Liliana Segre: e Salvini perde un’altra occasione per stare zitto
Il leader della Lega Matteo Salvini si è espresso sulla scorta data alla senatrice Liliana Segre. E prova quasi a sminuire i gravissimi attacchi
Cose da niente. Cosa saranno mai, d’altronde, le minacce di morte, quando sei una senatrice a vita e ti ritrovi a combattere (disdicevolmente) per una verità storica che sembra innegabile? Questo sarà stato il pensiero “amaro” di Liliana Segre, quando stamattina il prefetto di Milano, Renato Saccone, ha accordato la scorta all’89enne senatrice a vita, presa di mira da insulti razzisti e beceri soprattutto sui social da parte di menti sovraniste che di sicuro non si sono risparmiate. La cosa più grave, però, non è di certo questa. C’è il commento di Matteo Salvini, infatti, ad aggravare le circostanze.
L’ex vicepremier, di buon mattino, dopo aver ricevuto la notizia, ha commentato: “Le minacce contro Segre, contro Salvini, contro chiunque sono gravissime. Anche io ne ricevo quotidianamente. Giusto condannare la violenza che non tornerà, ma imbavagliare i popoli no. La commissione contro il razzismo ha un che di sovietico.”
Sulla nascita della commissione il centrodestra si era astenuto. Il che, già di per sé, rappresenta una vera e propria presa di posizione di una gravità allarmante. Ma le parole del leader leghista sminuiscono quello che, di fatto, è uno dei problemi sociali più gravi che stanno affliggendo l’Italia in questo periodo.
D’accordo che, in questo modo, il clima da campagna elettorale può essere tranquillamente “cancellato”, e lo stesso Salvini non può permettersi una disfatta del genere. Evitare l’hate speech, infatti, vorrebbe dire non poter più utilizzare il tono che lo ha, da qualche anno a questa parte, contraddistinto. Vorrebbe dire non poter più accontentare i propri elettori e non poter raccattare più voti tramite una dialettica efficace e diretta. Insomma, come al solito, il tutto si trasforma in una manovra elettorale.
L’eleganza della Segre e la faccia tosta di Salvini
Siamo di fronte all’ennesimo caso in cui Matteo Salvini ha operato il suo classico sistema. Ha scelto un bersaglio, una vittima da attaccare e a cui attaccarsi per dare la medicina per l’effetto placebo ai suoi elettori. Ma questa volta non lo ha fatto in maniera diretta, ma ancora più subdola, ovvero portando l’attenzione su di sé e sulle “grottesche” (a dir poco) potenziali minacce nei suoi confronti. Da fautore di questo clima d’odio, si è messo nella posizione radicalmente opposta, quasi come fosse Giovanni Paolo II con Ali Agca.
Il politico ha dimostrato ancora una volta di ponderare ottimamente le sue mosse per il proprio consenso. Questa volta, però, ha passato il limite, e di molto. Non si gioca con la vita delle persone, non si gioca con uno dei fenomeni che più sta dilagando in questo momento e che sta letteralmente degradando l’Italia, ovvero il razzismo. Specie se si è i principali fautori di questo “hate speech” che non porta a nulla di buono (per l’intera nazione, naturalmente).
Fortunatamente, da contraltare, Liliana Segre ha deciso di “restare” al suo posto, di essere elegante anche in regime d’attacco, di portare avanti tranquillamente la sua idea di antirazzismo. La senatrice riceve anche 200 messaggi al giorno i cui contenuti incitano all’odio razziale e all’antisemitismo. E non è che si lamenti per questo scempio, quando ne avrebbe tutto il sacrosanto diritto. Anzi, resta calma, lucida, fredda e tranquilla, consapevole che questa fase rappresenta solo l’ennesimo periodo storico di un’Italia sempre più allo sbaraglio.
Il fatto che una senatrice sopravvissuta ad Auschwitz abbia bisogno della scorta vuol dire che noi tutti abbiamo fallito. L’antisemitismo esiste, ed è un problema gravissimo. E rappresenta l’ennesima parte disonorevole di un Paese (e di un partito) che sta scivolando sempre di più nell’ignoranza.
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