12 Giugno 2015 - 11:00

Mestieri, tradizioni e stili di vita racchiusi nel museo di Camerota

museo camerota

A ZONzo ritorna a Camerota per far visita al museo dell’artigianato locale. Un vecchio carcere borbonico dove trovare pezzi unici, come la lanterna magica

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Non si smette mai di conoscere un luogo, vicino o lontano che sia, perché basta (ri)guardarlo da un’angolazione diversa, personale, che tende a seguire una certa curiosità. Quando il luogo poi, è vicino alla tua casa, allora il senso della ricerca incorpora la volontà di essere padroni della propria storia, delle strade in cui si cammina spesso per abitudine; così andare significa soffermarsi e guardare incantarsi.

Vincenzo Ruocco e Arnaldo D’Alessio sono i nuovi protagonisti di A ZONzo, che mi accompagnano in questo nuovo viaggio nel passato. Due veterani del territorio, che continuano a divulgare un sistema di tradizioni e stili di vita, si commuovono ancora nel ricordo di tempi che hanno vissuto o sfiorato, ascoltato dai nonni, che cercano ora di far appassionare le nuove generazioni per non lasciare la memoria sedimentata sui muri, sulle porte e dentro i musei, strozzata dalla fine di una tradizione orale che si è raccontata negli anni.

museo camerota

Museo di Camerota

Un museo che nasce da un carcere storico del Regno delle due Sicilie, si è arricchito nel tempo grazie al lavoro certosino dell’Associazione culturale “Storia e Memoria camerotana” e Museo dell’artigianato, fondata da Vincenzo Ruocco e Vittorio Pucci, che hanno collezionato e conservato oggetti che raccontano stili di vita non troppo lontani dalle tradizioni locali di oggi. Si può partire dal registro dei commercianti, appartenente alla classe alta del paese, come la famiglia D’Ambrosio, dove si annotavano le spese del popolo. Ogni cifra, in mancanza di denaro, veniva recuperata attraverso la forza lavoro e lo scambio di merci.

Qualcosa è rimasto di questa consuetudine, perché in questi piccoli paesi, si fa spesso spesa in credito, lasciando un conto aperto fin quando non arriva il tanto atteso stipendio o la “giornata”. Si vive un po’ come ieri, eppure non sempre osserviamo gli strumenti che i nostri antenati hanno fissato in cantine, case, campagne con il fascino e la cura che meriterebbero, ma li riteniamo scontati.

Entrare con l’aspettativa di meravigliarsi per avvicinarsi al passato, ammirando l’essenzialità e la funzionalità dei reperti utilizzati: è forse questa una nuova angolazione con cui fare visita al museo di Camerota.

Sul lato della struttura si possono ancora vedere tre stemmi che ci dicono qualcosa sulla struttura politica del paese: al centro il simbolo del Regno delle due Sicilie, a destra il marchesato di Camerota e a sinistra il Principato Citerione di Salerno.

All’interno del museo si rivivono i mestieri del paese di cui, negli anni ’50, contava 32 calzolai, 30 sarte, 16 falegnami, 5 barbieri, 5 fabbri, 18 muratori, 26 vasai e 8 frantoi; diversamente negli ultimi anni, in cui sono rimasti solo alcuni falegnami e vasai, aumentati i muratori, mentre sono stati abbandonati tutti gli altri mestieri.

Galleria fotografica con alcuni oggetti presenti nel museo di Camerota

Osservando i pezzi del museo possiamo capire che cosa si faceva a Camerota, la moda del tempo, come si ottenevano alcuni prodotti come il lino e le libane, fonte di ricchezza del territorio, riuscendo a comprendere anche la struttura gerarchica dentro il Marchesato. Infatti sono di notevole manifattura anche gli abiti dei nobili del paese conservati con cura dal custode Vincenzo, così come le coperte ricamate che si tramandano nel tempo, perché molte famiglie ancora oggi ne fanno uso.

Al di là dei pezzi meno rari, come il piano di lavoro delle scarpe, i vasi in creta, il telaio, l’aratro, le chiavi e i ferro da stiro, man mano che si attraversa il museo si notano oggetti sempre più singolari come: il “termosifone rudimentale”, che consiste in un braciere con una struttura di sbarre di legno intrecciate tra loro sulle quali si posavano i panni bagnati, lo stampa ostie, strumenti per creare i fuochi d’artificio (che è stata una tradizione lavorativa attiva fino a pochi anni fa a Camerota), contenitori di creta per preparare il concentrato di pomodoro, ma in particolare, ciò che stupisce è la lanterna magica. Invenzione di Edison, è il precinema che anticipa il cinematografo dei fratelli Lumière, è stata realizzata da un ingegnere di una facoltosa famiglia di Camerota. Un pezzo unico, di un fascino incredibile con cui è possibile osservare il modo d’intrattenimento della fine dell’Ottocento, quando solo con due vetri in movimento era possibile creare una breve storia, dal genere comico al drammatico, grazie al supporto di un narratore e anche di musica.

Un altro settore importante del museo è quello dedicato ai lavori nei campi, dove ci sono interessanti oggetti legati all’aratro, alla lavorazione del maiale, ma anche particolarità come una piccola ricostruzione di come veniva prodotta la brace, la cesta che veniva donata dalla famiglia della sposa con il corredo, e infine la vanvera.

La “vanvera” è il pezzo che s’incontra alla fine del percorso nel museo, accanto alla frisina“. Se la frisina era l’antico WC della famiglia più povera, in cui venivano raccolte urine e feci di tutti i componenti per poi essere versati nei campi il giorni successivo con la funzione di concime, la “vanvera” è qualcosa di simile pensata per i nobili. Una frisina dentro una sorta di mobile rettangolare che veniva chiuso dopo l’utilizzo, ma i nobili avevano pensato ad un sistema di pulitura simile allo scarico di oggi, che permetteva di lasciare pulito il vaso.

Un percorso ricco di elementi suggestivi, completo, che racconta tanti piccoli dettagli di una piccola società che si è basata sull’agricoltura e l’allevamento, ma anche sulle creatività grazie all’artigianato. Camerota è ancora un paese con pezzi di memoria locale da incontrare e non resta che farci visita, con quello sguardo più intimo e meno disfattista, per cogliere preziosi e originali momenti di vita quotidiana trascorsa nelle case di ricchi e poveri, e che ancora oggi è possibile riscontrare in piccoli gesti, alcune tradizioni, in modi di fare ed esprimersi.

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