19 Dicembre 2024 - 09:45

Intervista esclusiva a Tommaso Primo

Intervista esclusiva a Tommaso Primo: un ritratto intimo, profondo ed intenso del cantautore napoletano. Scopriamo che cosa ha raccontato a Zon.it

Intervista Tommaso Primo

Venerdì 20 dicembre 2024 uscirà il nuovo album del cantautore napoletano Tommaso Primo. Scopriamo, insieme, tantissime sfumature della sua persona e della sua anima tramite un’intervista esclusiva di Zon.it organizzata e curata da Filomena Volpe.

INTERVISTA ESCLUSIVA TOMMASO PRIMO

– Ciao Tommaso. buongiorno! Come stai?

“Che bella domanda! Mi sento teso, elettrico, vulcanico! Sono sensazioni che mi fanno sentire in bilico, mi sento come un equilibrista sul filo e, dato che io non sono esattamente la persona più adatta a stare in equilibrio, a volte ho un po’ paura di cadere però procediamo…”.

– Venerdì 20 dicembre uscirà il tuo nuovo album “Vangelo secondo Primo”. Che cosa rappresenta per te questo traguardo?

“É un percorso molto “lottato”, è stato come scalare una montagna, è stato il mio primo disco fuori da Napoli con una discografica diversa dalle etichette indipendenti che mi hanno prodotto fino a questa punto del mio percorso ed è stato un disco che mi è costato tantissimi sacrifici, viaggi, notti insonni, speranze ma anche delusioni, cadute, però mi sono sempre rialzato, quindi ho lottato tantissimo e sono davvero molto emozionato all’idea di dargli vita!”.

– Che cosa hai scelto di comunicare esattamente con il titolo “Vangelo secondo Primo”? Com’è nata l’idea di realizzare un album partendo dallo studio e dalla consequenziale reinterpretazione del Vangelo?

É nata perché avevo l’esigenza dentro di me di doverlo fare, nel senso che sono stato orfano da bambino e la scuola e la famiglia pensano che queste mancanze, molto spesso, si possano colmare con l’avvicinamento alla religione. Tuttavia la religione, a volte, diventa gabbia. Io ho bisogno di sentieri però c’è una parte di me che è stata influenzata e condizionata per tutta la vita da questa etica, da questa morale, da questo timore che si crea per aver acquistato il monopolio della morte. Io volevo espormi su queste tematiche e volevo assolutamente farne un disco perché avevo proprio l’esigenza cromosomica di doverlo fare”.

– Ti andrebbe di parlarmi nello specifico dell’album e delle nove canzoni che lo compongono?

“L’album catapulta nella contemporaneità, nel 2024, storie e personaggi del Vangelo spogliandoli dalle vesti canoniche ed inserendoli nei vari contesti della società e della geografia del mondo, per cui avremo Giuseppe e Maria che sono due innamorati che si ritrovano nel deserto a scappare da un cielo di bombe e dal capitalismo sfrenato, avremo Giuda che si trova all’interno di uno di quei locali fra mojito e consumazioni. C’è poi un particolare tipo di approccio alla figura femminile che nel 2024 dovrebbe essere cancellato, sai quella visione della donna come “oggetto”. Vi è poi l’osannazione del denaro, il credere che con il denaro si possa comprare tutto però poi con il denaro non si può acquistare il tempo, non si può acquistare la verità. C’è un “Jesus Christ” che torna tra le palazzine di Napoli, di una Napoli che è sotto i riflettori perennemente, e parla ai boss del quartiere e parla ai potenti del mondo e parla a tutti noi dicendo, appunto, quella parolaccia che ho menzionato all’interno della canzone e che è cruda perché è la società, in primis, ad essere cruda. Ci sono, poi, tutte storie analoghe”.

-Il 6 dicembre è uscito “Fiori nel Sahara”, il singolo che anticipa l’intero album. Sul tuo profilo Instagram hai scritto: “É un brano che osanna la tenerezza, catalogandola tra le forze più importanti del creato…”. Quanto è stato e quant’è importante questo sentimento nella tua vita? Quanto ha contribuito alla formazione della tua personalità?

“Non l’ho mai ricevuta però la dono a quantità industriali! Ad un certo punto ho capito che questa osannazione dell’essere un tipo duro è una cosa fortemente deleteria. Che la tenerezza e la voglia di tenerezza siano un grande atto rivoluzionario l’ho capito tardi pertanto spero di riceverla e di darla. Nello specifico, nella canzone “Fiori nel Sahara” parlo di una coppia unita nel sentimento, un sentimento messo alla prova dalle difficoltà immense di fronte alle quali ci pone la società in cui viviamo. La coppia in questione è una coppia che scappa dalla guerra, che fa sacrifici per costruire una casa, per avere un figlio e poi si ritrova la casa distrutta e bombardata dalla follia umana”.

-Com’è nata la tua passione per la musica? Che cosa significa per te fare musica?

É un tramite immediato per le storie che scrivo, è una passione nata per caso, credo di essere un pessimo musicista però mi circondo di grandi musicisti come Gianluigi Capasso, che è il mio chitarrista, così come tutta la mia band però è una cosa nata per sbaglio perché comprarono una chitarra a mio fratello e in lui non è mai nata una passione per questo strumento così io lo presi tra le mani e cominciai a scrivere le prime canzoni. La musica è un errore nella mia vita ma che mi ha permesso di ricevere le cose più belle della mia esistenza“.

-Riallacciandomi al brano “E suonne” nel quale dici “I sogni non muoiono mai, sono figli della speranza, sono carezze e guai” ti chiedo: che valore hanno i sogni nella tua vita? Qual è, in assoluto, il tuo sogno più grande a livello professionale?

É una domanda difficile perché non si tratta di “sogno a livello professionale”. A me, infatti, non piace neanche la parola carriera. Credo che il mio sogno sia avere un impatto emotivo su delle persone. Mi piacerebbe lasciare un seme, qualcosa di importante nel cuore di alcune persone”.

– Ascoltando il tuo album ho avvertito una ricerca viscerale di profondità, intimità, interiorità in un universo frettoloso, troppo esteriore e fin troppo “plastico”. Ti andrebbe di lanciare un messaggio a tutte quelle persone che avvertono un senso di estraneità e di solitudine in questo mondo?

“Hai detto davvero una cosa molto bella! Sì, non siamo soli, dobbiamo assolutamente cercare di stare vicini anche se la solitudine non sparisce stando vicini. A volte si entra nell’oscurità, l’oscurità è un passaggio, poi arriva una luce e si respira in maniera diversa, quindi non dobbiamo aver paura di andare in direzione “ostinata e contraria” perché tutto ciò che porta al desiderio di apparire deriva da un’esigenza malsana che appartiene, purtroppo, alla nostra cultura”.

– Che cos’è per te la fede? Cosa significa per te “credere”?

“Ho capito che cosa vuol dire “fede” quando da piccolo mi innamorai di una ragazza che veniva a scuola con me. Lei era “la bella della scuola”, era inavvicinabile ed io ero innamoratissimo di lei e dopo quindici anni ho avuto modo di rivederla e di osservarla: ora è sposata, ha dei bambini e mi sono reso conto che la persona per la quale provavo dei sentimenti al liceo esiste davvero, infatti è una persona piena di amore. Pertanto io credo che la fede consista nell’amare una persona nell’incognito cogliendo in anticipo lati di lei che non rende immediatamente manifesti”.