16 Luglio 2016 - 10:42

Golpe fallito in Turchia

golpe

Golpe fallito in Turchia. Intorno alle 22 di ieri sera  un gruppo di carri armati fa il suo in ingresso ad Ankara, annunciando di aver preso il potere nel Paese. Erdogan inizialmente fugge ma poi rientra e proclama il fallimento del golpe

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Sembrava che il golpe fosse riuscito, quando il Presidente Erdogan era stato dato per fuggitivo verso l’Europa, in cerca di asilo presso uno stato alleato. Non è tuttavia chiara la motivazione del suo improvviso ritorno, probabilmente il crescente, seppur debole, appoggio della comunità internazionale e dei suoi sostenitori all’interno devono aver influito sulle decisioni del Presidente. A tutto questo si unisce la mancata compattezza dell’esercito golpista, che non è riuscito a dare la spallata finale ai sostenitori di Erdogan. Colpo di stato fallito dunque, e dopo una notte di guerriglia e di scontri tra manifestati ed esercito ribelle, si contano i morti e i feriti.

La cronaca degli eventi

Il Presidente Erdogan apprende dell’inizio del golpe durante una conferenza in cui stava parlando. Una delle sue guardie del corpo gli si avvicina e gli annuncia la presenza massiccia dei militari ribelli nella capitale, il Presidente fugge. La sua prima mossa è stata quella di dirigersi verso il suo aereo personale e fuggire. Ma, a quanto pare, il suo esilio volontario sarebbe stato ostacolato dalla mancata accoglienza da parte dei Paesi a cui ne avrebbe fatto richiesta. La Germania, la prima a rifiutare, poi il Qatar passando attraverso Teheran, ma le autorità iraniane negano. Non risulta fin ora che Erdogan abbia fatto richiesta al nostro Paese di transitare attraverso i nostri cieli. Intorno alle 3:30 la svolta, che ha poi spinto il Presidente a tornare indietro. Anche se il giallo rimane, in quanto il vicepremier turco Veysi Kaynak si è affrettato a smentire la fuga del Presidente.

Il fallimento imputabile agli stessi golpisti

Golpe fallito

Il Presidente Erdogan su fecetime

Con tutte le vie di comunicazione di terra interdette dall’esercito, insieme all’oscuramento di internet e de social, uno dei governanti più oscurantisti del pianeta ha scelto un modo tecnologico per comunicare con i suoi sostenitori, Facetime. Attraverso un messaggio via facetime Erdogan ha invitato la popolazione a scendere in piazza e a ribellarsi, minacciando inoltre una immediata rappresaglia contro i colpisti. La convinzione da parte di Erdogan del fallimento del colpo si stato, comunicata con quel messaggio via facetime, ha dato coraggio alla popolazione, che è scesa in piazza per fermare, materialmente, i militari. A Istanbul, Smirne, Ankara, e in molte delle principali città turche, migliaia di persone hanno protestato contro la fazione dell’esercito autrice del golpe. Poco dopo le 2:20, ora italiana, Erdogan atterra nuovamente all’aereoporto di Istambul, accolto da una folla inneggiante.

Fetullah Gulen

Erdogan ha accusato il predicatore Fetullah Gulen di essere l’ispiratore e l’occulto regista di questo golpe. Gulen è un predicatore radicale e ideologo islamista, dapprima alleato e poi oppositore di Erdogan, è in esilio volontario negli Stati Uniti dal 1999. Con un comunicato stampa Fetullah Gulen ha respinto l’accusa di essere l’ispiratore di questo golpe, e anzi ha condannato il  tentativo di intervento nelle questioni interne attraverso l’esercito.

Le reazioni delle potenze mondiali

Deboli ed estremamente accorte le reazioni della potenze mondiali. Gli Stati Uniti hanno dato un tiepido appoggio via Twitter al Presidente, il tutto unicamente dopo la constatazione del fallimento del golpe “Va rispettato il governo deomcraticamente eletto”, ha detto Obama. Sulla stessa linea Angela MerkelSi rispetti l’ordine democratico“. Questo orientamento moderato lascia trasparire la proverbiale diffidenza nei confronti della Turchia e della politica di Erdogan, e lascia intendere come i governanti mondiali abbiano inteso auspicare la cessazione degli scontri unicamente al fine  di proteggere la popolazione, ma emerge comunque un velato augurio di riuscita del golpe, anche se si sarebbe trattato del mezzo più violento e meno ortodosso per rovesciare un governo.

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