1 Maggio 2021 - 12:31

Pio e Amedeo: cosa va e non va nel loro monologo di ieri

Pio e Amedeo - Felicissima sera

Come annunciato, nell’ultima puntata di Felicissima Sera, Pio e Amedeo si lanciano in un monologo sul politically correct

Felicissima Sera si è concluso ieri sera. Boom di ascolti per il duo comico di Foggia, Pio e Amedeo, che ha battuto anche Carlo Conti in diretta sulla Rai. Sono state tre puntate stravaganti e leggere che hanno strappato un sorriso agli italiani dopo più di un anno di pandemia e restrizioni. Non tutti gli italiani, perché si sa, come tanti comici, Pio e Amedeo appartengono a quella categoria che o li si ama fino ad idolatrarli o li si odia da non poterli tollerare.

E fin qui nulla di nuovo. Se non li gradisci, basta cambiare canale. Peccato che nell’epoca dei social non si può più decidere cosa vedere e cosa no. Perché l’indomani mattina ci si sveglia con la carrellata di clip di Pio e Amedeo, in particolare di un loro monologo. Un monologo che tratta i temi classici e forse cari ai due comici: il politically correct. Cercando di sdoganare la tv italiana, Pio e Amedeo hanno voluto porre l’attenzione su tutto quello che non si può più dire in tv e che loro ieri hanno voluto dire senza freni.

Ma cosa hanno detto in questo monologo di 20 minuti? A parte il teatrino che vede Amedeo lanciato nel dissacrare la comunicazione e Pio che cerca di mettere di frenare l’impeto dell’amico collega, il monologo tratta i temi del razzismo, dell’omosessualità e, non si sa per quale ragione, di Cecchi Gori e Hitler.

Ecco le frasi salienti:

“Non dobbiamo vergognarci di dire la parola ‘neg*o’ perché conta la cattiveria nella parola, conta l’intenzione. Se l’intenzione è cattiva, allora è da condannare. Il politically correct ha rutt’o ca**”.

Nemmeno ricch***e si può dire più, ma è sempre l’intenzione il problema. Così noi dobbiamo combattere l’ignorante e lo stolto. Se vi chiamano ricch***e voi ridetegli in faccia perché la cattiveria non risiede nella lingua e nel mondo ma nel cervello, è l’intenzione”.

Anche il Gay Pride non ha scampo, “Ma mi avete mai visto a me con il cartello per strada a gridare ‘evviva la f***a‘? La cosa che i gay sono sensibili, non la sopporto. Ma perché noi etero facciamo schifo?”.

Spoiler: non fa ridere

Partiamo dal presupposto che l’idea di base da cui partono Pio e Amedeo non è completamente sbagliata. Il politically correct – politicamente corretto – sta rischiando in questi ultimi anni di mettere bavagli e censure a chiunque si spinga a toccare temi caldi o comunque che possano toccare la sensibilità di chiunque si senta schernito.

Sicuramente in questi anni la sensibilità nei confronti delle minoranze è cresciuta notevolmente. Ma è proprio grazie a questa grande sensibilità che sono sorte proteste, manifestazioni, richieste di eguagliare i diritti di tutti per sentirci ed essere tratta davvero nello stesso modo.

Viceversa, come se guardassimo dall’altra faccia della medaglia, i social hanno reso la vita difficile a comici, politici, conduttori televisivi o personaggi noti del mondo social. È come se ci fosse un tacito accordo nato sui social dove ognuno a turno può decidere che quella parola, quella smorfia, quella battuta possa infastidire qualcuno. Ma essendo il mondo così vario e i social così diffusi, si finisce per cadere nella trappola in cui davvero è difficile poter dire qualsiasi cosa senza cadere nella colpa di aver ferito qualcuno.

Giusto. Ma Pio e Amedeo lo hanno raccontato male. E non perché i temi cult sono i neri e i gay, ma perché semplicemente guardare in telecamera e dire “se ti chiamano neg*o non ti offendere, ridi!” non funziona. Come quando sei triste e di ti consigliano di non essere triste. Non funziona così. E forse finché non lo so si prova sulla pelle non si può sindacare come sentirsi e come comportarsi.

La lingua è lo strumento del cervello

Quando Pio e Amedeo esordiscono dicendo che se nelle parole non c’è cattiveria se l’intenzione è pura dimenticano che il linguaggio è l’espressione delle nostre intenzioni. Certo si possono cambiare, mascherare, dissimulare ma le parole per quanto vogliamo relegarle a semplici accompagnatrici, sono davvero importanti.

Non si può sminuire tutti i casi noti e stranoti di discriminazione sessuale, razziale avvenuti nel nostro paese e non solo. Casi in cui le parole facevano così rumore da spegnere le vite di coloro che lo subivano. Le parole sono importanti, le parole feriscono e soprattutto non vengono dimenticate.

Se si vuole partire da qualche parte per sconfiggere l’ignoranza, non si deve ridere, si deve educare al rispetto prima di tutto. Ma sappiamo che per Pio e Amedeo la televisione non è educare. È cos’è allora?