12 Febbraio 2021 - 12:03

Made in Italy e Il Diavolo Veste Prada a confronto

Made in Italy Il Diavolo Beste Prada

Nella serie Made in Italy, andata di recente in onda su Canale 5, sono chiari i rimandi al film Il Diavolo veste Prada: l’analisi

Siamo nella Milano degli Anni Settanta. Per sbarcare il lunario, Irene Mastrangelo – giovane ormai prossima alla laurea in Storia dell’Arte – trova lavoro nella redazione della rivista di moda Appeal: affascinata da quel mondo frenetico e patinato, Irene scoprirà la passione per il giornalismo e, sotto l’egida dell’inizialmente algida Rita Pasini, arriverà a rivoluzionare completamente la sua vita, anche nella sfera privata. A leggerla così, la trama di Made in Italy sembra una pedissequa trasposizione del film cult Il Diavolo Veste Prada, ed in effetti tra la nuova serie di Canale 5 ed il film in cui la coppia Meryl Streep-Anne Hathaway fa scintille, ci sono degli evidenti punti di contatto ma anche delle sostanziali differenze, date soprattutto dal diverso contesto in cui i due prodotti si sviluppano.

Le protagoniste: da Cenerentole a Fashion Icon

Quando arrivano l’una nella redazione di Runaway, l’altra nella redazione di Appeal, Andy (Anne Hathaway) e Irene (Greta Ferro) non hanno la più pallida idea di cosa voglia dire vestire alla moda. Per dirla tutta, però, la seconda è avvantaggiata rispetto alla collega d’oltreoceano: sua madre, infatti, è un’apprezzatissima sarta e – quantomeno – le ha insegnato a distinguere la diversa fattura dei materiali di un vestito.

Nonostante l’iniziale ed evidente difficoltà, le due ragazze riusciranno comunque ad ottenere il posto di lavoro che non pensavano neppure di volere, e a lavorare fianco a fianco con due vere e proprie guru della moda: Miranda Priestly e Rita Pasini.

Le antagoniste: cosa c’è sotto quella corazza?

Miranda (Meryl Streep) e Rita (Margherita Buy) si somigliano molto, anche visivamente, basti pensare al bianco iconico dei capelli di entrambe. Allo stesso modo poi le due nascondono, sotto una scorza dura, delle fragilità, dettate dalla precarietà dei loro rapporti interpersonali: la prima, per inseguire il successo, divorzia da ben tre mariti; la seconda, invece, appare, più volte nel corso della serie, in apprensione per il giovane figlio finito alla testa di un gruppo di anarchici anti-sistema.

Quello in cui però Miranda e Rita differiscono profondamente è il  rapporto con le loro sottoposte: se Miranda e Andy non arriveranno mai ad avere un confronto paritario, Rita invece ad un certo punto diventerà vera e propria complice di Irene; nel suo percorso, la ragazza capirà infatti che le apparenze spesso ingannano e il pubblico di Made in Italy avrà presto chiaro che i villain della serie sono ben altri.

L’entourage

L’aspetto che affascina maggiormente i telespettatori de Il Diavolo Veste Prada e Made in Italy, in particolare quelli che ambiscono a lavorare nel mondo della comunicazione e dell’editoria, è l’estrema importanza che entrambi i prodotti danno alla dimensione di “gruppo”, al lavoro corale verso un fine comune, che poi non è altro che la pubblicazione di un nuovo numero della rivista.

Nel corso delle rispettive “parabole”, Andy e Irene incontreranno persone che le aiuteranno a superare la loro iniziale timidezza: ciò che è stata Emily nel film di David Frenkel del 2006, lo è Monica nella serie di Luca Lucini e Ago Panini. E’ pur vero, però, che il personaggio sorprendentemente interpretato da Fiammetta Cicogna, instaura da subito con Irene un rapporto di profonda e sincera amicizia, mentre Emily mal sopporterà la presenza di Andy nel suo ufficio, mantenendo costantemente un atteggiamento competitivo nei suoi confronti, salvo poi sciogliersi sul finale.

Entrambe le redazioni, di Runaway e di Appeal, hanno poi un grafico: Nigel e Filippo. Entrambi sono omosessuali: il secondo – interpretato da Maurizio Lastrico – vivrà, di più, una relazione clandestina (di cui solo Irene e Monica conoscono l’esistenza) con il giovane Flavio, tormentato dalla dipendenza da stupefacenti.

L’amore

Lo abbiamo detto: insieme alla vita lavorativa, le due protagoniste (una volta entrate nel turbinoso mondo della vita redazionale) vedranno sconvolte anche le loro rispettive vite private. Come Andy, anche Irene abbandonerà il suo fidanzato storico, per di più ad un passo dall’altare, ed inizierà una relazione con l’esperto di tessuti Davide Frangi: l’uomo, però è sposato. Il menage tra Irene e Davide è la dinamica narrativa che, in una potenziale seconda stagione di Made in Italy, offrirebbe più spunti (nonchè interrogativi da risolvere): Irene porterà avanti la gravidanza? Lo dirà a Davide? E soprattutto: lui lascerà la moglie per uscire dalla clandestinità con Irene e offrire alla loro relazione un nuovo equilibrio?

La moda ci mette la faccia

Made in Italy è, a ben guardare, una scommessa vinta di Mediaset che sembra aver trovato una nuova dimensione nel racconto seriale (lontana da certi abusi narrativià la Garko) che sarebbe giusto continuare a scandagliare. Ciò in cui forse però la serie ha peccato, è l’essere risultata fin troppo “didascalica” e dai toni forzatamente documentaristici, quando ha dovuto raccontare l’iperbole degli stilisti che hanno fatto grande la moda italiana.

E’ lodevole, tuttavia, che nel corso delle sei puntate, ogni stilista abbia un volto e non sia solo una figura da venerare in assenza: Krizia è stata per esempio interpretata da Stefania Rocca, mentre i Missoni erano Enrico Lo Verso e Claudia Pandolfi. Uno straniante Raoul Bova ha prestato infine i panni ad un Giorgio Armani agli inizi della sua carriera. L’unico stilista che in Made in Italy non appare pur essendo parte attiva delle linee narrative della serie, e anzi è forse questo il più grande rimpianto della giovane protagonista, è Valentino che invece partecipa con un cammeo a Il Diavolo Veste Prada.

E alla fine cosa accade alle nostre due protagoniste dalle vite così inaspettatamente parallele? Andy lascerà Runaway per un’altra rivista, una di quelle che sin dall’inizio sembravano essere maggiormente nelle sue corde, Irene avrà invece completato una vera e propria scalata al successo, diventando direttrice di Appeal, che nel frattempo avrà cambiato pelle riservando dello spazio anche al nascente prêt-à-porter .