26 Gennaio 2019 - 08:00

The Punisher: Frank Castle porta a termine la sua “missione”

The Punisher

Con l’uscita della seconda stagione di The Punisher, Marvel dà l’addio ufficiale a Netflix. E, fortunatamente, riesce a farlo in modo dignitoso

C’era una volta Frank Castle. Così si aprirebbe la favola che riguarda una delle serie Marvel più riuscite, frutto del connubio con Netflix. Una favola destinata a terminare proprio in questo mese, con l’uscita della sua seconda stagione sulla piattaforma streaming. Per ora, ancora non si conosce il futuro di The Punisher, e non si sa se, effettivamente, la piattaforma Disney in sviluppo contribuirà al suo salvataggio.

Intanto, però, l’universo dei personaggi che animano il mondo del personaggio fumettistico più “americanizzato” che mai è sbarcato nuovamente. La sua seconda stagione, infatti, è online dal 18 Gennaio. La storia, neanche a dirlo, segue la vicenda di Frank Castle (interpretato da Jon Bernthal). Ex marine divenuto spietato vigilante, Castle è alla ricerca di vendetta dopo l’uccisione della sua famiglia.

Una vendetta che rivela una rete di criminalità ben più grande di quanto Castle immaginasse. Se nella prima stagione abbiamo avuto il confronto con il suo “compagno di merende” Billy Russo (un ottimo Ben Barnes), questa seconda stagione apre e chiude contemporaneamente scenari che potrebbero far evolvere la trama e farle spiccare definitivamente il volo.

Frank, nella seconda stagione di The Punisher, farà i conti ancora una volta con la sua morale, che lo porrà più volte davanti a seri interrogativi. Quando è giusto sparare? Quando è giusto lasciar perdere e rinunciare? Sono tutte una serie di domande a cui i produttori e gli sceneggiatori della serie hanno usato come vero e proprio trampolino di lancio. La creazione della seconda stagione è avvenuta proprio su questo.

E allora, immergiamoci nella psiche turbata di un ex eroe di guerra. Tra colpi, riflessioni e azione (quella che non manca davvero mai, nelle serie Marvel).

Giochi ancora aperti

Avevamo lasciato The Punisher con la conclusione di una prima stagione davvero eccitante, con colpi e contraccolpi di trama che avevano fatto palpitare gli spettatori. La seconda, naturalmente, si apre nello stesso e identico modo.

Infatti, dopo averlo visto nel tentativo di ricostruirsi una vita in Ohio, lontano da tutto e tutti, ci accorgiamo subito che i guai arriveranno inevitabilmente. Infatti, una serata in una roadhouse segnerà la svolta. Frank incontrerà un’affascinante barista con una vita segnata da alcune disavventure, e con un figlio a carico. L’incontro lo farà vacillare, vagliando l’opportunità di poter ricominciare una normale vita.

Ma a complicare nuovamente la vita dell’ex Punitore si metterà una giovane, Amy Bendix (Giorgia Whigham), la quale, rifugiatasi anch’essa nella roadhouse, verrà attaccata da un gruppo di persone che la vogliono morta. The Punisher, salvandola, non sa a cosa andrà incontro. Infatti, si scoprirà che Amy sarà il bersaglio di Jon Pilgrim (un mitico Josh Stewart), un cristiano fondamentalista che farà da esecutore ad ordini provenienti dalla mafia russa.

Come se non bastasse, ci sarà anche il ritorno del redivivo Billy Russo (un grandissimo Ben Barnes), che minaccia vendetta dopo gli eventi della prima stagione. Le promesse per spaccare ci sono tutte.

Un tripudio d’azione

La seconda stagione di The Punisher si apre così come si era chiusa la seconda. Un tripudio d’azione, che captiamo già dalle prime inquadrature e dalla prima sosta di Frank nel bar. Del resto, chi ha già guardato la serie sa bene della smania da attaccabrighe di cui l’ex marine gode da sempre. Non mancano, inoltre, le citazioni illustri, che inneggiano a veri e propri capolavori d’azione exploitation (la lotta al distretto di polizia ricorda quella di Distretto 13 del mitico Carpenter).

Come nella prima serie, però, gli sceneggiatori dimostrano di saper bilanciare bene il Frank brutale, eroe della guerra, con quello emotivo. Ed è proprio il suo essere umano il vero protagonista della seconda stagione. Una stagione in cui entrerà a contatto con la sua stessa etica e la sua stessa umanità, lasciandosi andare in un lungo esame psicologico.

Ad attrarre questo suo lato sarà proprio Rachel/Amy, che si presenta come la più rognosa delle lagne che si potesse avere. Si rivelerà, però, un personaggio chiave per tenere a bada gli istinti e farlo diventare molto più sensibile anche agli occhi degli altri. Finirà per alimentare, finalmente con uno scopo nobile, la sua sete di giustizia. Un notevole passo avanti, dettato anche dall’interpretazione di Giorgia Whigham (13 Reasons Why) che delinea un personaggio interessantissimo.

I meriti non sono, però, tutti degli alleati. Anche il villain principe di questa stagione, ovvero Jon Pilgrim (interpretato da un eccelso Josh Stewart), acquisisce uno spessore talmente forte quasi da indurre alla repulsione più totale. Un cattivo degno del protagonista, insomma, furbo, ispido e tagliato per il ruolo.

Buchi di trama e characters emblematici

L’idea alla base della seconda stagione di The Punisher, ovvero quella di controllare varie side-stories tutte nello stesso momento, va a naufragare quasi subito. Ed è una grave pecca. E quest’ultima si evidenzia in particolare attraverso tre personaggi, ovvero Billy Russo, l’agente Madani e Karen.

Dal primo ci si aspettava una maggiore incisività, soprattutto alla luce degli eventi della prima stagione. Invece, il percorso di redenzione che intraprende lo stesso criminale è davvero scarno, infarcito di una love story (se così si può chiamare) con la psicologa Krista Dumont (Floriana Lima). Due personaggi che finiscono per annullarsi a vicenda, lasciandoci perplessi sulla loro vera utilità nella trama della seconda stagione di The Punisher.

Ambra Rose Revah, invece, è quasi costretta al ruolo della comprimaria, in balia della compagnia di Frank e Rachel, e ne esce ridimensionata. Il tutto condito da dialoghi continui e superabili, che non danno nemmeno tanto spazio ad una regia che fotograficamente potrebbe essere incredibile, ma che si perde nelle riprese face-to-face.

La stessa Karen (Deborah Ann Woll), poi, appare più in ombra che mai, contravvenendo in pieno a tutto ciò che invece presentava Daredevil.

Anche lo stesso finale di serie appare come qualcosa di trito e ritrito, telefonato, e va a sotterrare tutta la narrazione.

Un vero peccato.