Leggi contro la comunità LGBTQ+: Ue richiama Polonia e Ungheria
Avviata procedura di infrazione contro Polonia e Ungheria: nel mirino le leggi anti-LGBTQ+ e l’istituzione di “zone franche”
Dopo l’annuncio della Presidente Ursula von der Leyen, lo scorso 7 Luglio in assemblea plenaria, l’Unione Europea ha ufficialmente avviato procedura di infrazione contro Ungheria e Polonia, per la violazione dei diritti fondamentali delle persone LGBTQ+.
In particolare, nel mirino della Commissione Europea, è finita la legge ungherese che vieta la “promozione” dell’omosessualità attraverso contenuti, anche audiovisivi, rivolti ai minori: per il capo di gabinetto di Viktor Orban, Gergely Gulyas, la procedura di infrazione è una grave intromissione dell’Unione Europea in aree di competenza nazionale, che rischia di mandare in frantumi la Comunità.
La Polonia, invece, dovrà rispondere di fronte alla Commissione di Giustizia Ue di due provvedimenti altamente lesivi dell’Articolo 2 del Trattato dell’Unione Europea (in particolare relativo al rigetto di ogni forma di discriminazione): da una parte, infatti, Varsavia ha limitato illegittimamente l’accesso alla procedura di asilo politico, dall’altra ha istituito in diversi comuni e regioni polacche – da Marzo 2019 – alcune zone franche, cioè libere dall’ideologia LGBTQ+.
Dal momento di apertura della procedura di infrazione, una riguarda anche l’Italia rea di non aver condiviso alcune importanti informazioni nella lotta al terrorismo e alla criminalità, Polonia e Ungheria hanno due mesi – prima che il caso arrivi alla Commissione di Giustizia – per rispondere ai rilievi motivati dell’Unione Europea.
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