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Gentiloni Presidente del consiglio, ovvero come cambiare tutto per non cambiare niente

Gentiloni viene nominato Presidente del Consiglio ma l’azione intrapresa dalla maggioranza tende a “smacchiare” la figura di Renzi e ritornare in grande stile con un nuovo, ampio, progetto politico

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La situazione paradossale creatasi in Italia dopo le dimissioni di Matteo Renzi da Presidente del Consiglio, a seguito della schiacciante vittoria del No al Referendum Costituzionale dello scorso 4 Dicembre, fa riemergere quella visione “gattopardesca” del nostro Paese in cui, millantando tanto cambiamento quanto responsabilità, si cerca in tutti i modi di garantire gli equilibri “duramente” trovati negli ultimi due anni.

In questa triste, nuova, realtà italica, che non ha nulla da invidiare al romanzo di Tomasi da Lampedusa, l’incarico affidato a Paolo Gentiloni, ex Ministro degli Esteri con Renzi, rimarca questa “voglia sfrenata” di rafforzare l’asse maggioritario e, in nome degli impegni presi dal nostro Paese, far emergere una nuova realtà, “smacchiando” la figura dell’ex Premier dilaniato dal voto sul Ddl Boschi.

Gentiloni

Questo significativo dato, che rafforza la tesi iniziale, può essere verificato attraverso l’analisi di tre elementi specifici che coinvolgono tanto l’assetto istituzionale quanto quello partitico.

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Il primo dato significativo emerge proprio dalla figura dello stesso Paolo Gentiloni.

La scelta dell’ex Ministro non è per nulla casuale perchè, grazie alla sua neutralità politico-partitica, da un lato sarà in grado di ammortizzare le eventuali debacle dettate dalla sua azione di Governo, giustificata dal fatto di essere stato chiamato in causa data le urgenze presenti nel Paese, e dall’altro farà riemergere, anche con molta forza, la figura di Renzi che, grazie alla sua assenza dalla “sala dei bottoni”, avrà maggiore spazio per porre l’accento tra la sua gestione e quella politico romano.

Questo ultimo punto è consolidato anche dalle dichiarazioni post consultazioni dei gruppi di maggioranza (Pd, NcD e AlA) che, in maniera a dir poco equivoca, hanno fatto intendere che la possibilità di continuare fino a fine legislatura non è poi così assurda come si pensi.

Tutto ciò avrebbe un ulteriore risvolto politico che è individuabile nel doppio obiettivo di “ricostruzione” da un lato e “organizzazione” dall’altro.

In pratica, arrivare fino al 2018 con Gentiloni equivale a portare avanti una vera e propria azione di “restyling” di Matteo Renzi, partendo dalla segreteria del partito di maggioranza relativa, e chiudere, con il minor sospetto possibile, un’azione di unione fra le forze rimanenti, da proporre alle prossime elezioni politiche.

Questa operazione, già riuscita, seppur politicamente ma non elettoralmente, durante le ultime elezioni amministrative, permetterebbe di portare a termine il tanto “decantato” Partito della Nazione, che non si presenterà come un’entità vera e propria, in modo da non destare “sospetti” o “smorfie” dai più schierati a sinistra, ma come un’accordo per inserire uomini chiave all’interno di liste, apparentemente di supporto, a tutti gli effetti del Pd.

Seppur con un occhio di gran lunga rivolto al “domani”, si può asserire che l’analisi considerata, non solo rappresenta un percorso quasi scontato a seguito delle dichiarazioni post consultazioni ma l’unica strada possibile per una  ripresa del Pd che, dopo il 4 dicembre, ha sempre più smarrito la via, avviandosi verso strade “alternative” utili a condurre intricate “trame di palazzo”.

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Redazione ZON

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