20 Maggio 2016 - 13:19

Living in a fishbowl, una finestra sulla schizofrenia

“Living in a fishbowl” è il tanto coraggioso quanto intimo progetto di Susanna D’Alessandro, nel quale racconta la vita di Jay, madre della fotografa, affetta da schizofrenia

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“Ho fatto delle foto. Ho fotografato invece di parlare. Ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare.” (Daniel Pennac)

Susanna D’Alessandro, nota fotografa di Pescara, dopo due anni di duro lavoro presenta “Living in a fishbowl”, un reportage nato dalla voglia di raccontare una storia, quella di Jay, sua madre e della sua malattia: la schizofrenia. 

Una malattia cronica, invalidante, che taglia fuori dal mondo chi ne è affetto. Una triste realtà fatta spesso di solitudine, alla ricerca di certezze, di visi conosciuti o di ricordi ormai sfocati e persi nel passato. Jay, una donna thailandese di 61 anni, da dieci anni combatte con questo mostro silenzioso che lentamente è riuscito ad allontanarla da tutto e tutti, tranne da lei, Susanna D’Alessandro.

La giovane artista ha deciso di raccontare, attraverso il suo obiettivo, la vita di sua madre. Nasce così questo reportage molto intimo intitolato “Living in a fishbowl” attraverso il quale la ventiseienne ha cercato di rappresentare il mondo di Jay, fatto di piccole cose – gli oggetti da collezione, i giocattoli e un cane per il quale la madre prova un amore viscerale – nella speranza così di sensibilizzare chi guarda rispetto alla schizofrenia e alle malattie mentali in generale.

“Questo reportage è frutto di uno sforzo incredibile che ho fatto nel cercare di mantenere lucida la testa, mentre il cuore si stringeva. Non ho mai voluto pubblicare queste foto su facebook, non era giusto “sprecarle” così e soprattutto non volevo che arrivasse al pubblico un senso becero di strumentalizzazione della situazione. Quel che volevo e voglio fare – commenta Susanna D’Alessandro sulla sua pagina Facebook –  con questo primo progetto, è sensibilizzare le persone alla reale presenza delle malattie invisibili, i cui nomi, troppo spesso, vengono usati in maniera inadeguata, spropositata.”

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