18 Marzo 2016 - 23:05

Referendum Anti-Trivelle. PD: sì, no, forse

Il referendum del 17 aprile 2016 apre un nuovo scontro nel PD. Fra l’astensionismo nazionale e propositivismo locale si apre una nuova voragine all’interno del partito di maggioranza relativa. Ma non è tutto oro ciò che luccica

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Una delle maggiori “armi” nelle mani della popolazione italiana è rappresentata degli strumenti di “democrazia diretta”.

Questi, al contrario di quelli fondati sulla “democrazia rappresentativa” (che concepiscono la delega del “potere” a rappresentanti in Parlamento), prevedono l’intervento diretto della cittadinanza attraverso l’esercizio “diretto” del potere legislativo.

referendum

Referendum

Fra i tanti strumenti di democrazia diretta, uno dei più celebri è senza dubbio il “referendum abrogativo”,(disciplinato dall’art.75 della Costituzione)divenuto negli anni uno degli “atti” più controversi del nostro ordinamento.

Infatti, fra esiti disattesi(vedi quello sul finanziamento pubblico ai partiti o, più di recente, quello sull’acqua pubblica) e inviti ad astenersi dalla consultazione, il referendum è divenuto, negli anni, la più grande arma di “lotta politica” fra i diversi schieramenti.

Anche questo 2016 riserva alla “popolazione italica” un importante appuntamento per il 17 aprile riguardante l’abrogazione di una parte dello “Sblocca Italia” inerente le trivellazioni petrolifere in mare (ahimè soltanto quelle).

In questo periodo di campagna pre-referendaria a primeggiare, “casualmente” in maniera negativa, è il Partito Democratico che dopo l’astuta mossa di evitare l’election day (cioè la concomitanza fra elezioni amministrative e referendum per tentare il colpaccio attraverso il mancato raggiungimento del quorum) si è reso protagonista di un’altra situazione talmente particolare da scaturire nella “tragi-commedia”.

Con una comunicazione dell’Autorità garante sono state rese note le posizioni dei soggetti politici in vista del 17 aprile in cui il partito di maggioranza relativa, il Pd, si è dichiarato a favore dell’astensione.

Fin qui nulla di particolare, dato che l’astensionismo (e non il voto contrario) è l’arma solitamente usata da chi si schiera contro il referendum (vedere ad esempio il comportamento, non del tutto opportuno e totalmente ingerente, del Vaticano nelle ultime consultazioni su temi etici) e dato che il Pd è uno dei soggetti promotori del provvedimento in discussione.

Ciò che lascia totalmente attoniti, però, è l’ambito delle regioni che hanno richiesto il referendum (ben nove. Per la Costituzione ne bastano cinque) che investe Consigli Regionali tutti a guida Pd.

La notizia, che ha scatenato l’ennesima lotta interna fra le diverse anime “dem”, è resa, però, ancor più amara sia da una non ben chiara linea politica del partito che dovrebbe “rilanciare” la nazione (delineando anche una sostanziale distanza  fra il centro e la periferia) che da taluni protagonisti promotori dello stesso referendum.

Fra questi è possibile individuare i membri del Pd lucano (espressosi ieri con Piero Lacorazza, Presidente del Consiglio regionale della Basilicata) che, pur essendo contrari alla specifica norma dettata dallo “Sblocca Italia”, si sono resi protagonisti, negli anni, non solo della “devastazione” regionale attraverso le trivelle (molti progetti esplorativi sono ancora in “ballo” ed aspettano solamente l’ok dalla Regione secondo il classico metodo del silenzio-assenso degli enti locali) ma anche di diverse vicende “oscure” legate proprio al mondo dell’oro nero (vedi il famoso “Totalgate” in cui furono coinvolti diversi esponenti “democrats” del mondo lucano).

Anche in questo caso, nonostante le divergenze sullo specifico caso, non si capisce effettivamente quale sia il vero “modus operandi” della politica “piddina” nazionale (e locale) che, spesso e volentieri, si divide fra il “populismo di facciata” (portato avanti per “recuperare” i punti persi su determinate tematiche) e il clericale “fate come dico io ma non fate come faccio io”.

Se fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, si spera che questa volta il corso d’acqua in questione non sia, dopo un’eventuale vittoria (o sconfitta), riempito di trivelle “assorbi vita”. [ads2]