al gioco del trono sin dall’inizio. L’ha fatto, cosa ancor più affascinante, senza alcun potere coercitivo (a differenza del più similare Ditocorto). La sua rete di uccelletti ha spifferato, nel corso delle sette passate stagioni, informazioni determinanti. Ha avuto un ruolo fondamentale nell’assassinio del dispotico Joffrey, nella salvaguardia di Gendry, saranno i suoi uccelletti (almeno nella trasposizione cinematografica) ad assassinare il maestro Pycelle ed è stato un grande ed importante sostenitore di Tyrion.
Eppure, le sue parole nella 8×04 lasciavano immaginare un maggiore coinvolgimento del ragno tessitore ma, invece (e purtroppo), è stato liquidato in maniera troppo sbrigativa. Ciò che risulta, almeno in prima istanza, è che una figura così dissimulatoria e affascinante non sia stata appieno compresa e sfruttata dagli sceneggiatori che, al contrario, percependo questa difficoltà, hanno optato per l’opzione più semplice: Dracarys.
Ciò che potrebbe rincuorare sono le lettere che, con grande probabilità, l’eunuco ha inoltrato. A chi? Con quale richiesta? Quanto potrebbero essere determinanti?
Eppure a Varys va un altro merito, di aver visto con lungimiranza tempo addietro:
“Ho sempre odiato le campane, suonano per l’orrore, un re morto, una città sotto assedio.”
2. Tyrion, stratega o illuso?
È il personaggio che forse, più di tutti, ha subito un crollo verticale. Poca personalità, poca astuzia, insomma poco Tyrion. È l’ombra del genio che è stato nelle scorse stagioni. In questo penultimo episodio chiede, supplica, la Regina dei Draghi di essere clemente dopo l’eventuale suono delle campane. Si fa minacciare, subisce – anche se non totalmente – la prigionia di suo fratello. Il nano di casa Lannister è sempre stato un abile politico, e non solo. La sua capacità di conoscere e prevedere le scelte delle persone è sempre stata un’importante freccia al suo arco. Perché da quando è in stato di semi-assoggettamento della Targaryen si è totalmente assopito?
Davvero credeva nella clemenza di Daenerys? Dopo la morte di un drago/figlio, di Missandei, dopo la notizia del re-traditore Jon, la morte di Jorah? La Stormborn ha subito una escalation di deprecabili e nefande notizie che l’hanno portata alla follia. Possibile che il Gigante dei Lannister non avesse avuto nessuna di queste avvisaglie? Ci crediamo poco.
La 8×06 ci dirà, alla fine di tutto, da che parte sceglierà di porsi, dopo la perdita dell’amato fratello (senza sottovalutare quella di Cersei), la distruzione di King’s Landing e la morte di migliaia di innocenti. C’è ancora una puntata per capire se Tyrion avrà ancora tempo per riprendersi.
3. Jaime e Cersei: ma davvero?
Sono due meravigliosi personaggi, al di là delle straordinarie doti attoriali dei due (Lena Headey e Nikolaj Coster-Waldau menzioni speciali rispetto al resto del cast, insieme a Peter Dinklage) che hanno avuto un percorso diverso. Il Leone Lannister ha dovuto faticare un bel po’ per iniziare ad avere riconoscenza a Westeros, oltre che dai fan di GoT. Il suo è stato un percorso lungo, tortuoso e doloroso. Il sui rapporti, prima con Bronn, poi con Brienne of Tarth, lo hanno avvicinato ad un percorso di redenzione. Ma allora, perché vanificare questa strada? Perché rendere così vacillante una personalità, seppur complessa con virtù e vizi? Compiere un colpo di scena? A che pro? Davvero Jaime Lannister sentiva e provava le parole sprezzanti dette a Winterfell alla (non-più) Vergine di Tarth?
E la morte? Così come quella della Regina dei Sette Regni, passa così in sordina, così poco rumorosa. Cersei Lannister è stato il personaggio, che più di tutti, ha canalizzato odio, rancore e sottotrame. Ha ucciso, tramato, distrutto tutto e tutti in nome dei figli, di Jaime e per la sua sopravvivenza in un mondo dove erano gli uomini a comandare. Morire insieme, l’uno nelle braccia dell’altro, è di certo la fine che avrebbero voluto ma… chissà se meritata. Cersei muore per la sua arroganza, Jaime per il suo amore per lei.
La morte di Cersei segna la caduta di un personaggio rimasto coerente, nella sua follia, sino alla fine. Indubbiamente tra i migliori di sempre in un fantasy del genere.
4. Cleganebowl meglio di Game of Thrones
Il Mastino e la Montagna: here we are. Era un momento particolarmente atteso – definito da motti il Cleganebowl (chiaro il rimando all’evento del SuperBowl) e, fortunatamente, almeno questo lato della storia si è concluso in un modo che, potremmo osar dire, soddisfa. A livello di potenza dell’immagine, pochi sono gli appunti che potremmo apporre, si tratta di uno scontro fisico, rude, che lascia poco spazio alle parole. È sfida di gesti, di sguardi, di rabbia, di vecchie storie, di un cerchio che si chiude.
When the Mountain's helmet comes off. #GameOfThrones pic.twitter.com/vLYXwCfaPM
— The Pixel Factor (@ThePixelFactor) May 13, 2019
5. The Queen of Ashes
Imprevedibile. Pazza. Sanguinaria. Daenerys Targaryen, la Khaleesi del Grande Mare d’Erba, la non Bruciata, la Madre dei Draghi, l’irreprensibile Mhysa, la magnanima Distruttrice di catene, completa il suo crollo morale in questo penultimo episodio. Lo fa nel peggiore dei modi, lo fa senza possibilità d’appello, lo fa con uno sguardo che non lascia dubbi: “Devo governare con la paura” – questo è il suo pensiero.
Probabilmente è il pensiero che la porterà a sedere sul Trono di Spade per poco, davvero poco, tempo. Ottime le scene della distruzione di Approdo del Re, così come la credibilità di Emilia Clark. Ricalcata bene la suspense durante il suono delle campane.
Aegon Targaryen approverebbe.
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