Intramontabilmente Lilibet
Lilibet, come la chiamava il suo amato principe, Filippo, è stata e sarà eternamente un punto fisso ed intramontabile della storia
La morte della Regina Elisabetta II, per quanto prevedibile nel corso naturale della vita, contribuisce ad una constatazione amara: l’ineluttabilità, l’impotenza, l’impossibilità di poter controllare il tempo. E di numeri, nel tempo, Elisabetta II ne ha avuti tanti. 70 anni di regno, 74 anni di matrimonio con il Principe Filippo, ha affidato il mandato a 15 Prime Minister, conosciuto 7 papi, 14 presidenti degli Stati Uniti, visitato oltre 120 paesi nel mondo. Numeri che scandiscono il tempo, anzi, un’era, insomma il Secolo Breve, di cui è stata indiscussa protagonista.
Elisabetta II ha rappresentato per sette decadi l’unità della nazione, anzi, come hanno evidenziato molti sudditi, sono stati essi stessi a identificarsi in Lei: “Orgogliosa di definirmi dell’epoca elisabettiana” – ha commentato Helen Mirren, che la Regina l’ha interpretata nel 2006 nel film The Queen, di Stephen Frears. Decenni di cambiamenti, a volte convulsi, a volte repentini e rapidi, a volte tragici.
Un’epoca di cambiamenti, da Lilibet a Elisabetta II
Prima di essere The Queen, però, Elisabetta – che sapeva cosa l’aspettava alla morte di suo padre Re Giorgio VI – nel 1940, durante la II Guerra Mondiale, non lascia il suo Paese, ed entrerà volontaria nell’esercito, aiutando i servizi civili, specializzandosi con i camion militari. La principessa diventerà sottotenente, poi tenente colonnello. La Crisi di Suez (Elisabetta è regina da 4 anni) è la prima tappa che segna il non-ritorno dell’Impero Britannico che, probabilmente, da quel momento – era il 1956 – inizierà a definirsi semplicemente Regno Unito, una potenza di medio livello, ormai oscurata dagli Stati Uniti, persino in Europa. Elisabetta II è stata la Regina che ha condotto, con dignità, il processo di decolonizzazione dell’Africa – che ridimensionava ancora di più il ruolo del Regno Unito nel mondo – ma che posizionava la Corona, e non solo, in processi di democratizzazione e di naturale sviluppo del nuovo ordine. Poi gli anni ’70, con la crisi economica e di consenso, che spinsero Elisabetta II ad aprire le porte di Buckingham Palace al mondo. Un segnale a chi, con spietato criticismo, aveva individuato nella Corona l’elemento di immobilità che rendeva il Regno Unito politicamente anacronistico. Elisabetta II è stata la Regina che non è intervenuta nel processo del rimpatrio della costituzione canadese, che permise la piena sovranità del Canada. Processo che la Regina rispettò pienamente e, forse, anche per questa ragione, ne è rimasta monarca.
Poi gli anni bui, gli anni ’90: il rogo che devasta il Castello di Windsor, il divorzio di Anna, Carlo e Andrea. Nel 1997 muore Lady Diana ed il momento più difficile. La popolarità della famiglia reale sembra irrimediabilmente compromessa, la Corona è spalle al muro, identificata dai sudditi come responsabile dell’infelicità della principessa del Galles e, quindi, anche della sua morte. La Regina cerca di proteggere la famiglia nel castello di Balmoral per 5 giorni, in una campana di vetro, ma comprende che – ancora una volta – è necessario aprire le porte e mostrarsi vicino ai suoi sudditi, aprendo non solo fisicamente le porte dei propri palazzi, ma qualcosa in più. Ed è proprio nel 1997 che si comprende la granitica grandezza della sovrana, che con un solo piccolo ed impercettibile gesto ricompattò un’intera nazione. Inchinare il capo dinanzi al feretro di Diana Spencer probabilmente significò salvare la monarchia inglese. Gli anni del nuovo millennio sono invece quelli della Brexit, dell’uscita di scena del Principe Harry, che chiude agli impegni reali trasferendosi negli States, i problemi giudiziari del “figlio preferito”, Andrea. Sino alla morte del compagno di una vita, Filippo, con il quale aveva condiviso ogni vittoria, ogni dolore, ogni passaggio significativo della vita privata e pubblica. Lilibet, finalmente ed eternamente, ricongiunta a lui.
“Noi cadiamo come mosche, ma lei continua imperterrita”
Se è vero che la storia non viene scritta da chi non fa nulla, Elisabetta II ha adempiuto ad ogni suo compito in modo esemplare. Il monarca inglese deve agire, qualora ce ne fosse bisogno, nelle zone grigie, in silenzio, in punta di piedi, con rispetto, senza poter fare rumore. Elisabetta II ha fatto tutto ciò, imperterrita, e la storia sicuramente vede, in moltissime pagine, la sua indelebile firma. Elisabetta è stata indubbiamente Regina, ma è stata moglie, madre, nonna. È stata scialuppa, è stata àncora, è stata punto di riferimento. E sarà, in chissà quale altra forma, presenza.
Verrà raccontato a chi verrà che c’è stato per quasi un secolo, un punto fisso. Fisso nello spazio. Un punto irremovibile, nonostante la sua minuta statura. Un punto umano, nonostante fosse una donna imperscrutabile. Un tempo in cui la corona avrebbe spezzato o piegato chiunque. Ma non lei. Un punto fisso nel tempo. Un tempo che non tornerà più indietro. Un tempo che ha avuto un inizio, che ha avuto una sua straordinaria e dignitosa fine. Un tempo lunghissimo. Un tempo che davvero pensavamo potesse non avere fine. Il tempo – e Churchill ha avuto ragione – di Sua Maestà Elisabetta II.
God save the Queen.
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