“Suspiria”: l'(h)orrore di Luca Guadagnino. La recensione
Suspiria di Luca Guadagnino: il falso remake del capolavoro di Argento è un film sull’orrore della storia e sulla preservazione della memoria. La recensione
Parlare del Suspiria di Luca Guadagnino è lavoro assai difficile. Superfluo sarebbe accostarlo fin da subito al capolavoro di Argento. Piuttosto, ci sarebbe da chiedersi quanto del materiale primario di Argento c’è nell’opera omnia di Guadagnino.
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Al contrario, invece, le domande proverrebbero piuttosto da cosa Guadagnino ha cambiato, ha aggiunto, ha sovvertito, ha riletto con la sua firma, con la sua personalità. Forse però il compito di qualsiasi critico, davanti all’opera più discussa dell’ultimo anno, è quello di farne un corpo estraneo, espropriarlo dal suo titolo iniziale. Farne un film completamente nuovo, criticarlo (nel bene o nel male) come un film che non ha avuto precedenti, che tanto meno non ha riferimenti coniati al passato.
Perché Suspiria di Luca Guadagnino è un film da prendere o lasciare, senza utilizzare quel metro di paragone. Perché Suspiria di Guadagnino avrebbe potuto chiamarsi in tanti modi diversi, se non per l’affetto del suo autore che reclude la sua opera come una sorta di falso remake. Perché forse, anzi quasi sicuramente, il film di Guadagnino non è neanche un horror. È inutile quindi sviscerare per quel po’ che ci compete la trama molto vicina al film di Argento.
Sulle tracce di Guadagnino
Come in Call Me By Your Name, come nel precedente A Bigger Splash, quello che più premeva al regista era di raccontare un sistema di personaggi inizialmente delineati in un microcosmo quasi immutato, fermo. Trasognato e estivo, quasi simposiale o paradisiaco.
In Call Me By Your Name, la storia d’amore tra un uomo, studente di archeologia, e del figlio del professore di lui, si impregna pian piano di lingue diverse, di culture opposte, di confronti generazionali, di musica contestualizzata ad un’epoca. Le migliori passeggiate tra loro, erano un continuo scambio di storia e di cultura. L’immagine iniziava come in “A Bigger Splash” a parlare di qualcos’altro. Ad essere un’immagine fortemente “archeologica”. L’immagine di Guadagnino è un’immagine-reperto prima di tutto. Un manufatto che racchiude non solo i personaggi, ma che racchiude anche l’orrore, ed è in questo che Suspiria è un film dell’orrore e non un horror.
Il film sull’orrore di Guadagnino non horror
Prima di tutto Suspiria è un film dell’orrore perché la scuola in cui si formano le sue ballerine è situata nella Germania divisa dalla guerra. In secondo luogo potrebbe essere interessante (se bisogno ce n’è) di dargli dell’horror perché la scuola in cui si formano le sue ballerine è dimora di streghe. L’orrore che racchiude la filmografia intera di Guadagnino è la paura di dimenticare la propria storia e la storia universale.
Allora, Suspiria di Guagagnino, per quanto sia un grande cinema, per quanto di registi come Guadagnino ce ne siano effettivamente pochi, è prima di tutto un film sul ricordo, per l’arte, per ciò che rimane eterno, per ciò che non è solo vanità, ma è identità.
Il male è donna
Suspiria è anche un film sulle streghe. Un film con la bellissima colonna sonora di Thom Yorke. Un film onirico riuscitissimo che forse neanche a Lynch sarebbero venute in mente certe visioni, poi è un film cannibalico sul talento e sulla violenza della danza.
Suspiria è soprattutto un film femminile, dove per donna, come un po’ nel cinema di Antonioni, si intende quella antenna perfetta che assorbe le colpe del mondo, il suo male. Quindi è prima di tutto forse, un film sul senso di colpa oltre che sulla memoria, tutto coniato al femminile.
Poi è un film sul sangue o un film vampiresco. Proprio alla fine è un horror. Ma come ha piacere la sua protagonista nel danzare sulle viscere del pavimento e della terra, ognuno può scegliere la sua prospettiva, vedere Suspiria come vuole, facendosi conquistare comunque, perché Luca Guadagnino fa grande cinema.
Il trailer
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