Made in Italy: la recensione del nuovo film di Ligabue
È nelle sale cinematografiche italiane dallo scorso 25 Gennaio “Made in Italy”, il terzo film da regista di Luciano Ligabue: l’affresco tragieconomico, a tratti forse un po’ didascalico, dell’Italia dell’ultimo lustro
“Made in Italy è una dichiarazione d’amore all’Italia“, ha detto più volte Luciano Ligabue nel presentare la sua ultima fatica cinematografica, in sala con Medusa dallo scorso 25 Gennaio. Una dichiarazione fatta “sulle spalle” di un uomo ordinariamente precario, Riko (Stefano Accorsi), la cui epopea è quasi un martirio sullo sfondo delle avventure tragieconomiche che hanno interessato il nostro Paese nell’ultimo lustro.
Una settimana con Riko: Accorsi è il mattatore di “Made in Italy”
Quando ti chiami Riccardo Terlizzi ma per tutti sei Riko, impiegato in una fabbrica d’insaccati all’ombra di Piazza Maggiore, la tua vita non può che trascinarsi tra una partita al tavolo verde il lunedì ed un venerdì in discoteca con il tuo amico di sempre Carnevale (Fausto Maria Sciarappa), con annessa rissa e morte violenta sfiorata.
Questa circolare routine, c’è da ammetterlo, sarebbe asfissiante per chiunque, tanto che il mercoledì ti chiedi se non sia meglio dimenticare tutto, proprio come tuo padre, beato lui che è malato di Alzheimer.
“È un attimo farsi andare bene tutto“
Che pizza, Riko: intorno a te tutti non fanno altro che fare la propria parte. Sara (Kasia Smutniack), che ammettilo, hai avuto fin troppa fretta a sposare, fa la moglie: ti accompagna alle cene con gli amici e tace su tutte le volte che ti sei dimostrato tutt’altro che un marito fedele.
Di tuo figlio Pietro neppure a parlarne: fa domande scomode, vuole fare il regista ma non vuole schiodare da casa. Dice che un affitto non se lo può permettere: com’eri diverso tu da giovane Riko, tu che sognavi di essere una rockstar e che poi ti sei lasciato interrompere i sogni dal rumore insistente di una macchina da pressa.
È stato davvero un attimo farsi andare bene tutto, talmente bene che il resto della storia neppure la sai.
Martedì: Roma
Poi un giorno, a mensa, ripensando alle parole di Carnevale, decidi di partire per Roma e costringi quel poveraccio di artista con le camicie a fiori e Max (Walter Leonardi), a seguirti a Roma. A fare che, non si sa ma qualcosa va fatto comunque.
Ed ora Sara ti guarda seduta sulle scale di emergenza di un reparto traumatologia mentre parli ad un giornalista della tua impresa eroica: voi volevate solo arrivare al corteo principale (Dio, per cosa avete detto che si manifesta?), poi i poliziotti tutti addosso a voi, una manganellata ed il buio.
Buonanotte Riko.
Sara
A lavoro sono tutti strani, ti trattano come un eroe e per giunta domenica il tuo collega indiano ha invitato te e Sara a pranzo. Sei davvero sicuro di volerci andare Riko?
Sara faceva la sua parte si, faceva la sua parte fino a quella maledetta domenica, quando ha invaso la tua comfort zone decidendo di rivelarti il suo segreto peggiore.
E quel piccolo uomo di Carnevale, il tuo amico, ha fatto buon viso a cattivo gioco: “quasi quasi vado sotto casa e gli sfascio la macchina” devi aver pensato. Ed hai fatto bene, anzi: ben gli sta se muore strozzato dai debiti.
Agosto Made in Italy
Certo, con Sara non puoi lasciare che finisca tutto così. Ce l’ho io un’idea: risposatevi, magari con una cerimonia un pò rock. Già me lo vedo Patrizio (Gianluca Gobbi) che celebra il matrimonio inforcando degli improbabili occhiali da sole millantando “degli infiniti poteri di cui dispone”.
Risposatevi: e poi fate anche un bel viaggio di nozze… un viaggio di nozze in Italia. Sì, in Italia, che c’è di strano?
Al resto ci pensiamo quando torni.
“Tu come fai a far venir sera?”
Non mi guardare così. Io mica lo sapevo che saresti tornato e quelli ti avrebbero licenziato.
Sara ormai non la controlli più: si è messa in testa di voler controllare la situazione dice: “Tranquillo. Ce la faremo, il negozio va bene.”
Come se il problema fosse farcela. Un lavoro non è solo soldi, un lavoro è entusiasmo, vita, magari non quella che avresti voluto, ma comunque vita.
Quando Sara ti guarda, seduta sul divano con la televisione bassa per non disturbare i tuoi pensieri, tu vorresti solo dirle: “Che cosa te ne fai di un uomo che non ha un lavoro, di tutti quei ‘vorrei però non posso’. Vorresti arrabbiarti con lei ma allo stesso tempo abbracciarla: “Non ho che te. Non ho che te. Ti chiedo scusa se ti offro così poco”.
Mentre pensi a tutto questo, a quanti danni abbia fatto lo spread, all’articolo 18, al fatto che “L’italia è il Paese più corrotto al mondo”, lei torna dal bagno visibilmente scossa. Tanto che tu le chiedi: “Si?” e lei con la voce già rotta dal pianto, ti risponde “Si!”.
Ce l’avete fatta. Sarà una femmina.
“E se è una femmina si chiamerà Futura“: il finale di Made in Italy è un manifesto programmatico della speranza
Caro Riko, il tuo creatore mi perdonerà se per chiudere questa lettera uso parole non sue. Ora tu sei lontano dall’Italia, dalla tua casa, dalla tua madre patria. Non è un caso se il nostro Paese di nascita si chiami così: in fondo è lì che nasciamo come individui, è da lì che spicchiamo il volo. E’ da lei che dobbiamo tornare ed è di lei che dobbiamo prenderci cura quando diventerà una signora matura con gli occhi color mare.
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