Tweetbook, la timeline che diventa… libro
Tweetbook è una piattaforma che consente di raccogliere e condividere tutti i #tweet relativi al topic d’interesse. Scopri cos’è e come funziona
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Tweetbook. Partiamo da un piccolo esempio: My life in tweets è il libro di James Bridle, scrittore inglese che ha deciso di raccontare su carta due anni della sua vita (2007-2009) descritta attraverso Twitter. Un’esperienza narrata 140 caratteri alla volta, per comunicare con ogni singolo tweet (“cinguettio”) quello che ha vissuto e poi raccolto in nel suo libro.
Tweetbook, piattaforma dedicata alla raccolta di tweets in piccoli ebook o pubblicazioni, consente proprio questo. La creazione di una testimonianza concreta fatta di piccole tracce, a volte artistiche, lanciate attraverso uno dei social più influenti del momento; un ricordo da conservare, condividere con gli amici o, addirittura, stampare. Come si accede? Ci si collega a beta.trytweetbook.com, si chiede un invito (l’applicazione è in fase di test ed è accessibile ad un numero limitato di utenti), si accede e si comincia a creare la propria, personalissima “collezione” di tweets.
L’idea (che ve lo diciamo a fare?) è tutta italiana, nata nell’aprile 2012 grazie all’inventiva dell’architetto e CEO Michele Aquila (fiorentino), del PR&community manager Valeria Di Rosa (siciliana), del creative director Martina Facco (milanese) e dell’architetto CTO Michele Sarfatti (milanese). Nel novembre 2012 il progetto si è aggiudicato uno dei 20 Grant di impresa di Working Capital.
Attualmente, Tweetbook possiede una pagina iniziale privata, che gli utenti registrati possono esplorare. Una volta pubblicato, invece, un Tweetbook diventa pubblico e può essere letto e condiviso da chiunque, anche da chi non è registrato; fattibile è anche l’opzione della vendita. Per accedere al servizio è possibile contattare anche i fondatori su [email protected].
Gli antesignani. Ma l’idea di un ritorno alla carta, o comunque alla messaggistica impressa su pubblicazioni da far leggere e risfogliare, non è recente. In Giappone, nel 2008, era diffusissima tra gli adolescenti la moda di scrivere storie collaborative attraverso gli sms. Le storie venivano raccolte in siti appositi (sorta di librerie online) dove gli utenti potevano anche creare pagine personali sulle quali chiunque poteva scrivere. Nel 2008, appunto, una fortunata ragazza di nome Rin decise di raccogliere la sua storia, “If You” (scritta interamente attraverso sms) in un libro che vendette poi oltre 400.000 copie.
Poi arrivò Twitter, e già nel 2011 nacquero esperimenti come TweetLong di ether-press.com, che permetteva di stampare il proprio archivio di tweet in un libro con un titolo di copertina scelto dall’utente e un indice contenente #hashtag, @menzioni e le parole più usate. Ogni libro conteneva un massimo di 3.200 tweet ed ogni tweet recava data, ora ed eventuali url.
DevLern fu uno dei primi tweetbook dedicati ad un evento. Pubblicato nel 2009, raccoglieva i contenuti condivisi dagli utenti che avevano partecipato all’omonima conferenza; gli organizzatori, a ridosso dell’inizio del convegno, avevano lanciato l’idea e invitato i partecipanti ad usare gli hashtag #DL09 (convegno generale) e #DL09-Session Number (singole sessioni). A chiusura dell’evento, il pdf contenente i tweet divenne una sorta di atto del convegno.
Twitterbooks italiani. Anche qui in Italia, con la pubblicazione di #Sanremo2012 e 2012 cose da fare prima della fine del mondo (#2012fdm), nonché di tWeBook, stanno nascendo numerose sperimentazioni che, se da un lato tendono ad accrescere la visibilità di piccoli gruppi di co-autori, dall’altro offrono agli organizzatori di grandi eventi (festival, manifestazioni, proteste, iniziative culturali o artistiche) un enorme strumento di marketing, che consente di catturare l’attenzione degli utenti coinvolgendoli in una composizione corale di cui diventano protagonisti. Una sorta di… rassegna stampa anticonvenzionale. E, se permettete, un buon libro è molto meglio di una sfilza di tweet molesti da ignorare.
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