7 Dicembre 2019 - 11:20

L’Immortale: la backstory di Ciro di Marzio prima di Gomorra

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In sala dal 5 Dicembre, “L’Immortale” ripercorre la storia di uno dei personaggi più amati di “Gomorra”: Ciro Di Marzio

Dal finale di “Gomorra 4”, che si concludeva proprio con un teaser del film, grande attesa vibrava attorno a “L’Immortale”, esordio dietro la macchina da presa di Marco d’Amore, che torna a vestire i panni di Ciro di Marzio dopo che aveva detto addio al personaggio alla fine del terzo capitolo, causando un vero e proprio terremoto, soprattutto nel cuore dei fans.

Prima che approdasse al cinema, d’Amore presentava il film nè come uno spin-off della serie principale, nè come un prequel ma piuttosto un ponte tra la quarta e la quinta stagione di “Gomorra” (il cui primo ciak potrebbe ragionevolmente essere battuto a breve, ndr.). Di fatto “L’Immortale” è la backstory del personaggio di Ciro di Marzio, che ce lo mostra nudo, vestito solo delle sue più profonde ragioni.

Storia di un condannato

Fin dalle prime potentissime sequenze del film, scopriamo per esempio perchè Ciro di Marzio si è guadagnato il nome di Immortale: egli è infatti l’unico componente della sua famiglia, ancora in fasce, ad essere sopravvissuto al terremoto dell’80.

Da allora l’immortalità è diventata per Ciro quasi una condanna: in un contesto criminale e di lotte in cui la morte rappresenta l’unica possibilità di pacificazione, a Ciro è precluso anche questo “lusso”.

Con l’espediente del montaggio alternato (curato da Patrizio Marone) “L’Immortale” mette in parallelo la vita di Ciro giovane scugnizzo (interpretato dal sorprendente Giuseppe Aiello) consegnato troppo presto alla strada e ai suoi traffici  e quella di Ciro oggi, uomo smarrito che si trova ancora una volta nella posizione scomoda di chi deve ricostruire, ricominciare.

E’ la perdita che caratterizza il percorso umano e narrativo di Ciro di Marzio: uno che ha perso troppo presto la sua famiglia e ne va continuamente, smaniosamente alla ricerca. E che quando pensa di averla trovata, va incontro ad una cocente delusione, che gli sbatte in faccia la sua seconda condanna: la solitudine.

Oggi come ieri: il Ciro che guardava con i suoi occhi profondissimi a Bruno (Giovanni Vastarella prima, Salvatore d’Onofrio poi) e Stella (Martina Attanasio) come ai genitori che avrebbe voluto, non è tanto diverso dall’ Immortale che oggi, dalla finestra della sua nuova casa a Riga, guarda i suoi vicini di casa: invidia la loro routine, forse. Quella che lui, preda di un continuo istinto di autodistruzione, non ha voluto o saputo proteggere.

Un personaggio che viene da lontano

Ne “L’Immortale” prendono vita tutti quegli appunti che Marco d’Amore, negli anni sul set di “Gomorra” ha raccolto sul suo personaggio: appunti su storie alternative, multiple linee narrative che oggi ci consegnano un grande personaggio, preda di ossessioni e di conflitti tipici di un archetipo da palcoscenico, da cui pure d’Amore viene:

“Eduardo (De Filippo, ndr). diceva che quando un personaggio calca il palcoscenico viene da lontano. E questo assunto l’ho fatto mio”.

Strade narrative ancora aperte

E, come è tipico di personaggi archetipici, sono tante le domande che ancora non hanno trovato risposta: il film infatti si conclude con Ciro che sta per conoscere Pietro Savastano. Sarebbe bello, forse più per il pubblico che per d’Amore, indagare almeno sugli inizi del loro rapporto (per il resto, ci sono già le due stagioni di “Gomorra”): quelli in cui ancora di Marzio credeva che Savastano potesse rappresentare davvero la speranza della sua ennesima rinascita. E potrebbe essere una storyline da sviluppare anche quella del primo incontro tra Ciro e Debora, poi diventata sua moglie.