24 Aprile 2015 - 10:26

Melancholia, nostalgia della forma perduta

Melancholia

Melancholia è il pianeta che sta per scontrarsi con la Terra. Una fine del mondo annunciata, raccontata con il Leitmotiv del Tristano e Isotta di Wagner, preannuncia il futuro da cui ne scaturisce depressione

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Melancholia è il secondo film della Trilogia della depressione, in cui Lars von Trier manifesta un senso pacato verso l’imminente fine della vita sulla Terra, causata dallo scontro con il pianeta Melancholia. Diviso in due capitoli, le donne sono le protagoniste del film, di cui Charlotte Gainsbourg, che attraversa l’intera Trilogia (da Antichrist a Nymphomaniac). Ricopre un ruolo significativo anche Stellan Skarsgård, testimone degli sposi e capo di Justine (Kirsten Dunst), interlocutore razionale in Nymphomaniac.

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dal film Melancholia

Presenze che vengono caratterizzate in un percorso di crescita terapeutico, che con lo stesso volto vivono dentro un corpo che muta continuamente, fino al compimento del discorso sulla depressione dell’uomo contemporaneo vissuta da Lars von Trier in prima persona, trovando catarsi nel suo “fare cinema” speculare. 

Il prologo di Melancholia produce il senso che si svilupperà, con una narrazione anticonvenzionale, attraverso una pratica costante di uscita dalle forme sociali, da cui liberarsi per tornare al nulla, quel vuoto da dove ogni cosa è partita e dove ogni cosa ritorna. Capiamo questo dai dialoghi che si scambiano i protagonisti, perché il film costruisce per immagini e musica il concetto di fine, in cui le parole hanno solo un valore aggiuntivo, e a tratti, didascalico.

Un’opera di videoarte nel film è il prologo di Melancholia. La crisi depressiva di Lars von Trier passa, chiaramente, dalla perdita di riconoscibilità delle forme occidentali, classiche e rigorosamente simmetriche. La chiarezza della forma è molto ricercata. Lo sguardo di Justine in primo piano che solleva lentamente le palpebre degli occhi, depressa e cupa, guardano verso un futuro che non ha fondamenti.

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dal film Melancholia

Segue Claire, la sorella maggiore di Justine, esemplificazione dell’immagine elettronica (poi digitale) in rallenty, con cui il movimento disperato e le espressioni di dolore sono mostrati in una dimensione temporale e figurale nuova: il percorso visivo conoscitivo trae dalla lentezza e scomposizione del gesto una diversa percezione dell’azione.

Fluttuante, morbida e manipolabile come l’ontologia dell’immagine video artistica, Claire simboleggia il cammino decadente e precario di una madre che si ostina a salvare suo figlio dalla fine del mondo. La sua caduta è allusiva, ma vediamo quella del cavallo, a cui segue l’inquietante Justine in una posizione d’apertura verso la natura che sta per autodistruggersi.

La necessità della forma è intrisa nella composizione della villa il cui punto di fuga sull’asse principale è costituito dal bambino, situato al centro del quadro ottico (prospettiva brunellesca), legato alle due figure femminili: Justine, che soffre di una depressione che la conduce ad uno stato di reversibilità che coincide con l’infanzia e la primordiale paura del mondo; Claire, figura ambigua e mediatica che ha le premure della madre ideale che Justine non hai mai avuto. Ad ogni personaggio corrisponde un elemento celestiale, un flusso temporale rappresentato che pone due estremi e un centro, una fonte di luce (Claire) che si contrappone al blu di Melancholia (Justine). Al centro, perpendicolare a Leo, il passaggio da Antares a Melancholia, il legame tra il lato femminile luminoso e quello volto alla distruzione della specie. 

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dal film Melancholia

Nel delirio di Lars von Trier, l’occhio viene però abituato alla simmetria e alla precisione geometrica, che rievoca, inevitabilmente il senso occidentale di costruire spazio e tempo. Queste sono le coordinate che nel film, per molti aspetti controverso e con una prospettiva psicoanalitica complessa, possono aiutarci a trovare quell’ordine che denuncia il caos, dopo averlo sperimentato e vissuto. 

