È morto Franco Interlenghi, l’antidivo di De Sica
Si è spento nella sua città a ottantatré anni Franco Interlenghi, uno degli anti-divi del cinema italiano: debuttò appena quindicenne in Sciuscià di Vittorio De Sica
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Ci sono delle figure, nel cinema, che immediatamente ci ricollegano a generi e filoni narrativi.
I volti di queste personalità, spesso indimenticabili, diventano parte di una sorta di “coscienza collettiva cinematografica“, che consente anche ai più giovani di riconoscere il viso di certi attori, anche se essi non sono parte della loro generazione.
È un po’ come quando si osserva il volto di Anthony Perkins ed immediatamente lo si ricollega a Norman Bates, lo schizofrenico di Psycho.
In Italia, uno di questi è stato Franco Interlenghi, 83 anni, morto ieri a Roma.
Il suo viso nel film d’eccellenza del neorealismo italiano di Vittorio De Sica, era conosciuto un po’ da tutti, anche da quelli che il suo “Sciuscià” non l’hanno mai visto. E infatti, la scena di lui quindicenne, smaliziato e sfortunato lustrascarpe di un’Italia distrutta dalla guerra la conoscono tutti.
Pochi, invece, sanno che Interlenghi era stato fino a pochi anni fa davanti alle telecamere come attore, ed una delle sue ultime interpretazioni era stata quella del Barone Rosellini nel Romanzo Criminale di Michele Placido.
Una vita nel cinema, insomma, per Interlenghi, che all’inizio non doveva fare l’attore, ma divenne suo malgrado uno dei volti dei “giovani e belli” italiani del dopoguerra.
Dopo De Sica, infatti, Interlenghi finì sulla strada dei grandi epigoni del cinema italiano, da Emmer in “Domenica d’Agosto” fino a Fellini, che lo volle per “I vitelloni” e Michelangelo Antonioni nei “Vinti”.
A questi seguirono una serie di importanti cimeli della cinematografia italiana, da Totò e Peppino e i fuorilegge fino a Don Camillo e al “Generale Dalla Rovere” di Roberto Rossellini.
Una carriera cinquantennale, dunque, per un attore che è stato apprezzato anche all’estero e che ha vissuto una lunga storia d’amore con la collega Antonella Lualdi, un divo della “porta accanto“, della quale ricorderemo sempre lo sguardo timido e intenso, lo sguardo di un giovane che ha raccontato una delle tante storie del Bel paese.
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