Parlamento e Governo nel dibattito politico di questi giorni. Le posizioni dei quattro maggiori gruppi ed i possibili scenari
Le
Elezioni 2018 sono passate ormai da due settimane circa ma, escludendo i rappresentanti eletti in
Parlamento, la situazione è praticamente bloccata a meno di dieci giorni dall’insediamento delle
Camere. Infatti, causa anche una
legge elettorale non del tutto impeccabile, l’
Italia si trova in un nuova situazione di impasse da cui uscire è praticamente un’impresa. Con la prova dei Presidenti dei due rami del Parlamento, le forze politiche – coadiuvate dal
Presidente della Repubblica Mattarella – hanno l’intricato compito di trovare una soluzione nel minor tempo possibile. Allo statato attuale, considerando singolarmente i quattro schieramenti principali presenti alle
elezioni, ci si appresta a
passare uno dei mesi più caldi (politicamente si intende) dell’intera storia nostrana.
Centro – destra: Il passaggio del testimone da
Berlusconi a
Salvini è stato sancito dalle elezioni e, con il
35% di consensi ottenuti, la coalizione guidata dal segretario della Lega ha tutta l’intenzione di non farsi scappare l’occasione. Infatti, contro qualsiasi pronostico, si potrebbe concretizzare l’ipotesi di un
Governo (fu) padano che farebbe facilmente accrescere la sua forza politica. I numeri in
Parlamento richiedono qualche aiuto ma proprio la presenza delll’ex europarlamentare (ed il suo gruppo) rappresenterebbe il vero problema per la formazione di una
maggioranza ampia che richiederebbe a molti di andare ben oltre il concetto di le larghe intese.
M5S: Il movimento guidato da
Di Maio rivendica, giustamente, l’incarico dal
Presidente Mattarella ma il contesto creatosi nel sistema partitico quasi sicuramente impedirà la formazione di un
Governo pentastellato. Anche qui i numeri richiedono un rinforzo – maggiore di quello precedente in virtù del
32% ottenuto – ma, al contrario del
centro-destra, i rappresentanti non sono ben visti dall’intero spettro parlamentare. Con la netta posizione del
Pd – il cui ragionamento marca, sostanzialmente, l’idea di
o con noi o meglio a nessuno – al movimento sembra non restare altro che la prossima tornata dove proprio l’attuale atteggiamento
Pd potrebbe garantire nuovi, e ben più ampi, consensi.
Pd: La situazione più complicata in assoluto.
Renzi si è ufficialmente dimesso ma il
renzismo regna ancora sovrano nei democratici. La strategia di evitare a qualsiasi costo la formazione di un Governo potrebbe, nel medio/breve termine, costare carissima ai dem alimentando ulteriormente la
volatilità del voto (che tanto ha penalizzato la coalizione di
centro – sinistra). In sostanza tutto dipenderà da
Mattarella, che potrebbe mettere di fronte alle proprie responsabilità il partito, ma è molto facile considerare una soluzione a metà con un ritorno al voto fra qualche mese.
LeU: Dilaniata dalla tornata elettorale,
LeU cerca di rendersi utile quanto più possibile. Mostrando disponibilità ad appoggiare un
Governo 5 stelle, ha l’ingrato compito di frenare il
Pd in caso di possibile avvallo di nuove
larghe intese (fino alla scorsa Legislatura portate avanti). La marginalità del movimento nato a dicembre è tanta e le mosse future potrebbero determinare la vita, o meno, del nuovo soggetto guidato da
Grasso.