Justine che trova sintonia con la forza del pianeta, si muove in maniera rarefatta, dando l’idea di entità fisica che si scioglie nell’universo e prende parte allo scontro, e quindi alla fine del mondo. Dare ad un’immagine la funzione d’idea, di corpo scomposto nella sua materialità per diventare impalpabile, è come imitare l’onda percepibile e modellabile del segnale elettronico (forma d’arte che fa dello spettatore il protagonista di un’esperienza sensoriale irripetibile).

Il riferimento alla “forma” continua: Justine è in abito da sposa che galleggia su un fiume, citando la morte suicida dell’aristocratica Ofelia dell’Amleto, riprodotta dall’artista John Everett Millais, in un quadro omonimo nel 1852. Melancholia ingoia la Terra, ne assorbe i suoi connotati, si nutre della sua vita. Il pianeta che porta alla morte, prende il sopravvento sul luogo del dolore, chiuso nella sua convenzionalità e nel retaggio borghese.

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dal film Melancholia

Arriviamo così alla narrazione. Il primo capitolo (Justine) non è altro che l’ingresso nel mondo borghese e conformista attraverso il matrimonio, contro cui solo la madre della sposa ne dichiara l’odio e la disapprovazione. Attraverso la madre Justine riuscirà a palesare la sua crisi interiore e il rifiuto: “Esci Justine!“, le urla la madre, perché uscendo dalla forma precostituita e falsa, mediocre e corrotta, che Justine ritroverà l’istinto perduto e sopraffatto da ciò che la circonda.

Fallo uscire“, le urla questa volta la sorella Claire, quando di fronte alla debolezza psicologica di Justine, la obbliga quasi a uscire con il cavallo per andare a galoppare insieme. Uscire è una parola pronunciata spesso in Melancholia. Uscire dagli schemi sociali per dimenticarli, percepire così il senso di vuoto intorno all’esistenza, in cui i capisaldi della società e della convivenza, l’armonia dell’arte e della Natura, sono state sostituite e gradualmente annullate, dall’evoluzione sociale; sulla Terra si soffre, meglio morire, è una sorta di dolore morale da provare per fare esperienza della nullità dell’esistenza umana sull’unico pianeta in grado di produrre, e salvaguardare, la vita umana.

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dal film Melancholia

Il secondo capitolo (Claire) è il recupero psicofisico di Justine verso una condizione di appagata consapevolezza di essere vicini alla morte. Attesa, terapia, consolazione, panico. Il triangolo entro cui s’inseriscono Justine, Leo e Claire mentre Melancholia sopraggiunge per distruggerli, riporta all’inizio, al prologo: la prima immagine pone al centro della villa una grande orologio solare con una forma gigante la cui ombra compone un triangolo.

Simbolo dell’equilibrio e della perfezione, sintesi degli elementi primari, il triangolo ribadisce la fine della vita come morte delle forme intorno cui costruire il pensiero dell’uomo. 

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dal film Melancholia

Poi c’è Wagner, il tema portante del film è Tristano e Isotta, opera inserita nel genere Romantico, ma che introduce le basi del futuro. La musica è un linguaggio, una scienza, una forma codificata che Wagner rivoluziona anche attraverso questo Preludio. Il cromatismo ossessivo costruisce una suspense costante e irrisolto, lasciando che l’armonia tra le parti sia una costante ricerca che termina con la morte, come accade nell’opera di Wagner, che completa il discorso musicale solo con il canto finale sulla morte di Isotta.

Melancholia può avere diverse chiavi di lettura, come l’ineluttabile estinzione di una vita amorfa, che ha ceduto l’equilibrio armonico alle convenzioni della classe sociale, dei mass media, dell’arte incapace d’interpretare la realtà depressa; perché è la Terra ad essere cattiva, “non dobbiamo addolorarci per Lei, nessuno sentirà la mancanza“.

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