12 Gennaio 2016 - 17:07

Il ricatto politico/referendario di Matteo Renzi

L’approvazione del ddl Boschi (la riforma del Senato che ha ricevuto il quarto sì a Montecitorio) apre le porte al referendum costituzionale. La consultazione, però, per volere del Segretario/Premier Renzi rischia di trasformarsi unicamente in un test politico per la maggioranza

[ads1]Nella giornata di ieri la Camera dei Deputati (con 367 voti favorevoli, 194 contrari e 5 astenuti) ha approvato per la quarta volta il celebre ddl Boschi, chiudendo così (senza contare la nuova “navetta” che ci sarà nei prossimi mesi senza possibilità di modifica del testo) l’iter costituzionale della riforma del Senato.

Il nuovo provvedimento, sponsorizzato dal Ministro di cui porta il nome e fortemente voluto dal Segretario/Premier Renzi (in nome di una presunta semplificazione dell’iter legis), verrà sottoposto a referendum confermativo (o costituzionale), in cui il popolo italiano sarà interpellato sulla “bontà” o meno del provvedimento.

Il ricatto politico/referendario di Matteo Renzi

Matteo Renzi

Questa successiva fase di democrazia diretta, però, rischia di essere fortemente “inquinata” dal “modus operandi” dello stesso Renzi che, ignaro (ma neanche tanto) delle proprie esternazioni, ha cercato di unire in un sol colpo il lato prettamente politico con quello istituzionale.

Al grido “Se perdo il referendum sulle riforme costituzionali smetto di far politica”, Renzi ha esplicitamente rivelato la propria strategia, consistente nella “politicizzazione del referendum costituzionale”.

Infatti, mettendo sullo stesso piano la “vita” del suo governo e la riforma costituzionale, il Premier sta cercando di rendere la consultazione un test “politico-elettorale” sul suo mandato.

In questa specifica situazione, in cui la volontà di fondere gli ambiti per destare maggiore instabilità nell’esame popolare della riforma, si viene a creare l’ennesimo mostro fondato sulla verifica politica piuttosto che sul merito della questione.

Il referendum costituzionale di ottobre (data rivelata dallo stesso Renzi), quindi, si conformerebbe come una sorta di tornata elettorale per decidere non tanto sulla conferma o meno del “nuovo Senato” ma su chi è a favore e chi contro l’attuale governo (e Premier).

Inoltre, la personalizzazione dello strumento di democrazia diretta, rischerebbe di far venir meno i presupposti dello  stesso e, contestualmente, far decadere il vero interesse della consultazione.

Se il “sonno della reagione genera mostri”, si può dire che l’Italia è in letargo da diversi decenni… Sperando di svegliarci il prima possibile.

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