The Imitation Game, la guerra di Turing
The Imitation Game, la guerra di Turing per portare a termine un’idea
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The Imitation Game, ovvero il gioco dell’imitazione, ovvero la storia di un matematico che ha contribuito alla fine della Seconda Guerra Mondiale, e alla vittoria degli inglesi grazie al suo calcolatore che nel film si chiama Christopher e nella storia è ricordato come Macchina di Turing, l’antenata del computer. Un uomo che visse gran parte della sua vita, conclusa con il suicidio all’età di 41 anni, nell’imitazione appunto, fingendo spesso di essere diverso dalla propria natura.
Turing era un crittografo, oltre che matematico, e la macchina che aveva inventato e che impiegò tutta la vita a teorizzare e perfezionare, fu capace, durante la guerra di decifrare i messaggi in codice della marina militare tedesca che venivano trasmessi attraverso la temuta macchina Enigma che, come dice il nome stesso era impossibile da decodificare con la semplice mente umana e il calcolo.
La storia diretta da Morten Tyldum ha per protagonista Benedict Cumberbatch, già star della serie Sherlok, questa volta nei panni del matematico Alan Turing. La vicenda comincia dalla fine, ovvero dal 1952, anno in cui Turing denunciò per furto un suo amico ospite in casa sua. Da questo momento la polizia indaga sul matematico fino a scoprirne, su sua conferma, l’omosessualità. Il detective Nock (Rory Kinnear) in particolare è convinto che Turing stia lavorando a qualcosa di grosso e proprio dall’interrogatorio con quest’ultimo che Turing racconta della sua esperienza di crittografo presso il Department of Communications e di come sia riuscito a risolvere Enigma.
Il film è tratto dalla biografia di Turing, scritta da Andrew Hodges e pubblicata dapprima con il titolo di Alan Turing: The Enigma e dopo l’uscita del film con il titolo Alan Turing, storia di un Enigma.
Non è il primo film, candidato agli Oscar 2015, che tratta la storia di uno scienziato e delle sue scoperte. Di recente è uscito nelle sale La teoria del tutto in cui si racconta la storia di Stephen Hawkins e della sua teoria del tutto, appunto, anche se il film si concentra soprattutto sulle vicende personali dello scienziato e in particolare sul modo in cui affronta la malattia.
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In questo caso, fin dall’inizio, è evidente come al centro della storia vi sia la macchina, la sua progettazione ed esecuzione a ogni costo. La passione per un’idea, un progetto, sono la cosa più importante per Turing che pur di non abbandonare un’idea accetta di sottoporsi a una cura ormonale per la sua omosessualità per non andare in prigione.
In questa storia, a differenza del film di James Marsh, non ci si sofferma molto sull’amore e sui rapporti interpersonali fra Turing e gli altri. Se ciò accade è tutto in funzione del suo progetto e della sua vita privata riusciamo a cogliere qualcosa solo dai flashback che riguardano la sua infanzia in un collegio inglese maschile. La vera protagonista del film è la macchina Christopher e la guerra personale che Turing deve compiere per portarla a termine. Prima gli ostacoli che gli si pongono proprio da parte dei superiori e dei colleghi durante la guerra e poi quelli causati dall’omofobia dilagante in quel periodo.
Il film è fedele a quella che è stata la vita privata di Turing e al suo progetto, ottima l’interpretazione di Cumberbatch sul quale non c’erano dubbi. Tutto il cast è ben calibrato e ruota intorno al protagonista lasciando cogliere la brillantezza d’interpreti come Matthew Good che avevamo apprezzato in Stoker di Park Chan- wook e Keira Knightley che ormai non riusciamo a vedere in film che non siano in costume.
Il regista è riuscito a creare empatia, emozioni e commozione rendendoci partecipi della travagliata vita di Turing dal primo fotogramma all’ultimo, come se la sua causa fosse anche la nostra.
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