13 Novembre 2023 - 16:23

Samuele Carrino: “Devo tutto alla mia famiglia”

Salvatore Esposito e Flavio Insinna sono i suoi "padrini" artistici: Samuele Carrino si racconta ai microfoni di Zon.it

Samuele Carrino

Dai palchi dei saggi di danza nella sua Gallipoli alla grande fiction italiana: incontriamo Samuele Carrino, giovane promessa del cinema italiano (lo abbiamo visto in Spaccapietre al fianco di Salvatore Esposito), con un mito nel cuore, il John Travolta artista a trecentosessanta gradi di “Grease”, e la spalla di sua mamma Mina a cui appoggiarsi sempre: “E’ iniziato tutto grazie a lei, per caso”, ci racconta, “oggi inseguo il mio sogno senza dimenticare di essere ancora un ragazzino”. Il Caso, dunque, ma – come fosse un moderno Telemaco – la storia di Carrino è anche un viaggio, più viaggi: da Gallipoli a Roma, oggi la sua città adottiva: “Ma appena posso torno giù, a godere del nostro bellissimo mare”.

Samuele, pur giovanissimo nella tua carriera hai già lavorato al fianco di professionisti del calibro di Salvatore Esposito e Flavio Insinna. C’è un insegnamento particolare che ti hanno lasciato?

Lavorare con persone come Flavio Insinna Salvatore Esposito è stato davvero un onore, un grande privilegio. Li ho studiati da vicino ed essendo dei grandi professionisti ho imparato tantissimo. Dei giorni sul set con Salvatore conservo la sua perseveranza. Flavio, invece (con cui ha condiviso il set del tv-movie per Raiuno “La Stoccata Vincente”, ndr.) è un professionista umile e sempre disponibile. In entrambi, oltre la cinepresa, ho trovato degli amici veri e premurosi. Anzi Flavio, non credevo potesse succedere, fa ormai quasi parte della mia famiglia: infatti per me oggi è semplicemente zio Flavio.

Quali sono da spettatore, invece, i tuoi film e serie tv preferiti?

Sui film non ho un genere preferito, mi piace davvero guardare un po’ di tutto. Ho un debole, però, per quelli che raccontano delle storie vere, con al centro persone che hanno in testa ben chiaro il loro obiettivo e, pur tra mille difficoltà, provano e riescono a raggiungerlo. Sono poi molto affezionato a quei film che hanno fatto la storia del cinema internazionale, “Rocky”, “La Vita è bella”, il “Gladiatore”, “Lo Squalo”, e a film musicali come “Grease” perché mi ricorda tutti i saggi di danza in cui ho interpretato il mitico Danny Zucco. Tra le mie serie-tv preferite invece, sarà anche per via dell’età, c’è “Stranger Things” ma mi diverte molto anche un classico del genere come “Friends”.

Quando è scattata la scintilla che ti ha spinto a voler vivere questo mondo da dentro?

In realtà a questo mondo mi sono avvicinato per caso: un giorno alla mia mamma è arrivata la mail di un casting che cercava un bambino di 7/8 anni, calabrese, per un film da protagonista. All’inizio mamma non credeva potessero prendermi in considerazione, anche perché io sono pugliese. Il giorno dopo ero invece incredibilmente a Roma per conoscere il regista. Sul set è stato tutto molto naturale: forse lì ho cominciato a pensare che avrei voluto continuare su questa strada. Sono stato da subito consapevole dei sacrifici, dello studio che serve per ottenere un certo livello di preparazione (la dizione, l’inglese, la memoria per mandar giù le battute del copione) ed ho cominciato ad organizzare le mie giornate in modo da non dover rinunciare alle cose “normali” che fa un ragazzino della mia età.

La tua carriera inizia nel 2019 con il tv-movie “Liberi di Scegliere”, al cui centro ci sono storie di ragazzi dal passato e dai contesti familiari difficili. Niente di più distante da te che hai trovato nella famiglia un grande supporto…

Assolutamente sì. Pensa che quando devo registrare un self-tape, mamma mi fa da spalla, mia sorella si occupa della parte tecnica e mio padre dà un parere quando abbiamo finito. Ma non è solo questo: tutti e quattro, abbiamo macinato chilometri (facendoci anche 12/13 ore di macchina tra andata e ritorno) per raggiungere le città dove si tenevano i provini. I miei mi hanno portato dappertutto, quasi fino in capo al mondo. Oggi che le cose si sono fatte più serie ci siamo trasferiti a Roma. Ma appena possiamo torniamo giù, per vedere parenti ed amici e soprattutto godere del bellissimo mare.

La tua mamma, Mina, ha un nome che è quasi un’antonomasia nella cultura e nella musica italiana. Quali artisti non possono invece mancare nella tua, di playlist?

Mi piace molto la trap ma, anche in questo caso, ascolto davvero di tutto. Soprattutto durante i lunghi viaggi in macchina di cui ti parlavo prima: dal cantautorato italiano (Califano e Celentano su tutti) alla musica neomelodica. Senza dimenticare un po’ di sano orgoglio pugliese con i Boomdabash e Alessandra Amoroso. Ti faccio sorridere: è vero, mia mamma si chiama Mina ma per me è anche una mina, nel senso che è scoppiettante, energica, pronta a fare per noi figli cose di fronte alle quali gli altri rimarrebbero a bocca aperta. La vena artistica, io e mia sorella, la dobbiamo a lei (che è un’insegnante di musica e suona il pianoforte) e a mio padre che suona clarinetto e fisarmonica da quando aveva 6 anni.